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La 'Blu economy' mazarese verso i Paesi dell'area mediterranea

Da Mazara del Vallo un modello di sviluppo basato sulla pesca responsabile ed ecocompatibile

05 gennaio 2010

La 'Blu economy', un modello di sviluppo basato sulla pesca responsabile ed ecocompatibile, viene esportata da Mazara del Vallo (TP) fino ad Alessandria d'Egitto e presto sarà estesa anche ad altri paesi dell'area mediterranea.
E' la mission del Distretto produttivo della pesca industriale di Mazara del Vallo, sostenuta anche dal ministro dell'Agricoltura Luca Zaia, per suggellare l'avvio dell'accordo di cooperazione tra il distretto e il governo egiziano per far svolgere a sei pescherecci siciliani attività di pesca profonda nelle acque egiziane , per la cattura soprattutto di gamberi rossi.
"E' un momento importante per la pesca siciliana, viene posta la prima pietra della 'Blu economy' per la costruzione di un modello di sviluppo che vede la pesca responsabile come nuovo strumento per valorizzare le risorse e il patrimonio ittico del Mediterraneo". E' quanto ha spiegato il presidente del Distretto della pesca di Mazara del Vallo Giovanni Tumbiolo. Un patrimonio ittico, ha aggiunto il presidente, che "va tutelato e conservato per le future generazioni visto che è sotto gli occhi di tutti che le risorse del Mediterraneo non sono infinite".

Dal porto di Mazara del Vallo, il piu grande porto peschereccio del Mediterraneo, il progetto di cooperazione appena iniziato con l'Egitto, potrà essere esteso a tutto il bacino del Mediterraneo nelle intenzioni del responsabile del Distretto della pesca di Mazara, già ci sono rapporti con la Tunisia, ma il timone è rivolto anche verso Algeria, Marocco, Libano e Libia.
"I sei pescherecci del Distretto di Mazara del Vallo iniziano questo progetto di cooperazione produttiva e scientifica con il partner egiziano - ha affermato Tumbiolo - e saranno simbolo ed esempio per tutti i paesi del bacino del Mediterraneo".
Il modello di sviluppo portato avanti dal Distretto di Mazara abbraccia tutta la filiera ittica, dalla costruzione delle barche alla pesca, alla trasformazione all'acquacoltura. Ma l'accordo ha anche un valore aggiunto in quanto modello di integrazione sociale. A bordo dei pescherecci siciliani vi sarà un equipaggio per così dire poliglotta e multirazziale: 30 pescatori egiziani, 18 tunisini, 21 italiani e uno algerino.

Il distretto della pesca industriale di Mazara che appartiene alla federazione dei distretti industriali italiani, associa 142 imprese, oltre 2.200 occupati e 56 tra enti, associazioni, università, centri di ricerca e di cultura. Oltre 265 milioni di euro il suo fatturato, di cui oltre 60 milioni di export. Nato nel 2006, il distretto si propone innanzitutto di promuovere una politica della qualità, il marchio Dop per gamberi, sardine e triglie e il miglioramento dell'efficienza energetica della filiera. Al centro della sua azione c'è anche la valorizzazione delle risorse umane e della cultura della pesca, dell'acquacoltura, dell'ittiturismo, attraverso la formazione e le politiche sociali del lavoro. Inoltre, lo sviluppo della ricerca, dell'innovazione e del trasferimento tecnologico e dell'Ict.
Braccio operativo di questa realtà industriale e produttiva della Sicilia è l'Osservatorio permanente che ha la caratteristica di essere multidisciplinare: ne fanno parte rappresentanti del mondo delle banche, delle imprese, dell'università e della scienza. "L'osservatorio ha il compito di indicare la strada scientifica e dell'innovazione - ha spiegato ancora Tumbiolo - per un settore che ha bisogno di rinnovarsi. E' costituito da giuristi, economisti, biologi, antropologi, archeologyi subacquei e anche esperti di sicurezza alimentare". L'Osservatorio ha inoltre il compito di monitorare gli aspetti tecnico-biologici, giuridici, socio-economici e ambientali del comparto, approfondendo l'analisi e la conoscenza della filiera della pesca mediterranea. Questo organismo, cuore pulsante del distretto, propone anche iniziative per la salvaguardia delle risorse ittiche, per l'ammodernamento e l'internazionalizzazione delle aziende e del Distretto medesimo.
I paesi del Mediterraneo centrale dispongono oggi di un patrimonio ittico nettamente superiore a quello di cui è depositaria la Sicilia, di qui l'esigenza di pescare in altre acque da parte dei pescatori dell'Isola i quail però possono 'spendere' il proprio know how di conoscenze e competenze nel settore ittico, laddove i paesi del Mediterraneo sono invece carenti. [Adnkronos/Ing]

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05 gennaio 2010
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