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L'Ue boccia la legge 40

La Corte europea dei diritti umani rimette in discussione la legge italiana sulla procreazione assistita

29 agosto 2012

Il divieto, previsto dalla legge italiana sulla fecondazione assistita, per le coppie di portatori sani di malattie genetiche di eseguire lo screening sugli embrioni, viola il diritto al rispetto della loro vita privata e familiare.
Lo sostiene la Corte europea per i diritti dell'uomo, in un giudizio sulla legge 40, emesso all'unanimità sul caso di una coppia italiana.
R. C. e W. P., di Roma, sono portatori di fibrosi cistica e si erano rivolti alla Corte, secondo cui il divieto è in contrasto con l'articolo 8 della Convenzione europea sui diritti umani. R. e W., rispettivamente del '77 e del '75, hanno avuto una bambina nata nel 2006 con la fibrosi cistica: allora hanno scoperto di essere portatori sani della malattia. Quando la donna è nuovamente rimasta incinta nel 2010, si è sottoposta alla diagnosi prenatale e il feto è risultato positivo. R. ha allora abortito.
La coppia vuole un bambino, e lo vuole sano, sottoponendo gli embrioni ottenuti per la fecondazione assistita allo screening preimpianto. L'analisi degli embrioni per impiantare nella donna soltanto quelli sani è vietata dalla legge 40, che la consente solo per le coppie in cui l'uomo ha una malattia sessualmente trasmissibile, come l'Hiv o l'epatite B e C, per evitare il rischio di contagio.

R. e W. non sono l'unica coppia che si battono per ottenere lo screening preimpianto. A gennaio del 2010, per la prima volta, il Tribunale di Salerno ha autorizzato due aspiranti genitori, portatori sani di atrofia muscolare, a sottoporsi al test. I due romani sono andati oltre e si sono rivolti a Strasburgo.

La Corte, nel giudizio che non è definitivo, evidenzia la discrepanza fra questo divieto previsto dalla legge 40 e l'aborto terapeutico, che invece viene consentito. Sottolineando che il no alla diagnosi preimpianto è previsto, in Europa, solo in Italia, Austria e Svizzera, la Corte conclude che viola l'articolo 8 della Convenzione europea per i diritti umani, quello che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
La Corte di Strasburgo ritiene che lo Stato italiano debba versare alla coppia 15 mila euro come risarcimento per danni non materiali e 2.500 euro per le spese sostenute.

LE REAZIONI - Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha commentato così la parziale bocciature della legge 40: "La questione della compatibilità tra legge 40 e legge 194 sollevata dalla Corte di Strasburgo è un problema già noto". E il governo "aspetta di leggere le motivazioni della sentenza".
Il ginecologo Carlo Flamigni, "padre" della fecondazione assistita e componente del Comitato Nazionale di Bioetica, all'Adnkronos ha dichiarato: "Da Strasburgo arriva un'ottima notizia, e in tempi come questi c'è da essere contenti. Mi sembrava, comunque, che questa parte della legge sulla fecondazione assistita", relativa alla diagnosi pre-impianto in caso di genitori portatori di malattie ereditarie, "fosse nei fatti già disattesa in Italia: alle coppie bastava rivolgersi ai tribunali. Insomma, della legge 40 restano solo alcuni scheletri nell'armadio".
Maria Paola Costantini, avvocato che ha difeso diverse coppie di fronte a tribunali italiani contro i 'paletti' imposti dalla legge 40, spiega: "C'è ancora la possibilità che lo Stato italiano faccia ricorso alla Grande Camera, con il rischio di un ribaltamento della sentenza odierna, come è avvenuto per la fecondazione eterologa. Ma, in caso contrario, fra tre mesi questa decisione diverrà definitiva''.

Per l'avvocato Filomena Gallo, segretario dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, "è una vittoria importantissima che dà un duro colpo all'impianto proibizionistico della legge italiana sulla fecondazione assistita". "Ora - aggiunge - ci impegneremo affinché si possa, in questo o nel prossimo Parlamento, eliminare completamente i residui divieti della Legge 40". Infatti, "della legge rimane ora solo il divieto per l'utilizzo degli embrioni a fini di ricerca scientifica - commenta Maria Antonietta Farina Coscioni (moglie di Luca Coscioni, morto di sclerosi laterale amiotrofica nel 2006) -. Toccherà al nuovo Parlamento predisporre e votare una legge che sia finalmente rispondente al comune sentire".
Sulla stessa linea Ignazio Marino (Pd), presidente della Commissione d'inchiesta sul Ssn: "La decisione di Strasburgo ci indica la via: riscrivere completamente la legge 40. Ritengo vada tenuta presente la strada indicata dalla Gran Bretagna, che ha costituito nel 1991 un organismo chiamato Human Fertilisation and Embryology Authority, per regolare il settore, autorizzare i trattamenti, fornire le linee guida e i codici di comportamento agli ospedali che si occupano di fecondazione assistita. Un organismo tecnico, slegato dall'ideologia".

Nettamente contraria Eugenia Roccella (Pdl), redattrice delle linee guida sulla legge 40, non ancora emanate: "Siamo certi che il nostro governo saprà difendere anche in questo caso le leggi votate dal Parlamento, e che presenti il ricorso alla Grande Chambre".
In difesa della legge si è schierata anche 'Scienza e Vita', il coordinamento delle associazioni cattoliche nato nel 2005 per sostenere il provvedimento: "La legge 40 non è una legge né ideologica né confessionale - dice una loro nota -, ma pensata per la tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, ivi compresi quelli del concepito".

Eleonora Porcu, Responsabile del Centro di Infertilità e Procreazione Medicalmente Assistita dell'Università di Bologna, sottolinea invece che sarà molto difficile che la sentenza abbia un effetto immediato sulle pratiche nelle cliniche italiane per la fecondazione, che sarebbero comunque tecnicamente pronte a riprendere la diagnosi preimpianto. Ma Porcu non è d'accordo con l'enunciato della sentenza: "La legge 40 e quella sull'aborto sono due leggi diverse: una cosa è pianificare a tavolino una gravidanza, decidendo deliberatamente quale embrione far nascere e quale no, un'altra è l'accettazione o meno di una gravidanza già in atto. Dal mio punto di vista non c'è contraddizione. Anche decidere quando una diagnosi preimpianto è finalizzata alla salute dell'embrione e quando è invece eugenetica è molto difficile. Prendiamo la sindrome di Down: sappiamo che il bambino avrà molti problemi durante la vita, ma chi decide se è un motivo sufficiente per scartare l'embrione?".
Secondo il ginecologo Severino Antinori, primo a fare ricorso contro la legge 40 pochi giorni dopo la sua approvazione, le accuse di eugenetica non stanno in piedi: "Facciamo questa analisi solo per 15-20 patologie gravi, dalla fibrosi cistica all'anemia mediterranea, per fare in modo che non vengano trasmesse dai genitori. Non è che ci mettiamo a vedere se il bambino è biondo: è fuori dal mondo affermare che questa sia eugenetica".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Repubblica.it, Corriere.it]

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29 agosto 2012
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