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L'UE contro la pena di morte

Il sì del Parlamento europeo a sostegno di una moratoria universale sulla pena di morte

27 aprile 2007

Si chiamavano Yoshikatsu Oda, Masahiro Tanaka e Kosaku Nada. Sono stati impiccati oggi in Giappone e sono i primi tre condannati a morte del 2007, dopo i quattro che il 25 dicembre scorso avevano segnato la fine di una moratoria di fatto di oltre un anno dovuta alla fede buddhista del titolare della Giustizia nel governo di Junichiro Koizumi, sostituito in settembre dall'attuale premier Shinzo Abe.
Sono inoltre i primi giustiziati all'indomani della nuova risoluzione dell'Unione europea a sostegno di una moratoria universale sulla pena di morte che il Parlamento di Bruxelles ha invitato a presentare con urgenza all'assemblea generale delle Nazioni Unite.

La richiesta è contenuta nel testo votato ieri a larga maggioranza dall'assemblea di Strasburgo, che aveva approvato un appello analogo il primo febbraio scorso, cui però il governo di Berlino, presidente di turno dell'Ue, non ha ancora dato seguito.
Intervenendo in aula, il ministro tedesco Guenter Gloser ha confermato che la presidenza Ue presenterà in maggio una sua relazione e ha ribadito che l'obiettivo è quello di ottenere il sostegno di tutti i paesi dell'Unione alla proposta di moratoria avanzata dall'Italia (leggi).
In un testo di 50 righe, presentato da tutti i gruppi, tranne quelli dell'estrema destra e degli ''euroscettici'' e che ha tra i suoi firmatari diversi eurodeputati italiani, i parlamentari europei hanno indicato la moratoria quale ''un passo strategico verso l'abolizione della pena capitale in tutti i Paesi'' e hanno ricordato che la dichiarazione sulla pena di morte presentata dall'Ue all'assemblea generale dell'Onu nel dicembre 2006 ''raccoglie ormai 88 firme di stati appartenenti a tutti i gruppi geografici''.
Il Parlamento europeo ha quindi rivolto ''un nuovo appello agli stati membri affinché ottengano il sostegno di Paesi terzi a favore della dichiarazione'' e incoraggiano l'Unione europea a cogliere tutte le opportunità esistenti e ''a presentare immediatamente, con la cosponsorizzazione di Paesi di altri continenti, una risoluzione per una moratoria universale'' all'attuale assemblea generale delle Nazioni Unite.

L'assemblea di Strasburgo ha inoltre annunciato la partecipazione alla campagna mondiale contro la pena capitale, anche tramite le sue delegazioni interparlamentari, e ha invitato tutte le istituzioni dell'Ue e il Consiglio d'Europa a proclamare, a partire dal 2007, il 10 ottobre quale ''Giornata europea contro la pena di morte''.
In occasione del dibattito svoltosi in aula è stato ricordato anche che i paesi che mantengono la pena di morte sono 54. Altri 37, pur prevedendola ancora nel loro ordinamento, da almeno dieci anni non eseguono questo tipo di sentenza e cinque hanno introdotto una moratoria, tra questi il Giappone che però l'ha sospesa con l'insediamento del premier Abe.

- Il testo della risoluzione votata a Strasburgo (Repubblica.it)

I Paese che tengono ancora la pena di morte sulla carta
Sono ventinove i Paesi che, pur non avendo cancellato la pena di morte dalle loro leggi, hanno rinunciato alle esecuzioni capitali da almeno dieci anni, oppure hanno introdotto delle moratorie. Molti si trovano in Africa dove, su 53 Paesi, venti sono abolizionisti nella pratica ma non sulla carta.
Il 16 settembre 2005 la Liberia ha fatto salire a tredici il numero dei Paesi africani che hanno eliminato la pena di morte per tutti i crimini. In almeno due Stati, Malawi e Zambia, è in vigore una moratoria. Nel primo, dove l'ultima esecuzione risale al 2002, il presidente Muluzi, nel maggio 2004, ha commutato in ergastolo 79 condanne a morte ed ha liberato 320 prigionieri. Lo Zambia, invece, ha emesso 41 condanne a morte dal 2001, ma non sono state eseguite. A febbraio 2007 il presidente Levy Mwanawasa ha confermato di voler seguire la strada delle non esecuzioni, ma ha anche detto che la pena di morte non sarà cancellata dal codice penale.

Nella Federazione russa l'ultima condanna eseguita risale al 1996: con l'ingresso, il 28 febbraio, nel Consiglio d'Europa, la Federazione si è dovuta impegnare ad abolire la pena di morte, ma nonostante siano passati più di dieci anni, l'impegno non è ancora stato mantenuto. Fino al 2010 resterà in vigore la moratoria avviata nel '96 dall'allora presidente Boris Eltsine, per conformarsi agli obblighi internazionali, e pi rinnovata nel dicembre 2006. Il Consiglio d'Europa sta insistendo affinchè la Federazione passi dalla moratoria all'abolizionismo. Le ultime notizie sembrano essere confortanti: il 7 febbraio 2007 il presidente Vladimir Putin si è dichiarato possibilista nel prendere misure per la soppressione della pena di morte.

Tanti sono i Paesi dove la pena capitale non è stata abolita, ma non si registrano più condanne. Troviamo in questo elenco l'Algeria (ultima esecuzione conosciuta nel 1993), il Benin (1993), Brunei Darussalam (1957), Burkina Faso (1988), Congo (1982), Gambia (1985), Grenada (1978), Kenya (1987), Madagascar (1958), Maldive (1952), Malawi (1992), Mali (1980), Mauritania (1987), Nauru (1968), Papua Nuova Guinea (1950), Repubblica centro africana (1981), Sri Lanka (1976), Suriname (1982), Swaziland (1982), Togo (1978), Tonga (1982), Tunisia (1991).
Ma in molti casi il rischio di tornare a eseguire condanne capitali, laddove non sono vietate dalla legge, resta alto. In Giappone, per esempio, una moratoria contro la pena capitale era stata rispetta per un anno intero dovuta alla fede buddhista del titolare della Giustizia nel governo di Junichiro Koizumi, la sostituzione di quest'ultimo in settembre dall'attuale premier Shinzo Abe ha fatto decadere la moratoria.
Nonostante in Giappone la pena capitale sia comminata solo per omicidi plurimi i movimenti per i diritti umani la contestano duramente.A parere di diversi gruppi per i diritti civili, esistono ragionevoli dubbi su vari aspetti delle procedure giudiziarie. Ma, almeno stando ai sondaggi, un'ampia maggioranza dell'elettorato approva l'uso della pena capitale. Nei 'bracci della morte' in Giappone vi sono un centinaio di detenuti la cui condanna è stata confermata dalla Corte suprema: fra loro il santone Shoko Asahara, leader di una setta responsabile nel 1995 di una strage al gas nervino nella metropolitana di Tokyo.

A vigilare anche su queste realtà, la Wcadp, coalizione di organizzazioni impegnate nel campo dei diritti umani fondata a Roma nel 2002. Ne fanno parte Amnesty International, la Fédération Internationale des Droits de l'Homme (Fidh), Penal Reform International (Pri), la Fédération Internationale de l'Action des Chrétiens pour l'Abolition de la Torture (Fiacat) e la Comunità di Sant' Egidio. Alla Wcadp hanno inoltre aderito diversi gruppi ed enti italiani (fra cui la Regione Toscana ed i comuni di Matera, Reggio Emilia e Venezia, la Coalizione italiana contro la pena di morte, il Comitato Paul Rougeau) nonché alcune associazioni attive in paesi mantenitori, compresi Forum 90 (Giappone), Madri contro la Pena di morte (Uzbekistan) e Journey of Hope (Usa). Ancora oggi non c'è certezza assoluta sui dati raccolti circa la pena di morte perché molte sfuggono ad ogni controllo.

Altri undici sono i Paesi che hanno eliminato la pena di morte per i reati ordinari ma la mantengono per casi particolari, ad esempio in tempo di guerra. In Albania la pena è stata abolita il 10 dicembre 1999 perchè contraria allo spirito della nuova Costituzione approvata con il referendum popolare del 22 novembre 1998. Più recentemente in Cile, l'abolizione risale al 28 maggio 2001. E poi Argentina (1984), Bolivia (1997), Brasile (1979), El Salvador (1983), Fiji (1979), Isole Cook (1978), Israele (1954), Lettonia (1999). In Perù la pena è stata abolita nel 1979, ma nel '93 il Parlamento ha approvato una nuova Costituzione che prevede, all'articolo 103, la pena di morte per i terroristi. Non è applicabile perchè viola la Convenzione americana per il diritti dell'uomo firmata nel '69, ma tre disegni di legge, in attesa di essere votati, ne propongono il ripristino ed il ritiro del Paese dalla suddetta Convenzione.
L'Indonesia, il 6 marzo 2003, ha convertito in legge un decreto d'urgenza - emesso nell'ottobre 2002 dopo gli attentati di Bali, dove morirono 202 persone - per introdurre la legge introduce la pena di morte per i terroristi. E a settembre 2006 il Paese, che è nel Consiglio dei diritti umani, è diventato di nuovo teatro di tre condanne a morte. Si sperava che la ratifica del Patto internazionale dei diritti civili e politici aprisse al Paese la strada per l'abolizione - come è accaduto a giugno nelle Filippine - invece almeno novanta persone si trovano nei bracci della morte delle carcere indonesiane.

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27 aprile 2007
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