La corsa contro il tempo di Paolo Borsellino
Processo "Borsellino quater". La deposizione di Fernanda Contri, ex segretario generale di palazzo Chigi
"La mia è una corsa contro il tempo...". Così disse il giudice Paolo Borsellino all'ex segretario generale di palazzo Chigi Fernanda Contri, pochi giorni prima di essere ucciso nella strage di via D'Amelio. A raccontarlo, con grande emozione, è la stessa Contri che ieri ha deposto al processo 'Borsellino quater', in corso davanti dalla Corte d'assise di Caltanissetta per il depistaggio clamoroso avvenuto dopo la strage.
Sono cinque gli imputati: i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino e i falsi pentiti Francesco Andriotta, Calogero Pulci, Vincenzo Scarantino autori di un depistaggio costato l'ergastolo a 8 innocenti.
"Incontrai Paolo Borsellino due volte a luglio '92 - ha ricordato ancora Contri - La prima settimana l'ho incontrato per caso nell’atrio dell’albergo dove alloggiavamo entrambi quando stavamo a Roma. Mi chiese: 'che ci fai qui?' e gli dissi che ero stata nominata segretario generale a Palazzo Chigi e lui non lo sapeva. Lo presi anche in giro perché gli dissi che non leggeva nemmeno i giornali e che pensava solo ai suoi processi". "Dopo concordammo di ritrovarci insieme a Cortina per la presentazione di un libro sulla mafia e poi mi chiese se potevo incontrarlo otto giorni dopo e decidemmo di fare colazione al Visconti Palace. Quindi mi disse: 'Ti prego di intervenire presso il Governo, o il Parlamento per accelerare i tempi dell’approvazione di certe leggi. Io ne sto interrogando nove, vado avanti e indietro dalla Germania e ho bisogno di queste leggi. Perché la mia è una corsa contro il tempo'. Io capii cosa voleva dire ma non volevo crederci. Gli dissi: 'parli di corsa contro il tempo per la conversione del decreto di sessanta giorni, mi guardò tritissimo e mi disse: 'La mia è una lotta contro tutti i tempi e tu hai capito benissimo cosa volessi dire'. Quella è stata l’ultima volta che vidi Paolo, non ricordo se il 9 o il 16 luglio".
"Borsellino non mi disse niente della strage di Capaci - ha detto ancora Contri - l’unica cosa che disse era quella delle nove persone che stava sentendo". Quando il Procuratore capo Sergio Lari le ha chiesto se aveva parlato di "persone a lui vicine che avevano tradito la sua fiducia?", ha risposto: "Assolutamente no".
"Mori non mi parlò mai di una trattativa né mi accennò mai al fatto che qualcuno avesse potuto tradire la sua fiducia", ha detto ancora Contri.
La donna, che oggi ha 79 anni, ha ripercorso il periodo in cui era stata nominata segretario generale della Presidenza del Consiglio con Giuliano Amato Premier. Fu nominata il primo luglio '92. Contri ha spiegato ai pm Sergio Lari, Nico Gozzo e Stefano Luciani di avere incontrato il generale Mario Mori, l'ex capo del Ros dei Carabinieri, tre volte, una volta nell'89 e due volte nel '92, dopo la strage di via D'Amelio, una prima volta il 22 luglio e il 28 dicembre.
"L’incontro con Mori avvenne tre giorni dopo la morte di Paolo Borsellino - ha raccontato Contri - Non erano ancora stati celebrati i funerali di Borsellino e io cercai l'allora colonnello Mori per chiedergli di venire da me. Gli chiesi se sapeva qualcosa della strage e mi disse che non sapevano ancora niente, era troppo presto. Eravamo tutti e due sconvolti. Gli chiesi se conosceva il motivo della strage. E mi rispose: 'Non lo sappiamo'. Per quello che io ricordo, Mori fece riferimento al fatto che stesse compiendo indagini, cercando delle piste, per verificare da dove poteva essere partita la decisione di fare fuori anche Borsellino. Non sono sicurissima se me ne parlò in quell’occasione o a Natale. In una delle due volte sicuramente mi disse: 'Sto incontrando Ciancimino che potrebbe anche essere non solo uno dei capi mafiosi ma il capo della mafia'. Non sono scesa nei particolari, ma l'impressione era che stesse cominciando una cosa che doveva cominciare. Io ho sempre avuto molti rispetto di chi investiga. In me generò la convinzione che stava incominciando che poteva essere all’inizio".
"Dopo il fallito attentato alla villa estiva del giudice Giovanni Falcone all'Addaura nel giugno '89 si era sparsa la voce che se lo fosse fatto da solo, ma io nell'agosto di quell'anno lo andai a trovare, mentre ero in vacanza con la mia famiglia, per fare sapere che come membro del Csm non credevo affatto a queste infamita". L'ex segretario generale di Palazzo Chigi ed ex membro del Csm, ha aggiunto: "Io ero molto amica di Giovanni Falcone. Quando ci fu l’attentato all'Addaura, ci furono subito voci che Giovanni se l’era fatto da solo. Io invece ci tenni ad andare a trovare Falcone in vacanza, ad agosto". "Mentre ero in albergo a Palermo ricordo di avere chiamato il colonnello Mario Mori (che al'epoca era il capo del Ros ndr) per chiedergli se sapeva qualcosa dell’attentato a Falcone e come era potuta nascere la voce che Falcone se lo fosse fatto da solo. Mori escluse che Giovanni se lo fosse fatto da solo, facemmo una lunga chiacchierata". "Avevamo sentito Falcone a metà giugno, subito dopo il fatto all’Addaura - ha detto ancora Fernanda Contri - Lo cercai, volli dimostrargli la mia solidarietà e conservo con caro ricordo le foto fatte all’Addaura ad agosto con sua moglie, Francesca Morvillo e mia figlia. Quel giorno ricordo mentre eravamo all’Addaura, da Falcone, squillava in continuazione il telefono, e Francesca dopo avere risposto tornava da noi con aria molto preoccupata. Da quello che ho capito non c’era nessuno ma non volevamo infastidire Francesca. Lei era molto scossa. C’era pure Giuseppe Ayala".
Contri esclude che in quelle occasioni Falcone ebbe mai a a parlare di "menti raffinatissime", mentre invece lo disse al Csm. "A me non lo disse mai, ma lo fece davanti al Csm", ricorda Contri.
In Aula anche altri testimoni. Il generale Mario Mori, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Mori, in quanto imputato di procedimento connesso, perché imputato nel processo per la trattativa tra Stato e mafia, aveva la facoltà di non rispondere. Stessa decisione per il colonnello Giuseppe De Donno, anche lui citato come teste del processo e anche lui imputato nel processo per la trattativa tra Stato e mafia. De Donno ha deciso di non rispondere ai pm, avvalendosi della facoltà di non rispondere. I pm hanno chiesto alla Corte d'assise, presieduta da Antonio Balsamo, di acquisire i verbali delle dichiarazioni rese dal generale Mori e dal colonnello De Donno. La Corte ha dunque accolto la richiesta disponendo l'acquisizione dei verbali resi dai due durante le indagini preliminari.
Il processo "Borsellino quater" è stato rinviato al prossimo 11 febbraio alle ore 9.30 presso l'aula bunker di Caltanissetta. E' prevista l'audizione di Massimo Ciancimino, imputato di procedimento connesso nel processo trattativa. [Adnkronos/Ign]