Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

L'Osce chiede al governo: "L'Italia rinunci al ddl intercettazioni"

Per il premier Silvio Berlusconi sul decreto legge è ormai partita chiusa: il testo deve essere approvato entro l'estate

16 giugno 2010

Due giorni fa la posizione del presidente della Camera, Gianfranco Fini, a proposito del ddl sulle intercettazioni, è stata chiara: "Quello che conta è non avere fretta. Questo ddl ha suscitato da più parti molte contrarietà ed è dovere della politica tenerne conto e discutere ancora".
Quanto alla calendarizzazione sul provvedimento Fini ha ricordato che "chi conosce il regolamento della Camera e la Costituzione non ha dubbi" nel senso che "la priorità è stata chiarita con le decisioni del governo di presentare il decreto sulla manovra" che va approvato o respinto entro 60 giorni, mentre diverse pronunce della Consulta impediscono, come noto, la reiterazione dei decreti. Fini ha ricordato che il ddl intercettazioni non è nel calendario di giugno e che molto probabilmente sarà inserito in quello del mese di luglio.
Il ddl, che pur dal Senato è uscito con delle modifiche apprezzabili, può essere ulteriormente modificato in modo da "essere posto al riparo dal sospetto di voler indebolire la lotta delle istituzioni alla criminalità". La terza carica dello Stato ha anche sottolineato che "va meglio definito il confine tra il diritto all'informazione e quello alla privacy". Insomma, si chiede il presidente della Camera, "perché proprio adesso, dopo due anni, tanta fretta?". Fini ha quindi detto di confidare "nel senso di responsabilità del ministro della Giustizia Angelino Alfano e del governo" allo scopo di poter creare le condizioni per delle "discussioni e degli approfondimenti che non farebbero male".

Di tutt'altro tono le parole del ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi: "Se non rispettiamo un punto saliente del programma come la legge sulle intercettazioni, facciamo prima ad andare a casa che a proseguire la legislatura". Posizione tutt'altro che solitaria, visto che anche Gaetano Quagliariello ha osservato che "saremmo di fronte all'atto di nascita di un partito all'interno di un altro partito, se si volesse cambiare la decisione assunta all'unanimità dall'ufficio di presidenza del Pdl". Il vicepresidente dei senatori Pdl teme che "si voglia scaricare su altri la necessità di rivedere il testo: il Parlamento, la Corte costituzionale e perfino il Capo dello Stato".
Per Silvio Berlusconi la partita è chiusa, nonostante le resistenze dei finiani. C'è stato un ufficio di presidenza in cui è stato trovato un accordo e dove si è votato all'unanimità. In quella sede si è deciso che il testo sarebbe stato approvato entro l'estate. Il premier, racconta più di qualche dirigente del Pdl, ci tiene infatti a ricordare come il provvedimento approvato a palazzo Madama sia già frutto di una mediazione che è stata sancita dal placet dell'ufficio di presidenza del partito. Non si esclude inoltre che alla Camera possa essere chiesta la fiducia al testo, secondo più di un interlocturore che ha avuto modo di parlare con il Cavaliere, l'ipotesi resta non solo possibile ma probabile anche se la decisione definitiva non è ancora stata presa perché i tempi non sono ancora maturi.
Ma i finiani non sembrano disponibili ad approvare il testo blindato uscito dal Senato. "Meglio mantenere il cantiere aperto - ha detto Carmelo Briguglio -, perché il Pdl ora è a un bivio: trovare alla Camera le soluzioni ai problemi innegabili che il ddl ancora presenta, prevenendo le obiezioni che potrebbero essere manifestate dal Capo dello Stato al momento della firma. Oppure, come sentiamo dire dai grandi strateghi della soluzione finale, prepararsi a uno scontro istituzionale col Quirinale". Uno scenario evocato anche da un altro fedelissimo del presidente della Camera, Italo Bocchino: "Non vorrei che qualche falco berlusconiano volesse lo scontro istituzionale e accarezzasse l'idea di farsi respingere la legge dal Capo dello Stato per riapprovarla nello stesso testo e avviare uno scontro costituzionale".
Intanto oggi il ddl sulle intercettazioni sarà al centro di un nuovo vertice del Pdl, a Palazzo Grazioli. Alla riunione con Silvio Berlusconi saranno presenti i coordinatori nazionali del partito, Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini, i capigruppo di Camera e Senato e il deputato Niccolò Ghedini, legale del premier.

E mentre nel Pdl il clima si fa sempre più teso, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), con sede a Vienna, ieri ha chiesto all'Italia di rinunciare al disegno di legge sulle intercettazioni o di modificarlo in sintonia con gli standard internazionali sulla libertà di espressione. "Sono preoccupata che il Senato abbia approvato una legge che potrebbe seriamente ostacolare il giornalismo investigativo in Italia", ha detto in un comunicato Dunja Mijatovic, responsabile dell'Osce per la libertà dei media. "Il progetto di legge approvato dal Senato nella sua formulazione attuale - denuncia la delegata Osce per l'informazione - contraddice le raccomandazioni dell'Osce, specialmente nella misura in cui proibisce l'uso di alcune fonti confidenziali e materiali che possono essere necessari per indagini giornalistiche significative al servizio della democrazia". Da qui la richiesta al nostro Paese di modificare il testo normativo, adeguandolo a standard e richiami in materia indicati dall'organismo internazionale. "I giornalisti devono essere liberi di riportare le notizie di pubblico interesse e di essere in grado di decidere come portare avanti un'inchiesta in modo responsabile", ha detto ancora Dunja Mijatovic. La rappresentante Osce, in particolare, ha ribadito la 'censura' da parte dell'organismo da lei rappresentato delle norme del ddl intercettazioni che prevedono "forti restrizioni - ha denunciato - nella pubblicazione di atti processuali o di indagine anche prima dell'inizio dei processi", così come le "multe salate" e "anche il carcere" per editori e giornalisti che le pubblichino, così come la previsione del carcere per chiunque, senza essere giornalista, registri e diffonda conversazioni senza il consenso dell'altra persona.
L'intervento dell'Osce non è stato gradito dal Ministero degli Esteri: "Da parte italiana, attraverso i canali diplomatici, è stata fatta notare con fermezza l'inopportunità di tale intervento", ha detto il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari. "Un intervento su una misura legislativa, il cui iter non è completato, che rischia - ha aggiunto Massari - di interferire e turbare il dibattito democratico in Parlamento".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Repubblica.it]

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

16 giugno 2010
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia