La crisi industriale siciliana
La nera preoccupazione dei lavoratori dello stabilimento Fiat e dell'azienda Emmegi di Termini Imerese
Termini Imerese sembra sia diventato il luogo simbolo della decadenza di certa parte dell'industria italiana.
Nella città siciliana in provincia di Palermo, infatti, sono rimasti i solchi più profondi della crisi automobilistica italiana della Fiat, e quelli del crack Parmalat, due aziende lontane dall'isola ma che in questa si sono insediate tanti anni fa, portando la tanto agognata industrializzazione con il suo carico di posti fissi.
Lo stabilimento Fiat di Termini Imerese come l'azienda Emmegi, controllata dal gruppo Parmalat, dove si produce succo d'arancia rossa poi confezionato col marchio Santal, fino a qualche anno fa facevano parte di quei segmenti aziendali chiamati strategici, dislocazioni dell'azienda madre dove, oltre ad un controllo del mercato si poteva applicare la diversificazione della produzione con buoni guadagni in termini di tempo e in termini di costi.
Le difficoltà che tutti conosciamo delle due grandi industrie simbolo dell'Italia, hanno fatto nascere impellenti esigenze che non prevedono nell'immediato la salvaguardia di due aziende lontane, che si sono trasformate in strascichi pesanti e dispendiosi, quindi se inevitabile diventa sacrificare una parte dell'azienda, il pensiero va, gioco-forza, sulle due figliole isolane.
La Parmalat, con tutte le magagne che ha, non può certo prendersi il pensiero della Emmegi che non può più lavorare per mancanza di arance (mentre gli agricoltori siciliani si disperano per la perdita dell'invenduto e le arance siciliane si spediscono in tutto il mondo), né tanto meno i vertici della Fiat posso perdere tempo prezioso, pensando a come impiegare lo stabilimento siciliano e tutte le fabbriche dell'indotto, mentre gli affari della holding prospettano fioriture niente male.
Insomma, dopo i terribili schianti c'è bisogno di ripresa, e se ciò vuol dire recidere i rami troppo distanti, pazienza è così che va il mondo...
Fatalismo non condiviso dai lavoratori termitani, chi si ritrovano involontariamente ad essere simbolo della crisi dell'industria italiana.
Alla Emmegi gli operai hanno annunciato nuovi presidi in fabbrica dopo la riunione di ieri in Assindustria tra i dirigenti della Emmegi e i sindacati. L'azienda ha proposto il ricorso alla cassa integrazione straordinaria, 12 mesi a partire dal 7 marzo quando i lavoratori sarebbero dovuti rientrare in fabbrica a conclusione della cassa integrazione ordinaria, ancora in corso.
''Significherebbe - ha spiegato il segretario della Flai di Palermo, Vito Ciulla, - la chiusura definitiva dello stabilimento''.
Dopo le riunioni dei giorni scorsi che avevano consentito l'utilizzo di parte del succo d'arancia congelato nelle celle frigorifere, i sindacati si aspettavano dall'azienda un piano di rientro dei lavoratori e di rilancio dell'attività. ''Invece - ha detto Ciulla - l'azienda ci ha prospettato la Cig straordinaria, 12 mesi di stop più ulteriori 12 mesi''.
Gli 82 lavoratori sono in cassa integrazione ordinaria e la produzione è ormai ferma da quasi un anno, mentre il commissario della Parmalat, Enrico Bondi, nei giorni scorsi aveva ufficializzato che la campagna agroindustriale 2005, prevista a gennaio, non sarebbe partita a causa della scarsa quantità di arance che i produttori erano disposti a conferire.
Un sit-in dei lavoratori stamane ha impedito l'uscita dallo stabilimento di Termini Imerese dei tir che trasportano i succhi concentrati rimasti nelle celle frigorifero, mentre lunedì pomeriggio, i lavoratori si riuniranno in assemblea per stabilire le azioni da intraprendere.
''Siamo preoccupati - ha spiegato Renato Aiello della Flai Cgil - perché temiamo che, soprattutto dopo il nuovo caso Fiat, si stiano spegnendo i riflettori sulla vertenza della Emmegi e perché l'azienda non ha ancora presentato un piano di rilancio per lo stabilimento di Termini''.
Già, il nuovo caso Fiat che obnubila i problemi dei lavoratori della Emmegi. Ecco cosa è diventata Termini Imerese, una città dove la preoccupazione nera di alcuni lavoratori rischia di essere accantonata dalla preoccupazione nera di altri lavoratori. Una gara al chi è il più tapino.
Per tre giorni, i 45 dipendenti della Iposas di Vicari (Palermo), azienda che produce componenti in lamiera per la Punto assemblata nello stabilimento Fiat di Termini Imerese, hanno bloccato il traffico sulla strada statale Palermo-Agrigento. Il loro timore è che con il passaggio alla produzione della nuova Ypsilon a Termini, la commessa con Fiat potrebbe non essere rinnovata.
Oggi i lavoratori dell'Iposas saranno a Palermo per un sit-in davanti alla prefettura e un incontro con il prefetto Giosuè Marino.
Lunedì scorso si sono fermati tutti e tre gli stabilimenti Fiat per cassa integrazione, quello di Mirafiori, di Termini Imerese e di Cassino.
La fabbrica torinese riaprirà lunedì prossimo, mentre per le altre due lo stop è di quindici giorni. Per gli operai di Termini Imrese si tratta solo di un assaggio di quello che accadrà poco più avanti, probabilmente dal 21 marzo, quando l'azienda farà scattare un lungo periodo di Cig, ben 5 mesi. Una decisione che negli ultimi giorni ha scatenato la rivolta non solo delle 1.400 tute blu della fabbrica che assembla le Punto restyling, ma anche dei circa 700 operai dell'indotto, travolti dai fatti.
La Fiom Cgil ha organizzato per domani, venerdì 25 febbraio, una manifestazione a Termini Imerese per fare il punto sul futuro dello stabilimento Fiat siciliano. ''La manifestazione - annunciano gli organizzatori -, alla luce della drammatica situazione della Emmegi-Parmalat, non verterà solo sulla Fiat e le problematiche delle aziende dell'indotto, ma verrano prese in considerazione tutte le crisi industriali che sta attraversando il termitano''.
E intanto, scoppia un'altra vertenza: la cassa integrazione è partita anche alla Clerprem, azienda che produce imbottiture in poliuretano espanso per i sedili della Punto. I 15 dipendenti si sono riuniti in assemblea e annunciano dure iniziative di protesta.