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La disobbedienza è civile

Il Teatro Coppola occupato di Catania, il Teatro dei Cittadini, rischia lo sgombero: "Noi non innalziamo barricate. Apriamo porte chiuse dalle regole"

22 gennaio 2014

"Siamo lavoratrici e lavoratori siciliani della cultura e dello spettacolo: artisti, maestranze, operatori. Una forza sociale a lungo disgregata e invisibile. Siamo da sempre costretti alla fuga, a rincorrere nell'emigrazione o nell'accomodamento il senso di un percorso di studi, preparazione e passione; le prime vittime di una politica che non riconosce il lavoro culturale come risorsa economica e civile e continua a privare la nostra terra dei suoi innumerevoli talenti. Oggi vogliamo essere una forza unitaria, determinata a tramutare le nostre professionalità in bene materiale da mettere a disposizione della comunità"

Si presentavano così le persone che due anni fa occupavano, ripulivano e ridavano alla comunità il Teatro Coppola di Catania. Due anni intensi di attività: 250 fra spettacoli, workshop, mostre, incontri, dibattiti, proiezioni, teatro bambini. 20.000 euro investiti in ristrutturazione, palco, materiali scenici, attrezzature tecniche. Produzioni teatrali, librarie, discografiche. Una biblioteca sociale. Autoformazione di maestranze e competenze. E tutto con la scelta di non far pagare biglietti e chiedere libere sottoscrizioni perché, come scrivevano due anni fa nel manifesto gli occupanti, "sostenere liberamente l'arte e la cultura vuol dire esserne responsabili in prima persona".
In due anni, insomma, il Teatro Coppola occupato è tornato ad essere un bene comune, un luogo negato alla cittadinanza da più di cinquant'anni - simbolo dell'assenza di politiche di sviluppo culturale a Catania come nel resto del Sud - tornato ad essere Teatro dei Cittadini.

Eppure, venerdì scorso, "due agenti di polizia giudiziaria si sono presentati in teatro su richiesta dell’ufficio al patrimonio del Comune di Catania con l’intento di verificare l’effettiva occupazione abusiva di uno stabile di proprietà comunale. Alcuni dei presenti sono stati identificati".
Così una nota del dell’Assemblea del Teatro Coppola: "Come da copione la politica legalitaria della giunta Bianco comincia a dare i suoi frutti. Preoccupati di ridurre l’emergenza cultura/socialità a semplice questione amministrativa e di ordine pubblico, gli uffici comunali danno il via ai soliti balletti da controllori pianificando una normalità ferrea e desertificante. La cosa non ci riguarda. Il Teatro Coppola Teatro dei Cittadini è occupato e riaperto dal 16 Dicembre 2011. Dove c’era abbandono, speculazione e malaffare, da due anni la città si ritrova producendo, distribuendo e garantendo pubblicamente creatività e partecipazione. All’ufficio del patrimonio e al Comune di Catania confermiamo che i locali di via Vecchio Bastione 9, già sede del primo teatro comunale della città, sono effettivamente occupati: occupati dai bisogni, dalle urgenze, dalla gioia di tutti quei cittadini che non accettano la speculazione privata, l’arroganza amministrativa, la cancellazione della memoria storica e culturale di un’intera comunità".

Insomma, gli artisti che volontariamente, due anni fa, hanno preso in gestione autonomamente lo spazio comunale, non hanno intenzione di accogliere i "suggerimenti" dell'assessore al Patrimonio, Giuseppe Girlando, che proprio nei giorni scorsi, ha invitato "i volontari a rientrare nella legalità secondo i regolamenti municipali previsti". L'occupazione per la legge è un reato. Ma gli artisti del Teatro Coppola (in linea con le esperienze simili nel resto del Paese, Teatro Valle su tutti) hanno una loro idea che intendono perseguire.

LA DISOBBEDIENZA È CIVILE
Il problema sollevato in questi giorni dall'Amministrazione Comunale sulla "legalità" del Teatro Coppola Teatro dei Cittadini è strumentale e falso, come strumentale e falsa ne è la soluzione.
Ridurre un'esperienza di cittadinanza diretta a semplice questione amministrativa, pur riconoscendone la valenza sociale, è il modo di nascondere sotto il tappeto bisunto della legalità le motivazioni che stanno alla base di questa esperienza.
Condividerne la valenza ma non la pratica vuol dire farne propria la superficie e non la sostanza.

L'occupazione del Teatro Coppola Teatro dei Cittadini nasce per sottolineare la totale mancanza di una politica culturale pubblica; l'intenzionale disinteresse verso i mestieri della cultura; la delega esclusiva ai grossi privati della gestione dello spettacolo; la pratica dei grandi eventi come esposizione mediatica della politica e distribuzione clientelare dei finanziamenti; il sequestro di strutture e fondi pubblici da parte di enti istituzionali (vedi Teatri Lirici e Teatri Stabili) gestiti in consorteria e ridotti a feudo esclusivo di amici, parenti e raccomandati; la totale mancanza di percorsi di formazione accessibili a tutti; l'immiserimento artistico di un territorio che, per patrimonio storico morale e materiale, dovrebbe essere la prima azienda culturale del Paese; la continua fuga altrove di intelligenze e maestranze; la conferma a oltranza di corporazioni privilegiate e verticistiche; l'assoluta estromissione dei cittadini dai processi decisionali, dalle scelte, dalla condivisione; la creazione di solitudine sociale.

A fronte di tutto questo l'Amministrazione vorrebbe uscirsene con un canone agevolato o cambiando nome a vecchi assessorati.
Come idea di legalità ci sembra un po' debole, debole quanto il patetico paternalismo dell'accompagnare lungo il percorso del rispetto delle regole il Teatro Coppola Teatro dei Cittadini. Sono le loro regole ad aver prodotto l'occupazione. È l'uso spregiudicato di queste regole a produrre disobbedienza civile.
La soluzione, secondo l'Amministrazione, sarebbe quella di «avviare il percorso previsto dai regolamenti comunali per l'assegnazione di spazi in concessione (...) presentando una domanda».
Certo, potevamo pensarci due anni fa a presentare una domanda: "Ci date in concessione quel deposito di sterco per il quale avete stanziato 225.000 euro dei quali non si sa più nulla?".
L'amministrazione comunale sa perfettamente che l'immobile in questione non ha nessun requisito legale per poter esser dato in concessione secondo le vigenti norme; sa perfettamente che per mettere in agibilità lo stabile di Via Vecchio Bastione 9 dovrebbe effettivamente spendere quei 225.000 euro già stanziati e scomparsi nel 2005; è perfettamente a conoscenza dell'impossibilità di assegnarlo, eppure è così buona da tenderci la mano e provare a farci passare per quelli che aprioristicamente la rifiutano. Strana professione di trasparenza, anche se questa trasparenza, si sa, è sempre applicabile con le guardie.

Ma spingiamoci oltre nel percorso delle regole. Rientrare nella legalità significa costituirsi in cooperativa o in associazione, diventare un soggetto giuridico preposto alla gestione dello spazio. Né più né meno di un qualsiasi privato, uno di quei tanti privati che grazie all'applicazione delle regole sono costretti a chiudere con impressionante frequenza le proprie attività.
Probabilmente l'amministrazione comunale ignora, o fa finta di ignorare, cosa significa gestire un piccolo teatro, una piccola sala concerti, un piccolo cinema, un'associazione, un qualsivoglia spazio culturale; ignora quanti posti di lavoro vengono bruciati nel mondo dello spettacolo a causa di regole utili solo a spremere quanto più possibile i gestori senza restituire niente in termini di servizi e agevolazioni.
Fra utenze, permessi di vario tipo, S.I.A.E., tasse di smaltimento rifiuti, limiti di decibel, controlli selvaggi e applicazioni arbitrarie dei regolamenti a seconda dell'umore dell'agente di turno, il gestore di un locale farebbe prima a darsi alla macchia invece di restare al suo posto ed essere trattato col disprezzo che tocca al fannullone.
È praticamente impossibile gestire una sala nel rispetto delle regole. Un incubo farlo senza contributi.

Regolarizzare il Teatro Coppola Teatro dei Cittadini equivale a sgomberarlo. E di questo l'amministrazione è cosciente.

Detto ciò, se avessimo voluto aprire un oratorio non saremmo qui a rischiare denunce. Se avessimo voluto essere parte di un sistema di regole inique e fuori dal tempo avremmo trovato il modo di chiedere il permesso.
Non abbiamo bisogno di un garage da trasformare in "atelier" a tasso agevolato. Noi difendiamo una pratica che genera conflitti necessari e partecipazione sociale.
Difendiamo una pratica come contributo al generale discorso sull'emergenza cultura e sulla qualità dell'esistenza di ognuno.
Difendiamo una cultura che è ricchezza collettiva e come tale va condivisa, di fatto e non attraverso gare d'appalto.
L'umanità di una disobbedienza fondata sulla reciproca solidarietà fra cittadini, disobbedienza che solo in tale complicità trova la sua legge e la sua legittimazione.

Non innalziamo barricate: apriamo porte chiuse dalle regole affinché queste porte vengano attraversate dai bisogni e dalle più diverse esperienze di quanti credono sia ancora possibile far parte di una comunità, come individui liberi e non come sudditi abili solo a mettere una croce su una scheda.
Su questi temi e con questi argomenti siamo disponibili a incontrarci, sin da subito e pubblicamente, con tutte le componenti artistiche, culturali, politiche ed economiche della Città di Catania.

- www.teatrocoppola.it

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22 gennaio 2014
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