La desertificazione
L'allarme degli studiosi all'Expo: in Sicilia le aree a rischio sono addirittura il 70%
"Il rischio desertificazione in Italia è molto grosso". A causa del degrado del suolo per l’eccessivo sfruttamento il 21 per cento del territorio nazionale è in pericolo. I numeri salgono ad una media del 41 per cento al sud: in Sicilia le aree affette, cioè che potrebbero essere interessate da desertificazione, sono addirittura il 70%, in Puglia il 57%, nel Molise il 58, in Basilicata il 55, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%.
A fornire questo allarmante quadro della situazione è il molisano Mauro Centritto, direttore dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree, anticipando all’Ansa alcune delle questioni che tratterà mercoledì prossimo 26 agosto all’Expo, dove è in programma un convegno scientifico sulla desertificazione organizzato dal Cnr.
"Le immagini dicono tutto - spiega - e una della Nasa mostra tutta la superficie terrestre dove si vedono le aree verdi, che sono quelle coperte dalle foreste e dall’agricoltura, e le aree marroni, che sono quelle desertiche e soggette al degrado. Se guardiamo l’Italia ci sono delle grandi strisce di aree marroni. Dunque questa, considerato che sulla terra siamo arrivati a 7 miliardi di persone e che le previsioni dicono che entro il 2050 arriveremo a 10 miliardi, è una delle tematiche più scottanti, che dovremo affrontare nel prossimo futuro e all’Expo lo faremo con la comunità scientifica di riferimento".
Centritto poi sottolinea: "Non bisogna assolutamente confondere il processo di desertificazione con i deserti: sono due cose differenti. La desertificazione infatti, così come la definisce l’Onu, è il degrado del suolo, del terreno e della vegetazione causato dell’attività dell’uomo e dai cambiamenti climatici". "Questi processi di degrado del suolo, che sono problemi tutt’altro che lontani hanno dei riflessi molto forti anche sulla sicurezza alimentare. L’aumento della popolazione - ha aggiunto Centritto - soprattutto nei paesi in via di sviluppo, quelli più poveri, dove il ritmo di crescita della popolazione è superiore, hanno pressioni sull’ambiente molto forti perché devono produrre di più. L’aumento di pressione fa sì che i terreni progressivamente cessino la loro attività e quindi c’è la necessità di convertire foreste in campi coltivati e si entra così in un circolo vizioso che porta al degrado. Tutto ciò si pone poi in un contesto delicato di cambiamenti climatici".
Alla conferenza in programma questa settimana all’Expo sono stati invitati anche esponenti degli ordini professionali degli agronomi e dei geologi. [Corriere del Mezzogiorno]