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L'ombra del ponte... sulla mafia

Un'organizzazione mafiosa internazionale voleva inserirsi negli appalti per la costruzione del Ponte sullo Stretto

11 febbraio 2005

Cinque ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dalla Dia di Roma nei confronti di una presunta organizzazione mafiosa a carattere internazionale, che aveva progettato di inserirsi negli appalti previsti per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina.
Tra le persone arrestate c'è anche il boss canadese, ritenuto il capo indiscusso dell'organizzazione, Vito Rizzuto, legato alla famiglia Cuntrera (storico clan dell'agrigentino). Il boss è stato raggiunto dall'ordinanza di custodia cautelare nel carcere di Montreal, dove è stato rinchiuso dopo essere stato accusato di un triplice omicidio avvenuto a New York.
Le indagini del centro operativo della Dia di Roma hanno consentito di individuare la struttura criminale, che storicamente era rivolta al traffico internazionale di droga e riciclaggio, in collegamento con la famiglia Cuntrera-Caruana, che questa volta, invece, aveva orientato i propri interessi all'acquisizione dell'importante appalto pubblico.

Le ordinanze di custodia cautelare sono state firmate dal gip De Angelis su richiesta dei sostituti procuratori della capitale Ormanni e Iasillo, e riguardano, oltre Rizzuto (originario della provincia di Agrigento), l'ingegnere Giuseppe Zappia, ottantenne, nato in Francia, vissuto fra il Canada e gli Emirati Arabi, domiciliato a Roma, imprenditore con esperienze nel campo delle grandi opere pubbliche che, avvalendosi della collaborazione del broker Filippo Ranieri (domiciliato a Montreal), l'imprenditore Sivalingam Sivabavanandan (domiciliato a Londra) e Hakim Hammoudi (domiciliato a Parigi), secondo gli inquirenti è stato ''inviato'' da Rizzuto in Italia con il compito di reinvestire gli ingenti capitali di cui dispone l'organizzazione mafiosa (più di quattro milioni di euro) per cercare di aggiudicarsi appalti relativi alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina.

Diverse le perquisizioni ancora in corso a Roma, Londra, Parigi e Montreal.

L'ombra della mafia sul Ponte! Titolo più calzante non poteva esistere, e sono stati tanti i quotidiani a titolare la notizia di stamane in questa maniera o in altre molto simili. Sostenere però che il titolo ''L'ombra del ponte sulla mafia'', potrebbe addirittura essere più esplicativo del precedente per raccontare la notizia di stamattina e raccontare in generale il Ponte sullo Stretto, riteniamo non sia un azzardo. Sì perché un così grande affare che prevede decine e decine di appalti e un flusso abnorme di fondi, non poteva non fare gola alla criminalità organizzata, anzi, una così gigantesco albero della cuccagna diventa per la mafia un impegno addirittura troppo gravoso, che richiede responsabilità troppo grosse.
Certo stiamo esagerando, ma l'esagerazione che abbiamo usato per fare ironia, non aberra eccessivamente la realtà.
Quello del Ponte sullo Stretto di Messina - un'operazione economica che in Italia non ha precedenti -, per mafia e n'drangheta, secondo il procuratore capo di Messina Luigi Croce, ''è un business troppo grosso perfino per la criminalità organizzata, così le famiglie stanno concentrando la loro attenzione su alcune attività collaterali dove sono certe di ricavare il massimo profitto''.
Attività collaterali come espropri di terreni, sfruttamento di cave, controllo di cantieri, reclutamento della manodopera, insomma la gestione diretta di tutti quei ''servizi'' che ruoteranno intorno alla realizzazione della colossale opera.

La mafia siciliana e la n'drangheta calabrese si sono già mosse da un paio di anni per costruire nuove società tra le due sponde, per rilevarne altre, per infiltrarsi silenziosamente in imprese pulite. Una penetrazione tra Messina e Reggio che è già stata monitorata dall'Antimafia,  (c’è un pool di magistrati siciliani e calabresi che indaga a tempo pieno solo sugli affari sporchi che i boss vogliono fare lungo e sotto quei 3.300 metri che faranno della Sicilia una ex isola). ''Lavoriamo in più direzioni - dice il procuratore capo Croce - per prima cosa sulle operazioni di compravendita dei terreni su cui si impianterà la struttura. Quando partiranno gli espropri chi si sarà accaparrato la proprietà di quei lotti avrà molto da guadagnare. Così come avrà molto da guadagnare chi in questi anni avrà acquistato le cave di sabbia da cui sarà estratto il materiale da costruzione. E poi ci saranno case e supermercati da costruire, negozi e grandi centri commerciali da realizzare per offrire i servizi collaterali alle grandi imprese del nord''. Insomma, questo sì un business a misura di mafia.

- Le mani sul Ponte

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11 febbraio 2005
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