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La crisi degli italiani

I dati negativi dell'annuale indagine Istat sulle condizioni di vita della popolazione nazionale

01 gennaio 2010

Per fare un consuntivo di fine anno della situazione economico-sociale degli italiani ci facciamo aiutare dai dati dell'indagine annuale dell'Istat sulle condizioni di vita della popolazione nazionale.
L'indagine, effettuata dall'Istituto nazionale di statistica nell'ultimo trimestre del 2008 su un campione di circa 21.000 nuclei familiari (oltre 52.000 persone), ci rivela che sono sempre di più le famiglie italiane che vivono gravi difficoltà economiche. La quota di famiglie che dichiara di arrivare alla fine del mese con molta difficoltà è salita dal 15,4% del 2007 al 17,0%. In aumento anche quelle che non riescono a provvedere regolarmente al pagamento delle bollette (11,9% contro l'8,8% dell'anno precedente) e all'acquisto di abiti necessari (18,2% contro il 16,9%).
Statisticamente significativo è pure l'incremento delle famiglie cui è capitato di non avere, in almeno un'occasione, soldi sufficienti per pagare le spese per i trasporti (8,3% contro il 7,3% del 2007) e di quelle che sono in arretrato con il pagamento del mutuo (7,1% di quelle che hanno un mutuo, contro il 5,0%).
Guardando altri indicatori di disagio economico l'Istat segnala che risultano stabili sul 2007, almeno a livello nazionale, le quote di famiglie che non si possono permettere di riscaldare adeguatamente la propria abitazione (10,9%) e quelle che hanno risorse insufficienti per gli alimenti (5,7%) e per le spese mediche (11,2%) [LEGGI]. Quasi un terzo delle famiglie (31,9%) ha poi riferito di non essere in grado di far fronte ad una spesa imprevista di 750 euro con risorse proprie.

Dal punto di vista territoriale, la situazione è peggiorata nel Mezzogiorno e nelle Isole: tra il 2007 e il 2008, infatti, è aumentata in misura significativa la percentuale di famiglie che arriva con molta difficoltà a fine mese (dal 22,0% al 25,6%), al contrario di quanto avviene nel nord e nel centro dove tale quota rimane sostanzialmente stabile (nel 2008 rispettivamente, il 12,6% e il 14,3%).
La maggiore frequenza di situazioni di difficoltà economica nelle regioni meridionali e insulari, osserva l'Istat, si rileva in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia.
Nel Sud e Isole si registra anche l'aumento maggiore di famiglie che dichiara di non avere avuto i soldi, in almeno un'occasione, per le spese alimentari (8,2%, contro il 7,3% del 2007) e che non ha potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione (21,2% contro il 20,1%). La percentuale delle famiglie in difficoltà in Sicilia nel 2008 ha raggiunto quota 30,2%, l'anno precedente si fermava al 26,3%.
Tra le regioni del Nord e del Centro, i maggiori segni di disagio si registrano in Piemonte e nel Lazio con, rispettivamente, il 16,3% e il 17,1% delle famiglie che dichiarano di arrivare a fine mese con molta difficoltà nel 2008. La crescita del disagio economico interessa tutta l'Italia e solo in Molise si è registrato un miglioramento: le famiglie in affanno sono scese dal 17,6% all'11,9%, in netta controtendenza a confronto con il panorama nazionale.

Per quanto riguarda la relazione tra situazione di disagio economico e ampiezza del nucleo familiare, l'Istat segnala che la tipologia familiare che meno frequentemente riferisce di sperimentare difficoltà economiche è quella delle coppie senza figli (nel 2008, soltanto il 12,3% dichiara di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese).
Le famiglie con figli risultano, invece, relativamente più esposte a situazioni di disagio: il 14,1% delle coppie con figli e, tra queste, il 24,3% di quelle con tre o più figli dichiara di essersi trovata in arretrato con il pagamento delle bollette (contro il 7,8% di quelle senza figli); il 32,9% delle famiglie con tre o più minori dichiara di arrivare con molta difficoltà a fine mese, il 42,3% ritiene di non poter affrontare una spesa inattesa di 750 euro e il 14,2% di quelle che hanno un mutuo sono state in arretrato con il pagamento delle rate.
Le difficoltà economiche aumentano se il numero dei membri del nucleo familiare è più alto e risultano particolarmente evidenti per le famiglie con cinque o più componenti. In particolare, a incidere è soprattutto il numero di percettori di reddito presenti in famiglia e il tipo di fonte di reddito disponibile: nel 2008, più di un quinto delle famiglie monoreddito (20,6%) ha dichiarato di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese.



- L'INDAGINE ISTAT (pdf)


Secondo il segretario confederale della Cgil, Agostino Megale, quanto viene fuori dall'indagine Istat è "il vero volto del Paese". "Anche secondo le nostre stime le famiglie di lavoratori dipendenti e pensionati con difficoltà ad arrivare alla fine del mese nel 2009 sono cresciute e rappresentano circa il 25% del totale, ovvero 1/4 delle famiglie. I dati Istat, i dati Banca d'Italia e le nostre stime sull'impatto sul 2009 confermano che quanto abbiamo proposto nel corso di quest'ultimo anno e mezzo per contrastare la crisi era la scelta giusta: una terapia d'urto, antirecessiva, di sostegno all'occupazione e ai redditi".
Secondo il rapporto Ires-Cgil su salari, fisco e produttività 2009, sostanzialmente, con la crisi sono cresciute le disuguaglianze: il 10% delle famiglie italiane conta su 1 milione e mezzo di euro annuo tra reddito e patrimonio contro il 50% delle famiglie che, invece, dispone in media di 68 mila euro. Per questo, secondo la Cgil, è necessario tassare le grandi ricchezze. "Ricordo - ha detto Megale - il dato da noi stimato sull'andamento delle retribuzioni 2009 dell'intera economia che con un'inflazione allo 0,9% vede una crescita allo 0,8%, dunque "crescita zero''. Ricordo che per il settore privato, senza considerare i lavoratori in Cig, la crescita delle retribuzioni è dell'1,7% (pari a 11,99 euro netti reali di aumento mensile), mentre contando anche i 1.200mila lavoratori in Cig, la dinamica dei salari 2009 diventa negativa (-0,1%), che confrontata con l'aumento dei prezzi diventa -1,1%. A questo si aggiunge la nostra stima sul reddito disponibile delle famiglie italiane che si riduce di un -0,5% in termini reali nel 2009 (con un -0,8% nel Mezzogiorno)".
Quindi, prosegue il segretario confederale della Cgil, che dell'Ires è presidente, "le retribuzioni medie hanno un sostanziale crescita zero, quelle del settore privato (Industria e Servizi) una leggera crescita di 156 euro netti reali, poiché quelli in Cig passano dai 1.430 euro netti ''medi'', se maschi, ai 1.105 euro (con orario ridotto del 50%), ai 762 euro (a zero ore); se donna, passano dai 1.100 ai 915 euro (con orario ridotto del 50%) e ai 634 euro (a zero ore). Nella crisi un paese sempre più diseguale (nel 2007 eravamo il sesto paese più diseguale tra i 30 Ocse). Soprattutto le nuove generazioni, con i contratti di collaborazione, hanno visto interrompere i contratti per circa 100mila posti di lavoro e solo 1.500 persone hanno potuto usufruire del bonus del governo, per appena 160 euro medi mensili".

Anche i nuovi dati sulla ricchezza netta delle famiglie italiane della Banca d'Italia, spiega Megale, "su cui abbiamo svolto alcune elaborazioni illustrano come a fronte di un generale abbattimento del reddito la vera ricchezza rimane nella mani di pochi: solo 2.380mila famiglie italiane (il 10% del totale), infatti, posseggono il 44,5% della ricchezza netta complessiva, che ammonta a 3.686 miliardi di euro (su un totale di 8.284 miliardi), che vuol dire 1.547.750 euro per ogni famiglia di quel 10% più ricche. Mentre il 50% delle famiglie italiane (le più povere) che, sempre secondo Banca d'Italia, detengono appena il 9,8% della ricchezza netta complessiva, sono 11.908mila famiglie e posseggono mediamente 68.171 euro''. "Pensiamo - conclude Megale - ad un'Imposta di solidarietà sulle grandi ricchezze con cui si realizza un prelievo aggiuntivo su quel 10% delle famiglie che detiene una ricchezza complessiva mediamente 30 volte superiore alla famiglia media italiana. Imposta che dovrebbe agire sul patrimonio mobiliare e immobiliare oltre gli 800mila euro. L'hanno già fatto in passato i Paesi scandinavi e il Regno Unito. Recentemente l'ha reintrodotta anche la Francia con l'imposta di solidarieta' sulle grandi fortune". Una misura di questo tipo, si sottolinea nel rapporto, in Italia potrebbe comportare "entrate aggiuntive per oltre 6 miliardi di euro, che combinate ad una vera ed efficace lotta all'evasione (da realizzare ripristinando le norme sulla tracciabilità), all'armonizzazione della tassazione sulle rendite (20%), alla tassazione sulle transazioni finanziarie internazionali, possono far recuperare 19 miliardi di euro di gettito. Consentendo di coprire la nostra proposta di Riforma Fiscale che ha per obiettivo la riduzione delle tasse su lavoro e pensioni per 100 euro medie mensili".

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Repubblica.it, Adnkronos/Labitalia]

 

 

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01 gennaio 2010
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