Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

La Casta abolisce il divario Nord-Sud...

L'Unità d'Italia è immarcescibile nella volontà dei politici che vogliono mantenere i propri privilegi

07 febbraio 2009

Liguria, Friuli e Sicilia
La Casta resiste alle misure sostenute da Berlusconi e Veltroni
di
Gian Antonio Stella (Corriere.it, 06 febbraio 2009)



Per vincere in Calmucchia, Kirsan Ilyumzhinov promise di donare un cellulare a ogni pastore, comprare Maradona e proteggere la repubblichina caucasica con un magico «campo extra-sensoriale». Macché: zero. Berlusconi e Veltroni promisero un po' di meno. Ma sui tagli ai costi della politica non sembrano ansiosi di procedere. Lo dicono le storie, trasversali a destra e sinistra, al Nord e al Sud, di tre Regioni
.
Ricordate cosa disse il Cavaliere l'11 aprile? Prendiamo il virgolettato dal Giornale: «Dovremmo ridurre della metà il numero dei parlamentari, quello dei consiglieri regionali e comunali, dovremo abolire le province e quasi tutte le comunità montane». Quanto a Veltroni, in un decalogo dettato a l'Espresso ("La casta si taglia in dieci mosse") prometteva di risparmiare «un miliardo di euro l'anno». Punto di partenza: «Ridurre i parlamentari: 470 deputati e 100 senatori e, parallelamente, stipulare un patto con le Regioni per ridurre consiglieri e assessori». Meno di un anno dopo, ciao.

PRIMA STORIA. Siamo nel Friuli Venezia Giulia, dove la vecchia maggioranza ulivista guidata da Riccardo Illy è stata spazzata via ad aprile dal ciclone berlusconiano. La nuova, forte di numeri confortevoli (21 consiglieri del Popolo delle Libertà più 8 della Lega Nord più 4 dell'Udc e un paio di pensionati nel gruppo misto contro 17 del Pd e 4 dell'Italia dei Valori e tre della Sinistra Arcobaleno) naviga in acque relativamente tranquille senza particolari problemi. Ed è proprio in queste acque calme che il berlusconiano Antonio Pedicini e una pattuglia di amici di partito gettano verso la fine di gennaio un sasso destinato invece a sollevare un'ondata di critiche. Certi che le polemiche sui costi della politica siano ormai un capitolo chiuso, propongono d'abolire la legge varata nel 2007 dalla vecchia maggioranza che fissava per i consiglieri un limite di tre legislature.

Rivolta istantanea.  «Poltrone a vita», titola il Piccolo di Paolo Possamai, dedicando alla vicenda uno sferzante editoriale e una pioggia di articoli infuocati. La proposta, sinistra a parte, spacca anche la destra. La Lega, per bocca del segretario Pietro Fontanini, si mette di traverso: non se ne parla. Altre perplessità sono avanzate da Roberto Antonione («Il clima non è proprio adatto a una simile proposta»), dal governatore Renzo Tondo («Non mi pare una priorità») e dallo stesso coordinatore regionale del Pdl Isidoro Gottardo: «Questione legittima ma non è opportuno». Il capogruppo berlusconiano in consiglio regionale Daniele Galasso, però, insiste: «Il limite del terzo mandato va tolto. E' un'ipocrisia, uno specchio per le allodole, un nascondino inutile che tentiamo di cancellare in un periodo lontano dalle tensioni preelettorali».
Giorni e giorni di liti. Poi la tregua: tutto accantonato. Per ora. Quanto al taglio dei consiglieri...

SECONDA STORIA, dall'altra parte dell'Italia settentrionale, in Liguria. Dove il presidente del consiglio regionale Giacomo Ronzitti, d'accordo coi capigruppo e con lo stesso governatore Claudio Burlando, propone di tornare virtuosamente indietro di quattro decenni: come nel 1970 i deputati regionali devono scendere dal limite massimo di 50 a 40 (più il presidente, per non stravolgere il sistema collaudato dell'elezione diretta) e la giunta da 12 a 10 assessori, che non solo non debbono essere più equiparati nell'indennità ai consiglieri ma possono essere esterni al consiglio solo fino a un tetto massimo di quattro, cioè la metà di oggi.
Tutti d'accordo, sulla carta. Finché, come ha ricostruito su La Stampa Ferruccio Sansa, i partiti non si sono messi a fare due conti. Scoprendo ciascuno che i rischi di perdere preziose poltrone erano elevatissimi. A quel punto, ecco alcuni suggerire che «meglio sarebbe la riduzione dei parlamentari, non dei consiglieri regionali». Altri, della sinistra uscita a pezzi dalle politiche, sbuffare che no, non è giusto chieder loro questo karakiri: «Dopo il Parlamento spariremmo anche dalla Regione e ci resterebbero le bocciofile».
Risultato: la proposta è rimasta lì. A galleggiare in attesa che un giorno, forse, chissà...

TERZA STORIA, nel Mezzogiorno. Dove il deputato regionale siciliano democratico Giovanni Barbagallo presenta all'Ars una proposta di legge per ridurre il numero dei parlamentari isolani. Dice che ha fatto i conti: «Il dato siciliano (un deputato ogni 55.746 abitanti) è in stridente contrasto con altre regioni, come, ad esempio, la Lombardia, regione nella quale vi è un consigliere ogni 118.440 abitanti». Chiede dunque di votare una legge di due soli articoli che porta i membri dell'Ars da 90 a 70: «La riduzione determinerebbe un risparmio annuo di euro 6.220.807,20 e avrebbe una forte valenza, anche simbolica». Non basta. Propone parallelamente di abolire i bonus supplementari concessi in aggiunta all'indennità ai deputati regionali che ricoprono qualche carica. Sono una marea, accusa. E costano, spiega al Giornale di Sicilia, un sacco di soldi: «Ognuno dei due vicepresidenti incassa una indennità aggiuntiva di 5.149 euro lordi al mese. I tre questori si fermano a 4.962 euro ciascuno. I tre segretari del consiglio di presidenza hanno 3.316 euro e la stessa cifra guadagnano i 10 presidenti delle commissioni. I 23 vicepresidenti delle commissioni si fermano a 829 euro in più al mese mentre gli 11 segretari delle stesse commissioni ricevono 414 euro». Più i bonus ai 4 capigruppo e ai 9 parlamentari nominati assessori. Un assurdo. Tanto più che «questi soldi si aggiungono a uno stipendio base di 11.703 euro lordi a cui si assommano 4 mila euro di diaria e altri benefici». Totale dei costi supplementari: oltre un milione di euro l'anno.

La risposta del presidente del-l'Ars, Francesco Cascio, che solo un paio di settimane fa aveva bocciato la richiesta dell'opposizione di conoscere i dettagli di alcuni viaggi «in missione» fatti coi soldi pubblici (risposta: «Spiacente, c'è la privacy ») è piccata. Dice che certo, per carità, lui le proposte di tagli le gira a chi di dovere, e invita la Commissione per lo Statuto a valutare cosa si può fare. Ma aggiunge una manciata di peperoncino che la dice lunga, sulla sua opinione in materia: «Barbagallo spesso assume posizioni demagogiche nella consapevolezza che rimarranno lettera morta».

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

07 febbraio 2009
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia