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La dannazione di Faust secondo Terry Gilliam

Al Teatro Massimo di Palermo la prima del Faust di Hector Berlioz messo in scena dell'ex Monty Pyton

23 gennaio 2012

Dannazione! Gilliam e il Faust palermitano
di Cristiana Raffa (Artribune.com, 21 gennaio 2012)

Non si stupiranno gli spettatori che avranno la fortuna di occupare una poltrona al Teatro Massimo di Palermo, vedendo il dottor Faust e Mefistofele entrare negli inferi a bordo di un sidecar. Non ci si potrebbe aspettare altro da una Damnation de Faust messa in scena da Terry Gilliam, a Palermo fino al 29 gennaio.
Un'opera lirica che a Londra ha registrato il tutto esaurito a ogni replica, il maggior successo teatrale degli ultimi due anni. "Avevo già avuto proposte per dirigere opere in teatro, ma ho sempre rifiutato. Vedevo le parti musicali come un ostacolo alla narrazione", spiega Gilliam spolverandosi via lo zucchero delle frappe dalla barba, in una stanza del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma. "Quando ascoltai il 'Faust' di Berlioz per la prima volta non capivo come avrei potuto mantenere un filo con tutte quelle interruzioni. Poi sono entrato mentalmente nel mondo della rappresentazione scenica dal vivo e le idee sono arrivate a cascata una dietro l'altra".
Così ha iniziato a buttare giù bozzetti che i suoi collaboratori giurano essere incredibilmente identici al risultato finale, e questo perché il regista di capolavori come Brazil e L'esercito delle dodici scimmie, al contrario del suo fare vaporoso, ha le idee perfettamente chiare nel progettare ogni più piccolo dettaglio dei suoi copioni.

L'aggettivo "visionario" quando si racconta il talento di Gilliam è abusato, probabilmente perché si tratta del modo più efficace per descrivere la sua arte. "Sono i folletti a mettermi le idee nelle scarpe mentre dormo", dice per spiegare il suo approccio alla creatività, un'ossessione, un tarlo mentale, da cui non riesce a liberarsi finché non si concretizza in un'opera fantasmagorica.
La grande intuizione nel pensare un suo Faust è stata nel raccontare, parallelamente alla storia del dottore che vende l'anima al diavolo per concedersi tutto il piacere e la conoscenza del mondo, la vicenda di una ragazza ebrea che si finge ariana per sfuggire all'inferno dei lager. Partendo dal tardo romanticismo e culminando con la più grande ferita politica e sociale della storia del Novecento, Gilliam costruisce un'estetica che evolve dall'espressionismo più spinto fino a culminare con la durezza e il minimalismo delle rune celtiche. "Nella scena della notte dei cristalli, uno degli episodi più bui della storia dell’umanità, quando i soldati nazisti uccisero e deportarono migliaia di ebrei compiendo atti di terrore, c’è una musica così buffa e allegra che ne aumenta in qualche modo la tragicità. Questo crea una dissonanza cognitiva nello spettatore che si sente ancor più scioccato. E poi io, quando sono nel dubbio, scelgo sempre l’ironia per raccontare qualunque cosa".

Il coro subisce una piccola rivoluzione: non solo esce dall'immobilità, ma assume un dinamismo esteticamente sensazionale, come quando imita movimenti ginnici degli atleti alle Olimpiadi di Berlino del '36, omaggio a Leni Riefenstahl. E sembra veramente più entusiasta che stanco quando racconta delle numerose difficoltà incontrate, a partire dalla prima scena: "Entra Faust portando sulla schiena una enorme scatola che si apre e diventa parte della scenografia, una grande lavagna, un meccanismo pesante e complesso che fino alla sera prima della prima a Londra non sapevamo se saremmo riusciti a far funzionare. E questa è la cosa davvero emozionante del teatro, quella che lo rende completamente diverso dal cinema: l'imprevisto, l'incertezza del risultato".

Una magia fatta di dettagli, presenza scenica degli attori e del pubblico, dove per fare un primo piano si possono usare solo le luci. Un qui e ora che rende effimero, secondo Gilliam, ogni tentativo di riprodurla in video come "l'orribile tentativo fatto la BBC che ha ripreso tutta l'opera per la televisione".
Una rappresentazione senza sosta, senza lasciar respirare il pubblico e gli attori ("che devono cambiarsi in un lampo nei camerini") con la direzione d’orchestra del maestro Roberto Abbado, anche lui per la prima volta di fronte alla partitura di Berlioz.
E su quando tornerà al cinema Terry Gilliam non si sbilancia: "Per i film che voglio fare io pare non ci sia posto a Hollywood, vogliono produzioni low budget sotto i 10 milioni di dollari, o super kolossal sopra i 100 milioni. Per progetti complessi che stiano nel mezzo non c'è spazio. E poi si sa, il mio prossimo film è sempre 'Don Chisciotte', e lo sarà finché non mi sarò liberato anche da quella ossessione realizzandola".

 

 

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23 gennaio 2012
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