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La difesa di Messineo

Il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo ha risposto alle accuse di gestione debole della Procura di Palermo

13 luglio 2013

Si è difeso, sostenendo di gestire al meglio l'ufficio che dirige, il procuratore di Palermo Francesco Messineo, giovedì davanti alla Prima Commissione del Consiglio superiore della magistratura, che gli ha aperto la procedura di trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale.
Due ore e mezza di audizione in cui ha rivendicato la correttezza del proprio operato, ma che non sono bastate. Il procuratore tornerà a essere ascoltato lunedì prossimo.

Nessun condizionamento subìto da parte dell'ex procuratore aggiunto Antonio Ingroia; nessuna colpa nella mancata cattura del boss Matteo Messina Denaro; una gestione della procura efficace e ottimale, accompagnata da comportamenti personali assolutamente corretti.
Il procuratore Messineo si è difeso a spada tratta, assistito dal Pg di Torino, Marcello Maddalena, nelle vesti insolite di "difensore", dall'accusa lanciatagli dal Csm: una conduzione troppo debole della procura, sottoposta a influenze e senza un vero coordinamento; con la conseguente impossibilità per lui, per le situazioni e i rapporti che si sono determinati in procura, di "continuare a esercitare con piena indipendenza e imparzialità" le sue funzioni di capo dell'ufficio.
Contestazioni che sono il frutto di quanto hanno dichiarato al Csm alcuni suoi aggiunti e sostituti, convocati nei mesi scorsi a Palazzo dei marescialli dopo la notizia che Messineo era indagato dalla procura di Caltanissetta per rivelazione di segreto d'ufficio, inchiesta che è stata poi archiviata. Sono stati soprattutto gli aggiunti Teresa Principato e Leonardo Agueci a parlare al Csm del sospetto diffuso in Procura che il capo dell'ufficio avesse perso "piena libertà e indipendenza" nei confronti di Ingroia.

Un sospetto infondato, ha sostenuto Messineo, che non solo ha negato di essere mai stato influenzato nelle sue scelte dal pm che ha condotto le indagini sulla trattativa Stato-mafia, ma ha anche detto di non aver dato deleghe in bianco a nessuno, interessandosi in prima persona alle indagini. Nessuna mano morbida con l'allora suo aggiunto nemmeno per le sue esternazioni pubbliche: Messineo ha riferito di aver sempre raccomandato cautela a Ingroia, sia pure con scarso seguito. E ha sottolineato di essere stato solo danneggiato dalla scelta di questi di tenere nel cassetto per cinque mesi, intercettazioni che lo riguardavano e che portarono poi la procura di Caltanissetta a indagarlo.

Il capo dei pm di Palermo è stato anche drastico nell'escludere sue responsabilità nella mancata cattura di Messina Denaro, per un difetto di coordinamento delle indagini: non c'erano elementi sicuri per la cattura del boss, quando la procura di Palermo arrestò nell'ambito di un'operazione contro le cosche dell'agrigentino Leo Sutera, l'uomo che avrebbe dovuto portare sulle tracce del superlatitante e che in quel momento era importante assicurare alla giustizia per la sua pericolosità.
Ha pure negato con decisione di aver mai chiesto al pm del suo ufficio che indagava su Banca Nuova di soprassedere all'iscrizione nel registro degli indagati del suo amico, allora direttore dell'istituto di credito, Francesco Maiolini. Ed è pure stato fermo nell'escludere di non aver fatto sempre un uso coerente dello strumento dell'astensione nelle inchieste che hanno coinvolto suo cognato e suo fratello.
Infine, a dimostrazione di aver favorito la circolazione delle informazioni all'interno della procura (all'opposto di quanto sostenuto da alcuni suoi pm) ha consegnato alla Commissione i verbali delle riunioni con i suoi aggiunti e sostituti.

Lunedì 15 l'audizione riprenderà: "Risponderò alle domande dei consiglieri e fornirò ulteriori chiarimenti", ha assicurato Messineo. Ottimista Maddalena: "L'audizione è stata proficua, il grosso è già stato chiarito".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno]

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13 luglio 2013
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