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La diabolica tenacia delle mafie

Dalla Relazione annuale della Direzione nazionale antimafia: "Occorrono strumenti nuovi per tenere testa alle organizzazione criminali"

10 marzo 2011

Ieri la Direzione nazionale antimafia ha presentato la 'Relazione annuale sulle attività svolte dal procuratore nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo 1 luglio 2009-30 giugno 2010'. Sotto la lente della Dna gli affari e gli intrecci delle varie organizzazioni criminali italiane.

Parlando di Cosa nostra la Dna ha potuto constatare che dopo la cattura di Bernardo Provenzano, la mafia siciliana sta attualmente attraversando un momento di "crisi", ma la sua struttura è tale da consentirle di sopravvivere e riorganizzarsi nonostante i colpi inferti dallo Stato. "Dalla cattura di Provenzano in poi, Cosa nostra, superata la fase caratterizzata dalla strategia della 'sommersione', vive una fase di transizione non soltanto sotto il profilo della scelta di una nuova leadership, ma anche della ricerca di nuovi schemi organizzativi e di nuove strategie operative", si legge nel documento, in cui si sottolineano i numerosi colpi investigativi messi a segno anche nell'ultimo anno. Tuttavia, "gli indiscutibili successi conseguiti nei confronti di Cosa nostra non devono indurre in errore facendo ritenere che la cattura di esponenti mafiosi di spicco e di numerosi altri associati possa da sola disarticolare in maniera definitiva l'organizzazione. La forza di Cosa nostra sta indubbiamente nei suoi capi, la cui cattura le causa un danno rilevantissimo, ma la mafia è comunque in grado di sopravvivere proprio a causa della sua struttura", essendo dotata "di una sorta di costituzione formale e di una costituzione materiale, al pari dello Stato, come lo Stato". "In alcuni momenti storici ha contato di più la sua costituzione materiale, nel senso che il governo dell'organizzazione è stato retto secondo le scelte dei capi ed a prescindere dal rispetto delle regole. Nel momento in cui l'azione investigativa dello Stato ha portato alla cattura di tali capi, se la cosiddetta costituzione materiale dell'organizzazione è andata in crisi, la costituzione formale ha ripreso importanza e tuttora consente alla struttura di sopravvivere".


Ed è proprio "facendo ricorso al suo patrimonio 'costituzionale'" e dunque "alle vecchie e mai abrogate regole di vita" che Cosa nostra, osserva la Dna, riesce ad "affrontare e, purtroppo spesso, a superare momenti di crisi quale quello che indubbiamente sta ora attraversando".
In altri termini, "le fonti della memoria, gli anziani, custodiscono le regole e le regole, che servono a far funzionare l'organizzazione, vengono costantemente portate a conoscenze dei più giovani. Sulla scorta di questo meccanismo si può valutare la capacità di Cosa nostra di ristrutturarsi e di riorganizzarsi, mantenendo intatte la sua vitalità e la sua estrema pericolosità ed in tal senso non ci si può illudere sul fatto che lo Stato, approfittando della sua momentanea debolezza, possa più agevolmente e definitivamente sconfiggerla".

Anche attraverso i latitanti Cosa nostra "continua ad imporre le strategie generali, anche se l'esito positivo dell'attività repressiva le ha creato una situazione di grave difficoltà. Ciò non significa però che non riesca a mantenere il controllo sulle attività economiche, sociali e politiche nel territorio, continuando a utilizzare le vaste reti di fiancheggiatori, il sistema dell'estorsione, l'inserimento nel settore dei pubblici appalti, e più recentemente nei settori della grande distribuzione alimentare, dei mercati ortofrutticoli e in quello delle sale da gioco lecito".
Dalle macchinette mangiasoldi fino alle sale bingo, dalle corse con i cavalli dopati alle nuove tecnologie degli skill games, ovvero il poker on line, la crminalità organizzata sembra aver trovato un'ulteriore campo d'azione, facendo particolare attenzione alle normative finalizzate a rendere competitivo il settore del gioco lecito sottraendo così risorse al gioco illegale.
È decisamente lungo l'elenco dei settori del comparto giochi in cui più agevolmente si sono verificate infiltrazioni della criminalità mafiosa. Un settore che nel 2010 ha raggiunto la raccolta record di 61,4 miliardi di lire, pari a 4 punti del Pil. E che già a gennaio 2011 ha avuto un incremento del 13,5%.
Il sistema, denunciato dalla Dna, è semplice: utilizzare i canali di gioco legali per "ripulire" i proventi delle attività criminali. Si parte, racconta la relazione annuale, dalla gestione e alterazione delle "macchinette", le new slot che da sole rappresentano oltre il 50% della raccolta totale, "imposte dai clan a tutti gli esercizi commerciali collocati nella zona di competenza, e alterati al fine di diminuire la tassazione ed aumentare i guadagni del clan". Ma "per riciclare capitali e commettere frodi informatiche" non si esita acquisire le sale Bingo che in Italia non hanno avuto particolare successo.
Ma accanto a settori più o meno tradizionali del gioco clandestino, la criminalità organizzata è entrata nella "gestione delle scommesse clandestine per via telematica, esercitata attraverso bookmaker stranieri privi di ogni autorizzazione da parte dei Monopoli e in assenza di ogni forma di imposizione fiscale".
Settore storico del gioco è l'ippica, da anni però in crisi: la Dna segnala "alterazione delle corse dei cavalli attraverso atteggiamenti minatori verso i fantini o il doping sugli animali".
Una novità, per altro già segnalata dagli addetti ai lavori sono le "false vincite in concorsi e lotterie": si realizzano "acquistando il biglietto vincente dall'effettivo titolare allo scopo di ripulire il denaro proveniente da reato". Infine la Dna segnala i tentativi di "gestione delle case da gioco" o la "concessione di prestiti a tassi usurari o il ricorso a giocate fittizie sempre allo scopo di ripulire il denaro".

Quindi, "non ci si può illudere - si legge ancora nel documento -sul fatto che lo Stato, approfittando della sua momentanea debolezza, possa più agevolmente e definitivamente sconfiggerla. Deve invece continuare a giungere agli organi deputati al contrasto di Cosa nostra un flusso costante di nuovi, più affinati e sempre più efficaci, strumenti normativi e di risorse anche economiche per tenere testa all'organizzazione criminale; che, com'è noto, ha una spiccata abilità nel mettere in campo sofisticate tecniche di resistenza per fronteggiare l'azione repressiva dell'autorità giudiziaria".

L'organizzazione più potente: la 'ndrangheta - La 'ndrangheta "ha caratteristiche di organizzazione mafiosa presente su tutto il territorio nazionale, globalizzata ed estremamente potente sul piano economico e militare tanto da potere essere definita presenza istituzionale strutturale nella società calabrese, interlocutore indefettibile di ogni potere politico ed amministrativo, partner necessario di ogni impresa nazionale o multinazionale che abbia ottenuto l'aggiudicazione di lavori pubblici sul territorio regionale". Questo ha sottolineato la Direzione nazionale antimafia, nella sua 'Relazione annuale'.
"Secondo il Fondo monetario internazionale - si legge nel rapporto - ammonterebbe a 118 miliardi di euro il riciclaggio complessivo riferibile alle 'mafie', mentre il denaro 'pulito', al netto del riciclaggio è stimato attorno ai 90 miliardi l'anno di cui 44 sarebbero di spettanza della 'ndrangheta, la più potente e ricca delle organizzazioni criminali italiane".
Inoltre, si legge nella relazione, la 'ndrangheta può contare su "molteplici proiezioni oltre il territorio calabrese, di cui la più importante è la Lombardia, secondo il modello della 'colonizzazione'". "Dal territorio calabrese, la 'ndrangheta si è da tempo proiettata verso i mercati del Centro-Nord Italia, verso l'Europa, il Nord America, il Canada, l'Australia. L'infiltrazione e la penetrazione di questi mercati - si legge nel rapporto - ha comportato la stabilizzazione della presenza di strutture 'ndranghetiste in continuo contatto ed in rapporto di sostanziale dipendenza con la casa madre reggina. Le numerose indagini concluse e quelle in corso confermano, vieppiù, il ruolo della 'ndrangheta quale leader europeo nel traffico di cocaina e conclamano l'esistenza di comprovati rapporti negoziali illeciti con potenti organizzazioni straniere spagnole, africane, sudamericane e statunitensi. Le proiezioni all'estero della 'ndrangheta sono riscontrabili in Germania, Svizzera, Olanda, Francia, Belgio, Penisola Iberica, Canada e Australia".
Nella relazione della Dna si pone l'accento anche sul rischio dell'infiltrazione della mafia nella pubblica amministrazione. Nel periodo luglio 2009-giugno 2010 "emerge in modo costante e preoccupante, soprattutto nel Centro-Nord del Paese, la presenza sempre più gravemente pervasiva di soggetti collegati alle organizzazioni criminali, soprattutto di matrice 'ndranghetistica". Una situazione che viene definita "particolarmente temibile". Infatti, spiega la Dna, "c'è il rischio che si crei una schiera di 'invisibili' che, germinata dalle cellule silenti delle mafie al Centro-Nord, penetri in modo silente ma insidioso il tessuto politico, istituzionale ed economico delle regioni oggetto dell'espansione mafiosa". E non si ritiene sia una caso se, come si ricorda, "l'Unione Europea e la comunità internazionale convergono verso l'attribuzione di un medesimo coefficiente d'allarme per i delitti di corruzione e quelli di criminalità organizzata, a riprova di un coacervo illecito che andrebbe congiuntamente esplorato, con i medesimi mezzi probatori e le stesse tecniche investigative", come "le intercettazioni telefoniche e ambientali". In Italia, al contrario, "lo scarno testo legislativo con cui si è proceduto alla ratifica ed all'esecuzione della Convenzione di Merida nell'ordinamento giuridico italiano sottolinea come si sia mancata l'occasione per una complessiva riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione, soprattutto attraverso una adeguata riscrittura delle disposizioni in materia di corruzione e concussione".

La scissione interna della Camorra - "La tradizionale solidità delle organizzazioni camorristiche" subisce "un continuo fenomeno di scissione all'interno" che viene "alimentato dall'indebolimento delle tradizionali leadership, oggi forse meno in grado di svolgere una funzione aggregante in seno agli organismi criminali". E' questa invece la 'foto' sulla camorra scattata dalla Dna. Questo andamento frazionato dei clan camorristici, tradizionalmente tipico dell'organizzazione criminale napoletana e campana, comunque 'orizzontale' rispetto ad esempio al verticismo rappresentato dalla 'cupola' di Cosa nostra a Palermo e in altre province della Sicilia, "si ricava - spiega la Dna - non solo dal verificarsi di episodi cruenti, la cui interpretazione va evidentemente ricondotta al disgregarsi di gruppi un tempo coesi; ma viene riferito pure da numerosi collaboratori di giustizia".
La Direzione nazionale antimafia rileva anche "un accentuato pluralismo dei luoghi decisionali, ormai sempre più lontani da rigide strutture verticistiche; e una versatilità nelle forme di accaparramento di risorse economiche e nelle modalità di infiltrazione nei pubblici apparati". Elementi che, si sottolinea nella relazione annuale della Dna, "costituiscono connotati costanti di tutte le forme di aggregazione criminale di tipo camorristico".

L'acquisita "indipendenza" della criminalità dell'Est - I fenomeni criminali "riconducibili all'azione di cittadini di Paesi dell'area balcanica, in forma individuale o associata, risultano oggettivamente aver assunto un peso rilevante nell'ambito della delittuosità nazionale. Se in una fase iniziale, propria degli anni scorsi, i gruppi criminali balcanici concentravano i loro sforzi soprattutto nel tentativo di penetrazione nelle dinamiche delinquenziali nostrane, ricercando spazi e settori nei quali specializzarsi, ora può dirsi compiuto un vero e proprio processo di insediamento, con molteplici gradi di invasività, nell'ambito del mondo criminale del nostro Paese", sottoliena infine la relazione. "Anche il dato della localizzazione territoriale - viene rilevato - evidenzia che, a fronte della precedente situazione 'a macchia di leopardo', in cui alcune aree del nostro Paese presentavano una più marcata presenza di infiltrazioni criminali di cittadini di origini balcaniche, oggi la criminalità della menzionata matrice etnica risulta significativamente attiva su tutto il territorio nazionale".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it, Corriere.it]

 

 

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10 marzo 2011
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