La Chiesa siciliana in visita dal Papa
I vescovi siciliani in visita "ad limina", hanno parlato con il Papa di mafia ma anche delle cose belle...
Le "piaghe" che affliggono la Sicilia, tra cui la "mentalità malavitosa", che impongono il dovere della Chiesa di "dare una testimonianza più chiara ed evangelica". Ma anche le "cose belle", come la capacità di accoglienza e testimonianza.
Di questo i vescovi siciliani in visita "ad limina" hanno parlato con il Papa, secondo quanto ha riferito alla Radio Vaticana l'arcivescovo di Siracusa, monsignor Salvatore Pappalardo.
Da parte del Papa, ha raccontato monsignor Pappalardo, c'è stato anche il rinnovato invito ai vescovi a farsi pastori e "sentire l'odore delle proprie pecore". Attenzione, inoltre, ai temi della crisi economica e della disoccupazione. "Questo incontro comunitario - ha riferito l'arcivescovo - ci ha aiutato proprio a costruire un discorso d'insieme, a mostrare un'immagine della nostra Sicilia più reale, più obiettiva, proprio perchè ognuno ha messo la sua parte. Il Papa ci ha raccomandato di stare molto vicini alla nostra gente. Ha ripetuto quella frase: "Abbiate l'odore delle vostre pecore". Abbiamo detto che alcuni di noi stanno compiendo la visita pastorale e lui ci ha raccomandato proprio questa vicinanza. Ci ha posto anche delle domande sulla famiglia: come vive, quale problematiche ci sono e quali difficoltà sta affrontando. Ovviamente noi abbiamo riferito quella che è la situazione della famiglia nella nostra Sicilia: ancora resiste, ma ovviamente le nuove difficoltà si vanno evidenziando".
"Certo, - ha aggiunto monsignor Pappalardo - tutti noi abbiamo raccontato anzitutto delle difficoltà economiche, che sono un po' generalizzate dalle nostre parti e per cui molte famiglie trovano difficoltà serie e obiettive".
Alla domanda se con il Papa avessero parlato anche della "piaga della criminalità organizzata", l'arcivescovo di Siracusa ha risposto: "Ma guardi, noi non abbiamo nascosto che ci sono anche queste difficoltà tra la nostra gente, perché ovviamente c'è la mentalità malavitosa: c'è ed è diffusa. Questo glielo abbiamo detto al Papa. Ma insieme a questo, però, abbiamo anche raccontano le cose belle che ci sono. Per esempio, la Chiesa qui ancora ha una sua presenza. Io sto facendo la visita pastorale e vedo come sono accolto, anche dalle istituzioni civili. Quindi, c'è un'attenzione per la Chiesa che non possiamo nascondere. Siamo noi che dobbiamo dare una testimonianza più chiara e più evangelica. Questo il Papa lo ha sottolineato, ce lo ha detto anche".
"La Chiesa contro la mafia ha fatto poco" - "La Chiesa non combatte e non ha combattuto abbastanza il fenomeno mafioso". Lo ha affermato il pm antimafia Nino di Matteo intervenendo a Palermo nel corso di una cerimonia di commemorazione di don Pino Puglisi, sacerdote assassinato dalla mafia. "Faccio mie le recenti affermazioni di Don Ravasi - ha proseguito Di Matteo - laddove esorta la Chiesa ad essere una spina nel fianco della mafia. In queste parole, che apprezzo, ho colto una sorta di autocritica. Purtroppo anche le istituzioni ecclesiastiche non si dimostrarono in passato del tutto insensibili alle istanze di Cosa nostra". "Da cittadino siciliano e da cristiano coltivo una speranza, che la Chiesa sappia riappropriarsi dei suoi mezzi e delle sue forze per combattere il metodo clientelare-mafioso dell'esercizio del potere", ha aggiunto il pm antimafia.
Parlando dell'omicidio di don Puglisi, Di Matteo ha puntato il dito contro l'atteggiamento di quella parte della Chiesa "che non lottava, ma cercava compromessi". Oggi le cose sono cambiate, ha aggiunto, ma "si deve ancora perseguire un cambiamento attraverso un'assunzione di responsabilità della Chiesa che non deve delegare ad altri, alle forze di polizia nè alle istituzioni la lotta al malaffare".
[Informazioni tratte da ANSA, GdS.it, Corriere del Mezzogiorno, Repubblica/Palermo.it]