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L'"oro nero" nella nuova Libia

Al via un'inchiesta sui rapporti fra compagnie petrolifere straniere ed ex regime. Il Cnt vuole chiarezza sulle concessioni ai giganti esteri dell'oro nero

10 aprile 2012

Il Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt) ha aperto un'inchiesta sui legami tra il defunto raìs Muammar Gheddafi e le compagnie petrolifere straniere. Il governo, ha spiegato alla Reuters Salem Qanan, membro del Comitato petrolifero del Cnt, ha chiesto di poter visionare l'intera documentazione della Compagnia petrolifera nazionale libica, la National Oil Corporation. Secondo Qanan "ci sono ragioni" per sospettare sui contratti siglati durante l'era Gheddafi, in particolare con le compagnie "influenzate" dal figlio del raìs, Saif al Islam.

Secondo quanto reso noto dal Wall Street Journal domenica, anche il governo degli Stati Uniti sta investigando sui rapporti fra le maggiori compagnie internazionali che operano in Libia e il vecchio regime di Gheddafi. Fra i nomi dei giganti stranieri del petrolio su cui si cerca di fare chiarezza spiccano l'italiana Eni, il più importante partner commerciale della Libia nel settore, e la francese Total.
Sempre stando a quanto sostiene il quotidiano statunitense l'avvio dell'inchiesta sulle compagnie petrolifere straniere in Libia farebbe seguito, dunque, alla pressione esercitata dalle autorità Usa. La Securities and Exchange Commission ha infatti recentemente inoltrato a Eni e Total richiesta formale di fornire i documenti relativi ai rapporti commerciali con società petrolifere libiche durante il regime di Gheddafi. E aveva fatto lo stesso con il gigante americano Marathon Oil Corporation lo scorso febbraio.
L'Eni ha commentato sostenendo che la richiesta degli Usa sarebbe in connessione con "certi pagamenti illeciti ad ufficiali libici che potrebbero violare le leggi americane contro la corruzione". La multinazionale italiana ha anche precisato che il periodo al vaglio degli investigatori sarebbe quello che va dal 2008, anno in cui Eni e altre compagnie straniere rinegoziarono i contratti commerciali con la Libia, e l'inizio del 2011, quando scoppiò la guerra civile.

Saif al Islam, che secondo quanto sostenuto dal nuovo regime libico sarebbe all'origine delle possibili irregolarità nei rapporti coi colossi petroliferi mondiali, è attualmente detenuto in un carcere segreto delle milizie di Zintan, gli stessi che lo catturarono l'anno scorso. Domenica l'Alta corte penale internazionale dell'Aia ha inviato nel Paese una delegazione per richiedere l'estradizione del figlio dell'ex leader libico per crimini contro l'umanità, ma il Cnt si è rifiutato categoricamente di estradarlo. Il ministro della Giustizia libico ha spiegato che Saif verrà processato da un tribunale locale per corruzione, omicidio e stupro. [Fonte: Corriere.it]

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10 aprile 2012
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