La Crisi del gigante Fiat
Il minaccioso fantasma della cassa integrazione per la Fiat di Termini Imerese
Voci indiscrete parlerebbero di altre delibere di cassa integrazione direttamente da Torino, per un'altra settimana da fissare a Luglio, che interesserà tutto il personale.
Ulteriore allarme per la Sicilia sono i processi di mobilità che toccheranno in 223 dipendenti dello stabilimento che produce la Punto, dopo che nelle scorse settimane 220 contratti di formazione lavoro era stati fatti scadere.
La situazione è destinata a peggiorare.
Se l'anno scorso Termini Imerese produceva ogni giorno circa 800 vetture, oggi ne fornisce 580, quota che a seguito dei suddetti provvedimenti, sarà costretta a scendere a 480/500 auto.
L’attuale crisi automobilistica coinvolge pure un nutrito gruppo di imprese.Una decina di fabbriche medio-piccole che occupano circa 700 dipendenti e che costituiscono l'indotto dello stabilimento.
La principale è la Lear Corporation, che produce i sedili della Punto, e che occupa 200 operai, e che ha già messo in mobilità 10 lavoratori.
La Bn Sud (verniciatura dei paraurti), 96 addetti: sono scaduti 25 contratti di formazione e ne scadranno altri 25 il 2 agosto. L’azienda Imam (marmitte) che dà lavoro a 40 dipendenti. La Cp Sud (imbottitura sedile), con 20 addetti, la Universalpa (lamiere), 30 addetti, la Icm e la Cmt (lastricatura), rispettivamente di 25 e 27 addetti. Tutte imprese situate nel territorio di Termini Imerese.
Nell'area industriale del palermitano a rischiare c'è la Profim, che costruisce paraurti., e la Iposaf (cavi), a Castelvetrano (provincia di Trapani) la Cablesud, che si occupa del cablaggio.
Le aziende, ovviamente guardano con apprensione alle decisioni che si stanno prendendo al di la dell’Isola, sebbene il ministro del Welfare, Roberto Maroni, abbia annunciato che gli ammortizzatori sociali per la Fiat dovranno essere applicati anche ai lavoratori dell'indotto.
Per il leader regionale della Fiom (Federazione Italiana Operai Metalmeccanici), non sarebbe abbastanza questa manovra di difesa, a meno che non venga messo a punto un progetto di rilancio dello stabilimento di Termini che in un anno ha visto ridurre del 50 % la sua capacità produttiva.
Il rischio al quale lo stabilimento di Termini potrebbe incorrere, sarebbe che col tempo prevalga l'idea che sia più conveniente chiudere lo stabilimento,- riferisce la Fiom provinciale- l'unico grosso agglomerato industriale esistente in Sicilia oltre alla Stabilimento di Catania, nell'assoluto silenzio degli amministratori.