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La continua lotta contro Cosa nostra

Cosa nostra si indebolisce, si disgrega, poi si riforma e rinasce come una metastasi...

12 luglio 2008

Diceva Giovanni Falcone che la mafia, come tutti i fenomeni che riguardano l'uomo, avendo avuto un inizio dovrà avere per forza una fine. Questo non significa che ci sarà un tempo che vedrà la fine assoluta della criminalità organizzata (il formarsi di questa, infatti, sembra essere - ma diciamo pure che è ormai un fatto assodato -, un fenomeno intrinseco alla natura (dis)umana), ma che di certo il fenomeno "Cosa nostra" andrà via via a stemperarsi sempre di più, per trasformarsi in qualche altra forma di "disumanità". Diceva infatti Paolo Borsellino che nonostante tutto l'impegno che uno può mettere nel dare la caccia ai criminali, gli inquirenti, gli invistigatori, le istituzioni in generale si ritrovano sempre ad essere un passo indietro rispetto ai gruppi criminali, e questo per un motivo "fisiologico", perché prima di indagare su qualcosa è necessario che questa qualcosa accada.

E' sostanzialmente per questi motivi che si ha la netta impressione che la lotta a Cosa nostra sembra non finire mai, anche quando la Giustizia è riuscita a raccogliere vittorie strabilianti. Ad esempio, a Palermo Cosa nostra sembra sia sia già riorganizzata pur dopo gli arresti di personaggi come Bernardo Provenzano, Nino Rotolo e Salvatore Lo Piccolo. Ciò purtroppo non è soltanto un'ipotesi, ma nel cocreto l'organizzazione avrebbe già nuovi capi che gestiscono le famiglie mafiose, decidendo anche omicidi. Il nuovo, frustrante e terribile scenario è emerso da alcune intercettazioni disposte dalla Direzione distrettuale antimafia, e in particolare da quelle che esattamente una settimana fa ha portato al fermo di quattro persone accusate di essere sicari delle cosche, pronti a uccidere il capomafia di Bagheria, Pietro Lo Iacono (leggi).
Dall'indagine della polizia di Stato emerge chiaramente che Cosa nostra si sarebbe già riorganizzata, mettendo ai vertici dell'organizzazione persone che hanno alle spalle una forza criminale, tanto da decidere l'uccisione di Pietro Lo Iacono, tornato in libertà da poco tempo, che è stato fino all'ultimo momento uno dei fedeli favoreggiatori di Bernardo Provenzano.

I nuovi capi delle famiglie mafiose di Palermo hanno scelto di tornare agli omicidi per far sentire il loro peso criminale a chi potrebbe contrastarli. Dalle intercettazioni è emerso che "la sentenza di condanna a morte" per Lo Iacono è stata emessa dalle famiglie mafiose di Palermo e provincia.
La polizia, intercettando uno dei presunti quattro sicari, Michele Modica (per il quale il gip ha convalidato l'arresto emettendo ordinanza di custodia cautelare), ha scoperto il piano di morte e il fatto che "occorreva realizzare, subito e comunque, il delitto", in quanto,"c'è questa ordinazione così che ci posso fare... c'è ordine di là, di là, di quello pure", lasciando così intendere, come hanno annotano i magistrati, "che l'ordine proveniva da più vertici di più famiglie mafiose".

Ma se Cosa nostra torna a risorge come la Fenice dalle proprie ceneri, la Giustizia che Cosa nostra ha reso in cenere, non sta certo con le mani in mano, né tanto meno si lascia intimorire. Proprio in questa ultima settimana sono state tantissime le operazioni antimafia che hanno visto l'arresto di estortori, trafficanti di armi e di droga, nonché l'arresto di due "nomi di peso" della Cosa nostra palermitana: Andrea Panno, presunto boss di Casteldaccia, arrestato negli Stati Uniti, e Salvatore Parisi, sfuggito due volte all'arresto e acciuffato tra Palermo e Monreale.

Andrea Panno, di 47 anni, nipote del superboss Piddu Panno, ucciso nel 1981, era ricercato dal 25 gennaio del 2005, giorno dell'operazione "Grande Mandamento", contro i fiancheggiatori del clan di Bernardo Provenzano. L'uomo è stato rintracciato a Guilford, nel Connecticut, dove viveva assieme alla moglie e a due figli, grazie alla collaborazione tra i carabinieri del Reparto operativo del comando provinciale di Palermo e gli agenti dell'FBI. La sua cattura risale al 17 giugno scorso, ma è venuta fuori soltanto lo scorso 8 luglio, nel corso del processo Grande Mandamento, in cui Andrea Panno è imputato insieme ad altre sette persone tra cui lo stesso Provenzano ed il capomafia Salvatore Lo Piccolo (leggi).
Ufficialmente Panno era emigrato, poco prima del blitz di polizia e carabinieri di tre anni e mezzo fa, per problemi legati ai debiti. Panno, che è stato arrestato con l'accusa di violazione delle leggi sull'immigrazione negli Usa, è stato estradato e stamane è arrivato stamani all'aeroporto di Fiumicino accompagnato da agenti dell'FBI con un un aereo proveniente da New York. Panno è stato così arrestato dagli uomini dei carabinieri del Ros, che gli hanno notificato il provvedimento di custodia cautelare al quale era sfuggito tre anni fa. Per lui i pm Marzia Sabella e Michele Prestipino, che lo ritengono uno dei vettori dei pizzini destinati all'allora latitante Provenzano, hanno chiesto la condanna a nove anni.

Salvatore Parisi, 54 anni palermitano, ricercato dal 2007, è stato invece arrestato ieri dai carabinieri del comando provinciale di Palermo a Monreale. Parisi è accusato dalla Dda di Catania di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e dalla Dda di Palermo di essere esponente di primo piano della famiglia mafiosa palermitana del 'mandamento di Porta Nuova'. Sfuggito all'arresto già due volte, era in un appartamento alla periferia della cittadina normanna alle porte del capoluogo.
La prima volta è riuscito a fuggire nell'ottobre dello scorso anno quando era stato emesso ordine di cattura dalla Dda di Catania nell'ambito dell'operazione 'Terra Bruciata' condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Siracusa. Parisi era indagato perché ritenuto inserito in una organizzazione operante sul territorio palermitano finalizzata all'acquisto ed alla successiva vendita di ingenti quantità di hashish ai componenti del clan 'Bottaro-Attanasio'.
La seconda volta, l'uomo era sfuggito alla cattura a febbraio quando la Dda di Palermo aveva emesso provvedimento di fermo nei suoi confronti nell'ambito dell'operazione 'Old Bridge', condotta dalla Questura del capoluogo siciliano in collaborazione con l' FBI americana. Parisi, in questo caso, era indagato per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti con l'aggravante del metodo mafioso.
Parisi dovrà adesso chiarire alla magistratura la gestione di molte estorsioni, ma anche i contatti diretti avuti con esponenti di primo piano di 'Cosa Nostra' tra i quali Antonino Rotolo, Nicola Ingarao, Tommaso Lo Presti e Andrea Adamo.

Insomma, come ha detto il colonnello Luzi, comandante provinciale dei carabinieri Palermo commentando l'arresto di Parisi: "la ricerca dei latitanti resta una priorità, sia perché è doveroso assicurare alla giustizia persone indiziate di gravi reati sia per interdire l'azione di soggetti che con la latitanza acquistano, giorno dopo giorno, prestigio criminale. Occorre tener presente che nell'ambito di 'Cosa Nostra' il latitante diviene nel tempo figura emblematica perché acquisisce prestigio nel sottrarsi alla detenzione. Per tal motivo - ha concluso il colonnello - diviene anche elemento di aggregazione criminale. Arrestare i latitanti significa indebolire l'organizzazione criminale" sempre pronta, aggiungiamo noi, a rigenerarsi, trasformarsi, arrivare a quella che sembra una fine e subito riorganizzarsi. Ecco perché la lotta a Cosa nostra deve continuare senza mai abbassare la guardia.

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12 luglio 2008
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