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La ''discarica umana'' di Cassibile

Ecco come vivono i nuovi schiavi in Sicilia, in una bidonville nella periferia di Siracusa

06 giugno 2006

''E' meglio ed è buono pensare che si sia trattato di una fatalità''. Don Carlo D'Antoni, parroco di Siracusa, si è espresso amaramente così riferendosi all'incendio che domenica scorsa è scoppiato alla periferia di Cassibile, piccola frazione di Siracusa, nell'accampamento in cui vivono circa 350 immigrati che, tra regolari e irregolari, da aprile a giugno, vengono impiegati nella raccolta delle patate per 30 euro al giorno. Una bidonville fatta di povertà e stenti, andata a fuoco forse per cause accidentali, forse.
Don Carlo da tempo denuncia lo stato di abbandono e di miseria in cui vivono gli extracomunitari a Cassibile, e dalla apprensione nei confronti di questi suoi ''fratelli'' spera che le fiamme siano state appiccate da una tragica fatalità.
''È finita la raccolta delle patate ed è scoppiato l'incendio. Quando si dice il fato...''. Padre Carlo, mentre ancora il fumo si levava dalle baracche incenerite, ha tentato di dare conforto a quelle persone disperate di non avere più un luogo per dormire. Intanto un uomo si dispera perché le fiamme hanno distrutto non solo le sue poche cose ma anche 400 euro, i suoi risparmi.
Padre Carlo una settimana fa, dopo aver constatato la totale indifferenza delle istituzioni pubbliche, ha deciso di trasferirsi nella bidonville di Cassibile per assistere gli immigrati. Ha piantato una tenda che gli è stata rubata dopo poche ore. Non si è perso d'animo. È stato ospitato dall'Associazione Medici senza Frontiere che da un mese è presente ai margini del boschetto con una tenda-ambulatorio.

Purtroppo, gli ''indizi circostanziali'' rilevati dai carabinieri e dai vigili del fuoco, parlano di dolo piuttosto che di casualità, e il sospetto che ci sia una relazione tra la fine del periodo del raccolto delle patate e il rogo attanaglia inquietante.
L'indizio più evidente lo fornisce un carabiniere in borghese che ha una discussione con Ahmadi Aloui Said, un algerino di 24 anni, che parla perfettamente l'italiano e si lamenta per una serie di arresti delle ultime settimane. ''Gli arrestati - risponde il carabiniere ai giornalisti - avevano fatto furti o erano rimasti coinvolti in risse''. Poi, rivolgendosi al giovane algerino e a un gruppetto di nordafricani dice: ''Voi siete tutti irregolari e nessuno vi ha mai toccato''.
Il fatto è che a Cassibile vige una sorta di legislazione speciale, e questo non da oggi ma da almeno una decina di anni, quando proprio in questo boschetto si formò il primo embrione del ghetto dei ''patatari nivuri'', degli immigrati raccoglitori di patate.
Da dieci e passa anni, gli immigrati all'alba raggiungono il centro di Cassibile e si schierano in attesa dei ''caporali'', quasi tutti marocchini, i quali, dopo aver scelto i braccianti, li fanno salire sulle loro macchine e li portano sul luogo di lavoro. La giornata di lavoro comincia alle 7, alle 11 c'è la pausa pranzo, poi si ricomincia, fino alle 3. Il ''contratto di lavoro'' è noto a tutti: 50 euro, 15 dei quali finiscono nelle tasche del ''caporale''; 5 euro l'ora per lo straordinario. A fine giornata, gli immigrati tornano al ghetto.

Grazie a Medici Senza Frontiere, da circa un mese nella bidonville esistono latrine e docce. La fonte principale di approvvigionamento dell'acqua continua però a essere quella pubblica, in paese. E' là che gli immigrati si lavano, riempiono i loro bidoni e fanno avvertire la loro presenza. E' attorno alla fontana che spesso nascono discussioni. E' una situazione che anno dopo anno ha spostano sempre più in la il limite della convivenza pacifica, e così a Cassibile, dove da anni vive una comunità di nordafricani residenti perfettamente integrata, ha cominciato a crescere un disagio che è ormai al confine con l'intolleranza razziale.

Nella ''discarica umana'' di Cassibile ieri sera è arrivato anche padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, noto in tutto il mondo per i suoi interventi umanitari in una zona del mondo che ricorda molto questa: la bidonville di Nairobi, in Kenia.
Ebbene, la bidonville siracusana è riuscita a sorprendere persino padre Zanotelli. ''Mi vergogno di essere cristiano e di essere italiano'', ha detto il missionario comboniano dopo aver visitato il boschetto di olivi, mandorli e carrubi che tutti gli anni diventa il rifugio per centinaia di ''schiavi''. Padre Alex è stato accompagnato da don Carlo D'Antoni e da Guilhem Molinie, coordinatore per la Sicilia di Medici senza frontiere.
Prima di tutto, ha sostato davanti alla tenda-ambulatorio, ed è qui che il termine ''schiavi'' acquista una ''conferma diagnostica'': il 20-30% delle persone del campo sono colpite da lombosciatalgia. Questa patologia è causata dal fatto che i raccoglitori di patate devono stare con le gambe dritte o appena piegate, la schiena curva, e soprattutto devono lavorare utilizzando sempre entrambe le mani. Chi si accoscia viene severamente redarguito. Rischia di perdere il posto. Così per otto ore, quando va bene, ma a volte dieci e anche dodici, se c'è da fare lo straordinario.
''Rispetto alle bidonville africane - spiega padre Zanotelli a conclusione di un breve colloquio con due ragazzi marocchini che si riposano su un vecchio materasso sistemato all'esterno di una baracca realizzata con un telo di plastica e alcuni pezzi di lamiera - c'è una differenza. Là le persone sono più accatastate. Qua hanno più spazio''. L'altra differenza è che dovremmo essere in Italia. Il missionario ce l'ha ben presente. Ogni suo colloquio si conclude con lo stesso breve discorso: ''Ragazzi, siete in una condizione vergognosa. Ma contiamo su questo nuovo governo perché spazzi via una legge disumana e immorale come la Bossi-Fini. Faremo tutte le pressioni possibili perché ciò avvenga''.

A parte il mal di schiena, le altre patologie del campo sono ambientali: disturbi gastrointestinali, malattie dermatologiche causate dalla scarsa igiene, scabbia. L'acqua è a un chilometro di distanza, nella fontana del paese. ''Abbiamo sistemato quindici docce e altrettanti servizi igienici - spiega Molinie - Siamo rimasti dentro gli standard minimi previsti dall'Onu''. Si riferisce ai campi per rifugiati del Terzo Mondo. ''Ma non si può trovare acqua, scavare un pozzo?'', domanda il missionario. È il suo unico momento di distrazione. Siamo in Italia e questo è un terreno privato. Impossibile realizzare opere permanenti. La stessa tenda-ambulatorio di Medici senza frontiere è stata denunciata dal proprietario del boschetto per l'occupazione abusiva del suolo.

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Secondo dati raccolti dalla Rete antirazzista siciliana, a Cassibile ci sono state due operazioni di polizia consecutive per individuare i clandestini. Una il 31 maggio, l'altra il primo giugno. Sono state identificati oltre duecento degli ospiti della bidonville. C'è chi fa notare che queste operazioni avvengono nella fase finale della raccolta delle patate, quando la domanda di manodopera diminuisce. E comunque non colpiscono mai i ''caporali''.

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06 giugno 2006
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