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La battuta sul ponte...

La società Stretto di Messina rimane in piedi: monumento alla speranza di alcuni o idrovora succhia soldi

26 ottobre 2007

















A rigor di logica quanto proposto dalla parte a sinistra della sinistra di governo, la soppressione della Stretto di Messina Spa, la società che per anni e anni si è occupata di tutto quello che ci sarebbe voluto per costruire il ponte prioritario/non prioritario, non fa una piega: cosa teniamo in piedi un carrozzone mangia euro che, visto che il ponte non si fa, oramai non serve più a nulla? Certo, è un peccato perdere i tanti milioni spesi negli anni, come è un peccato perdere tutte le professionalità che nel tempo hanno lavorato, sperimentato e progredito... Allora perché non convertire la Società Stretto di Messina in qualcos'altro? Magari in una struttura da impiegare per valorizzare quei luoghi per pensare nuove soluzioni, nuove possibilità, una struttura che sfrutti l'ingegno (e l'ingegneria) per nuovi concetti di ''trasporto'', ''ambiente'', ''economia''.
Tutto logico, sì. Oppure punti di vista, ipotesi, idee...
Per l'attuale governo il Ponte sullo Stretto di Messina non era fra le priorità, questione chiarita fin da subito, ma per la popolazione interna al governo questa non priorità ha sempre significato tante cose: c'è chi l'ha interpretato come ''il ponte non si fa più'', chi l'ha invece inteso come ''per ora il ponte non si fa più ma un giorno si farà''.

Al ministro per le Infrastrutture, Antonio Di Pietro, la visione della sinistra ''verde-rossa'' non è mai piaciuta, tanto che pochi giorni fa, dopo che la Commissione bilancio aveva approvato l'emendamento sulla soppressione della Stretto di Messina Spa, ha chiamato i suoi colleghi anti-ponte talebani (''Non possiamo comportarci come i talebani cui non piaceva il Buddha'' - leggi). Secondo Di Pietro sciogliere la Società avrebbe significato precludere per sempre, o comunque per moltissimo tempo, la possibilità di realizzare il Ponte. ''E' una questione di etica politica, eliminare la società significa togliere il pilastro ad un progetto che forse in futuro si potrà fare''. Di Pietro aveva proposto, invece, di far confluire la ''Stretto di Messina Spa'' nell'Anas, che tra l'altro è guidata dall'ammanistratore delegato della Società Stretto di Messina, Pietro Ciucci. Ma l'Unione ha bocciato questa ipotesi perché Ciucci è già ''sospettato'' di aver fatto lievitare costi e prezzi. In un'interrogazione parlamentare i senatori Sd, Verdi, Ulivo spiegavano che ''le spese di propaganda e pubblicità della Ponte sullo Stretto Spa sono passate da 110.000 euro nel 2002 a 1.480.000 euro nel 2004'' e che ''particolarmente rilevante è stato l'aumento della voce 'emolumenti e gettoni di presenza ad amministratori', stabilita in 526.000 euro nel 2002 con un picco di 1.616.000 euro nel 2006''.

Ma, nonostante i mille discorsi sull'esigenza di rimanere compatta, nonostante le promesse da boy scout sul non voltare le spalle alla maggioranza nei momenti difficili, Di Pietro ieri proprio non ce l'ha fatta e ai senatori del proprio partito ha detto di votare contro la soppressione della società. E infatti, il Senato ha respinto l'emendamento che prevede la liquidazione della Stretto di Messina: l'Italia dei Valori ha votato contro insieme alla Cdl.
La maggioranza è stata battuta nell'Aula del Senato dal voto contrario dei 4 senatori dell'IdV e di Roberto Barbieri (Costituente Socialista) che avevano annunciato il voto contrario. Il risultato infatti ha registrato 145 sì, 160 no e 6 astenuti. Questi 5 voti della maggioranza si sono uniti a quelli della Cdl. Ma il Governo non è stato battuto perché si era rimesso alla votazione dell'Aula.

''Il Governo non è stato sconfitto. Il Governo ed il relatore avevano chiesto il ritiro dell'emendamento in questione ed avevano chiesto che si ritornasse al testo votato dal Consiglio dei ministri'', ha dichiarato il senatore Nello Formisano, capogruppo dell'Italia dei Valori a palazzo Madama. ''Questa era e sarà la posizione dell'Idv. Purtroppo - ha continuato Formisano - un emendamento ispirato dalla sinistra e dai Verdi massimalisti è stato battuto in Aula, a dimostrazione del fatto che posizioni estreme non portano da nessuna parte''. ''Nell'ambito del rispetto del programma dell'Unione - ha tenuto inoltre a precisare Formisano - che prevede che il Ponte sullo Stretto di Messina non si debba fare, abbiamo evitato all'azienda Italia di pagare svariati miliardi di euro per responsabilità civile''.

Voci dal palazzo dicono che il premier, dopo questa prima batosta (sono state in tutto sette le batoste, ma poi alla fine il decreto collegato alla Finanziaria è passato), abbia detto a Di Pietro: ''Perché diamine hai votato contro la soppressione della società del Ponte sullo stretto? Avevamo deciso di chiuderla, tanto quel ponte non si farà mai...''. Diciamola tutta Prodi non c'è rimasto male, e ancora di più perché il partito di Di Pietro si è trovato a votare con la coalizione nemica!
''Non abbiamo votato con la destra. Il nostro è stato un voto di coerenza'', ha spiegato in serata il ministro Di Pietro, ''ci siamo espressi per ripristinare il testo originario del decreto, come era uscito dal Consiglio dei ministri. Per questa coerenza Prodi dovrebbe ringraziarci perché dà credibilità all'azione del governo''. Il ministro se l'è poi presa nuovamente con ''la politica dei veti spinta da furore ideologico che la sinistra vuole imporre''. Non è vero, ha aggiunto, che ''voglio tenere in piedi un inutile carrozzone. Al contrario, io ho disposto la riduzione del personale della società per lo stretto da 100 a 5-10 dipendenti. Il vero carrozzone sarebbe stato la fantomatica agenzia che l'emendamento mirava a istituire, quello si' uno spreco di risorse, buono per coltivare clientele e svolgere attività che possono essere tranquillamente portate avanti dai ministeri competenti e dalle Regioni''.

Intanto, per questa risposta al ''furore ideologico'' (risposta che a noi sembra altrettanto furente e che parte da altri presupposti ideologici) l'Italia dei Valori rischia di perdere una senatrice, Franca Rame che non ha votato con l'Idv e ha annunciato di voler uscire dal partito. ''Non sono d'accordo sulla scelta fatta sul ponte sullo Stretto - ha spiegato la Rame - e non ho capito la posizione di Di Pietro. Avrebbero dovuto informarmi, discuterne e invece non lo hanno fatto''.

Dalla Sicilia, il Presidente della Regione Salvatore Cuffaro ha espresso tutta la sua contentezza per l'accaduto: ''Il sogno del Ponte resta vivo, speriamo adesso che al più presto il Governo Prodi possa cadere per andare alle urne ed eleggere un esecutivo che sia in grado di dare nuove certezze al Paese e, con esso, anche alla Sicilia''. ''Devo dare atto - ha sostenuto poi Cuffaro - alla coerenza e al senso di responsabilità dimostrata dal ministro Di Pietro e dai senatori del suo partito che, con il loro voto, oltre ad avere scongiurato uno spreco di risorse pubbliche, tengono viva la speranza di realizzare un'opera che, per la nostra Isola, rappresenta una irrinunciabile occasione di sviluppo''.

Già... la speranza, il sogno, il furore ideologico... lo stallo e l'inattività, il muro contro muro... Teniamoci la grande Società, monumento alla memoria di un ponte defunto senza essere mai nato..

 

 

 

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26 ottobre 2007
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