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La banale crudeltà della cattiveria

Era bravo, garbato e sensibile... Una storia di fragilità spezzata dal cinismo. Una storia, purtroppo, come tante

06 aprile 2007

Era bravo, garbato e sensibile. Un po' timido e silenzioso. Aveva voti ottimi, studiava e gli piaceva farlo. Era straniero, ma apparentemente integrato. Ecco, apparentemente.
Della storia di Matteo, il ragazzo di 16 anni che martedì scorso a Torino si è suicidato perché tormentato a scuola dai su compagni, sono piene le prime pagine dei giornali, dei siti internet, primo titolo dei TG.
Le vicende di bullismo a cui è stato dato tanto rilievo negli ultimi tempi ha funzionato da cassa di risonanza, ma stavolta, crediamo, che la tragica storia di Matteo non è da infilare nel calderone dell'attualità, ma da inserire in un contesto più ampio che ha poco a che vedere con le improvvise esplosioni di fenomeni sociologici dell'oggi.

La storia di Matteo fa i conti più con il concetto di integrazione che con quello di bullismo. Matteo si è suicidato perché i suoi crudeli, banali, cattivi compagni lo dileggiavano per la sua ''diversità''. Diversità di colore? Diversità sessuale? Diversità comportamentale? Non ha importanza.
Matteo era un fragile ragazzo di sedici anni che alla fine non ce l'ha fatta più, e ha preso la decisione estrema. La cronaca, infatti, starebbe più nella sempre dilagante idiozia che investe i giovani ''dioggigiorno'', quegli esseri parecchio sconosciuti, cinici, disillusi, volgari, insensibili, e tutto quel pacchetto di attributi che si danno ai giovani da sempre.
A Matteo i suoi compagni dicevano: ''Sei come Jonathan (quello del Grande Fratello, ndr). Ti piacciono i ragazzi, sei gay...''. E giù battute e parolacce, per un periodo troppo lungo.
Martedì ha dunque deciso di farla finita: prima una coltellata mirata al petto, poi il volo dalla finestra di casa, al quarto piano di un quartiere residenziale. All'ospedale, per qualche ora, i medici hanno tentato di rianimarlo, ma è stato inutile. Matteo è morto.

Matteo aveva parlato del suo disagio con la madre, e lei era stata a parlare con la vicepreside del grande istituo tecnico torinese che Matteo frequentava con profitto.
La signora Priscilla, arrivata in Italia dalle Filippine più di vent'anni fa, che lavora come collaboratrice domestica e che, separata dal marito italiano, ha cresciuto i suoi tre figli di 17, 16 e 13 anni, con la massima dedizione, non riesce a darsi pace. ''Perché me lo hanno trattato così? Non aveva fatto niente di male, era un essere umano come tutti loro''.
''I problemi - ha raccontato la donna - sono cominciati più di un anno fa, in prima superiore. Mio figlio era dolce, sensibile, non alzava mai la voce, non partecipava a certi giochi e non litigava con nessuno. I compagni l'hanno preso di mira, ce l'avevano con Jonathan, quello del Grande Fratello. Era un modo per dirgli che era gay, poi aggiungevano altre cose...''.
Dopo aver parlato a lungo con suo figlio ed essersi fatta raccontare nei dettagli quello che succedeva a scuola, la signora Priscilla è andata nell'istituto per incontrare la vicepreside che di Matteo era anche insegnante. ''La signora ci ha parlato di questi problemi già nell'inverno dell'anno scolastico 2005-2006. Ha avuto un lungo colloquio con noi, al quale sono seguiti rimproveri da parte nostra ai compagni che avevano schernito Matteo'', ha confermato la dirigente scolastica dell'istituto. ''Purtroppo - ha detto ancora - a questa età, succede spesso che la sensibilità di un ragazzo non sia compresa dagli altri, ma non c'era alcun bullismo né l'intenzione di far male, solo degli sciocchi scherzi involontariamente crudeli. Da quel momento, per noi non c'è stato più alcun segnale di disagio né da parte del ragazzo né della famiglia''.

La preside ricorda perfettamente quel ragazzino magro, silenzioso e studioso: ''Matteo andava bene a scuola, aveva 7 e 8 in tutte le materie e 10 in condotta. Pensandoci oggi, la sua sensibilità poteva anche nascondere una grande fragilità, ma qui a scuola si traduceva soprattutto in studio e rispetto delle regole. Siamo sconvolti, addolorati, abbiamo parlato con la mamma di Matteo da poco e siamo a disposizione per chiarire ogni dettaglio che possa servire a ricostruire questa tragedia''.
Già, quella di Matteo non è una storia di bullismo da riprendere col videofonino, ma la storia di una sensibilità spezzata dalla crudele banalità della cattiveria.
Matteo era così bravo, i suoi voti era così alti e la sua mamma martedì mattina ha lasciato che Matteo entrasse alla seconda ora: ''E' tutto a posto mamma, ripasso la lezione e vado a scuola, vai a lavorare tranquilla''.
Matteo in una lettera ha lasciato scritto quello che gli inquirenti, che stanno indagando sull'accaduto, hanno definito ''un atto d'amore''. Una paginetta scritta, senza rancori o accuse, ma solo l'amore verso la famiglia, verso il papà più lontano dopo la separazione, la mamma quotidianamente e teneramente presente. Ma soprattutto verso i due fratelli di 17 e 13 anni: ''Perdonatemi se non resto con voi. Abbiamo passato tutto insieme... ma ora non ce la faccio più''.

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06 aprile 2007
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