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La convinzione di Pietro Romeo e la conversione di Gaspare Spatuzza

Nell'udienza di ieri al processo contro il boss Tagliavia per le stragi mafiose del 1993

11 febbraio 2011

Ieri mattina il pentito Pietro Romeo a Firenze ha deposto come teste al processo contro il boss Francesco Tagliavia per le stragi del '93.
"Io prima avevo sempre saputo da Francesco Giuliano di un politico, ma non sapevo chi era. Poi un giorno eravamo io, Francesco Giuliano e Gaspare Spatuzza. Giuliano commentava gli attentati e chiese a Spatuzza 'Perché li abbiamo fatti, per chi, per Andreotti o Berlusconi?' e Spatuzza rispose: 'Per Berlusconi'". "Giuliano da tempo mi diceva che c'era un politico" e che le stragi erano fatte "per far alleggerire il carcere duro, il 41 bis". Romeo ha anche osservato che "Spatuzza era vicino ai Graviano, erano come fratelli".
Romeo ha raccontato di avere appreso queste cose mentre con Spatuzza e Giuliano si trovavano in contrada Ciaculli. Successivamente, in aula, quando l'avvocato di parte civile Enrica Valle ha ricordato a Pietro Romeo un passaggio di una sua dichiarazione del 14 dicembre 1995 sulla questione di "un politico" esterno alle stragi, Romeo ha detto: "Confermo". Il testo letto in aula al testimone dall'avvocato Valle riguardo un interrogatorio del 30 settembre 2009 in cui i pm ripetono a Pietro Romeo la sua dichiarazione in cui nel 1995 precisò che "Giuliano gli aveva detto che le stragi venivano fatte per il 41 bis e che c'era un politico di Milano che aveva detto a Giuseppe Graviano di continuare a mettere le bombe".
Romeo all'epoca precisò che "questo discorso era stato fatto a lui da Francesco Giuliano mentre erano soli in auto all'epoca successiva al fallito attentato a Contorno". "Giuseppe Graviano aveva fatto discorsi in cui si parlava di fare attentati con bombe perché lo aveva detto un politico", proseguì la dichiarazione di Romeo nel '95 ricordata oggi. Poi il 29 giugno 1996, in un altro interrogatorio, Pietro Romeo intese "fare il nome del politico" appreso dalla conversazione tra Spatuzza e Giuliano a cui aveva assistito.

"Giuseppe Graviano voleva dare 10 milioni (di lire, ndr) a testa, Francesco Tagliavia 5 a testa. Ma Graviano dicono che dette 10 milioni. C'era un fondo cassa comune" tra le famiglie. Questo è quanto risulta al pentito Romeo sui compensi stabiliti dai boss Francesco Tagliavia e Giuseppe Graviano per gli esecutori materiali delle stragi secondo quanto gli avrebbero detto altri mafiosi, tra cui Francesco Giuliano.
Nella sua deposizione davanti alle parti Romeo si è anche lamentato del fatto che "di tutte le rapine che abbiamo fatto, i soldi se li metteva in tasca Francesco Tagliavia, ci dava una miseria. Facevamo rapine ai Tir, ma i proventi se li mangiavano loro". "Non potevamo fare le rapine senza autorizzazione di Tagliavia - ha detto - e siccome i soldi li prendevano Tagliavia, Salvatore Giuliano, Damiano Rizzuto, che io ho anche ucciso perché lui voleva uccidermi, dovevamo rapinare continuamente. Dovevamo fare rapine senza armi e usando le macchine nostre". "Giuseppe Graviano - ha aggiunto Romeo evidenziando una diversità di vedute tra i boss del mandamento - non doveva sapere niente perché per lui le rapine erano delle minchiate". All'avvocato di Tagliavia, Luca Cianferoni, che ha chiesto a Romeo se "c'é rancore", il pentito ha detto: "Ora no, non ho più risentimenti verso Tagliavia, da giovane sì".

Ieri al processo contro il boss Tagliavia è stato ascoltato come testimone anche il cappellano del carcere di Ascoli Piceno, frate Pietro Capoccia, confessore di Gaspare Spatuzza. "Da cappellano avevo colloqui con Spatuzza. Ma non mi ha mai detto che avrebbe collaborato finché una domenica, prima di una messa nella sezione del 41 bis, Spatuzza agitò alcuni foglietti che recavano la figura di don Puglisi e mi disse: 'Padre Pietro mi sento responsabile della morte di questo santo'. Poi la settimana successiva fu trasferito". Ricordiamo che Spatuzza è responsabile dell'omicidio di don Pino Puglisi con Salvatore Grigoli.
Frate Capoccia, rispondendo a domande del pm Alessandro Crini sull'inizio del 'pentimento' di Spatuzza, ha anche detto che "Spatuzza non mi ha mai detto dei suoi problemi giudiziari" e ha raccontato dei suoi interessi per gli studi religiosi. "Con lui avevo contatti come cappellano, per la messa, per l'istruzione religiosa, e anche come supporto psicologico e religioso. Poi - ha proseguito -, quasi subito dopo che è arrivato al carcere di Ascoli, nei colloqui con lui c'é stato di mezzo l'argomento di studiare la religione, quindi l'ho orientato verso la scuola superiore di scienze religiose di Ascoli".
"Spatuzza - ha proseguito frate Capoccia - ha voluto scegliere questo argomento perché si sentiva attratto. E' stata una scelta sua". "Io - ha anche detto il religioso - gli ho procurato i libri per poter seguire il corso e mi risulta che nelle sue note c'erano molti 8, impensabile per un privatista. Poi non ha potuto dare tutti gli esami perché l'hanno trasferito". "A me Spatuzza sembrava sincero", ha concluso padre Capoccia.

[Informazioni tratte da Ansa, Lasiciliaweb.it]

 

 

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11 febbraio 2011
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