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La Dda di Palermo chiede il 41-bis per i figli del boss Vitale

Dall'inchiesta che ha azzerato la cosca di Partinico è emerso che gli ordini e le direttive arrivavano dal carcere

02 dicembre 2010

La Dda di Palermo, che ha coordinato l'inchiesta dei carabinieri, denominata 'The End', che l'altro ieri ha portato all'arresto di 23 tra boss e loro affiliati di Partinico (LEGGI), chiederà al Ministero della Giustizia l'applicazione del carcere duro per Leonardo e Giovanni Vitale, giovanissimi figli del capomafia detenuto Vito che, secondo gli inquirenti, avrebbero assunto la guida del mandamento.
Leonardo, 24 anni, al momento del blitz era già detenuto. Giovanni, 28 anni, è già a due condanne definitive per associazione mafiosa, era stato scarcerato a marzo per espiazione pena ed è tornato in cella martedì.
Leonardo, insieme ad altri tre presunti esponenti della cosca, interrogato ieri dal gip, si è avvalso, come gli altri indagati, della facoltà di non rispondere. Gli altri arrestati verranno sentiti nei prossimi giorni. L'indagine, che ha disarticolato la cosca dei Vitale, ha messo in luce 8 episodi di estorsioni nei confronti di 4 imprenditori della zona in alcuni casi costretti a rifornirsi di cemento da ditte vicine al clan, in altri, soggetti alla tradizionale "tassa" imposta da cosa nostra.

Dall'inchiesta 'The End' è emersa l'ennesima prova delle tante "falle" del carcere duro, infatti, la gestione degli affari e quindi le indicazioni a Leonardo Vitale arrivavano dal padre, il boss Vito Vitale detenuto al 41 bis, durante i colloqui con i familiari. "Dai colloqui in carcere del 4 aprile 2009 in tutta evidenza - si legge nella misura cautelare disposta dal gip Petrucci su richiesta della dda di Palermo - emerge che le decisioni più rilevanti in merito alla gestione del mandamento mafioso di Partinico erano comunicate e condivise, ancora una volta, nonostante la sottoposizione allo speciale regime detentivo di cui all'art. 41 bis, con gli storici capi-mafia, ben lieti di valorizzare il ruolo di un membro della famiglia come Leonardo Vitale, sebbene molto giovane ed inesperto, nell'intenzione di riaffermare la propria supremazia, dopo il periodo di supervisione di Domenico Raccuglia".
Per non farsi capire, poi, padre e figlio usavano, come già emerso in altre indagini, un linguaggio cifrato in base al quale Cosa nostra era la "campagna" e gli affiliati "gli animali".

[Informazioni tratte da ANSA]

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02 dicembre 2010
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