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L'ombra di Marsili

Tra la Sicilia e la Calabria "dorme" il più grande vulcano sottomarino d'Europa. Ma a preoccupare gli esperti è ancora il Vesuvio

18 agosto 2012

Tra la Sicilia e la Calabria, giù sotto il mare, dorme Marsili. "Il più grande vulcano sottomarino d'Europa che può disintegrare e provocare uno tsunami che potrebbe inghiottire il Sud Italia in qualsiasi momento". Il vulcano Marsili, infatti, ha pareti molto fragili, che potrebbero cedere da un momento all'altro. Il sismologo americano Steven N. Ward ha azzardato recentemente un'ipotesi ipercatastrofica: "Potrebbe accadere anche domani!"
Anche Enzo Boschi, sismologo e geofisico, nonché Presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, si è espresso in modo molto chiaro sulla questione e, purtroppo, non in modo molto rassicurante: "Il cedimento delle pareti muoverebbe milioni di metri cubi di materiale, che sarebbe capace di generare un'onda di grande potenza. Gli indizi raccolti ora sono precisi ma non si possono fare previsioni. Il rischio è reale e di difficile valutazione. Quello che serve è un sistema continuo di monitoraggio, per garantire attendibilità".

Il vulcano Marsili svetta per 3mila metri dai fondali marini, ed, inoltre, con i suoi 30 chilometri di larghezza e 70 di lunghezza, risulta essere il più grande vulcano d'Europa. Eventuali smottamenti lungo le sue falde, innescati da movimenti sismici, potrebbero causare un maremoto che si abbatterebbe nel giro di pochi minuti (al massimo 25) sulle coste dell'Italia meridionale.
Dunque, stando a quanto detto da Ward e Boschi, l'Italia rischia un fenomeno altrettanto sconvolgente come quello che ha colpito il giappone nel marzo del 2011. Invece, secondo il professor Michael Marani, Primo ricercatore dell'Istituto di Scienze Marine del Cnr di Bologna, la circostanza è da escludersi. "Penso che non ci sia in questo momento da preoccuparsi per la Sicilia. Il vulcano Marsili non è in pericolo di tornare in attività. Il fatto di tenerlo sott'occhio rientra nella routine. Attualmente, nonostante non sia estinto, non è in attività; se anche lo fosse gli effetti di una sua eventuale attività sarebbero minimi rispetto a quelli generati, ad esempio, del Vesuvio".

Del resto, continua Marani, perché si verifichi uno tsunami è necessario che ci sia la presenza contemporanea di più fattori scatenanti. "Nel 2004, ad esempio, ci fu il devastante tsunami in Thailandia, provocato da un terremoto di magnitudo 9.1. Dieci giorni dopo ce ne fu un altro, di uguale intensità, sulla stessa faglia, ma non ci fu un'altra onda anomala". Posto che è un evento del tutto improbabile, quindi, non basterebbe un'eruzione. "Il vulcano, tra le altre cose, dovrebbe avere un crollo fuori dalla norma, dovrebbe franare gran parte della montagna; ma i vulcani si sfaldano pezzo per pezzo. Anche laddove dovesse crollare un pezzo enorme del Marsili, l'onda generata non sarebbe registrabile, se non dai mareografi".
In ogni caso, ribadisce l'esperto, "l'Italia, come è noto, è una zona ad alta densità sismica. E se vogliamo parlare di rischi legati ai vulcani, quelli veri riguardano il Vesuvio, che è tutt'ora in piena attività".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Il Sussidiario.net]

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18 agosto 2012
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