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La donna che canta - Incendies

Un film molto duro, pieno di orrore e violenza (quelle della guerra) ma dove a vincere sono perdono e speranza

27 gennaio 2011

Noi vi segnaliamo...
LA DONNA CHE CANTA - INCENDIES
di Denis Villeneuve

Alla morte della madre Nawal, i gemelli Jeanne e Simon Marwan vengono convocati dal notaio Lebel per la lettura del testamento. Lebel, oltre a comunicare loro le ultime volontà di Nawal, consegna ai fratelli anche due lettere, una indirizzata a un padre che credevano morto e l'altra a un fratello di cui ignoravano l'esistenza. Dopo lo shock iniziale Jeanne e Simon partiranno alla volta del Medio Oriente per scoprire il passato della loro famiglia, di cui in realtà non sanno quasi nulla...

Anno 2010
Tit. Orig. Incendies
Nazione Canada, Francia
Produzione Micro_Scope, TS Productions
Distribuzione Lucky Red (2011)
Durata 130'
Regia Denis Villeneuve
Tratto dall'omonima opera teatrale di Wajdi Mouawad
Sceneggiatura Denis Villeneuve, Valérie  Beaugrand-Champagne
Con Lubna Azabal, Mélissa Désormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Rémy Girard
Genere Drammatico


In collaborazione con Filmtrailer.com

La critica
"Ancora i Radiohead in un film al Lido dopo la colonna sonora del loro bassista Johnny Greenwood per 'Norvegian Wood'. Ancora la guerra in Medio Oriente vista dal punto di vista di una donna come in 'Miral' di Schnabel. Eppure 'Incendies' di Danis Villeneuve (Giornata degli Autori) è superiore rispetto ai titoli citati. (...) Finale con devastante colpo di scena che rimane nella testa, per sempre. Che ci fa un filmone così fuori dal Concorso?"
Francesco Alò, 'Il Messaggero'

"Violenza, orrore e drammatiche scoperte si susseguono in una storia tratta dalla pièce teatrale di Wajidi Mouawad, ma a vincere sono il perdono e la speranza."
Alessandra De Luca, 'Avvenire'

"'Incendies', tratto dall'omonima pièce teatrale di Wajidi Mouawad, ha invece una sceneggiatura di ferro che, attraverso una struttura da tragedia classica, riesce a catturare lo spettatore dal primo momento."
Gabriella Gallozzi, 'L'Unità'

"Indefinibile il cotesto (genericamente mediorientale) per volontà dell'autore che non vuole parlare di una guerra, ma della guerra. La visione ci costringe a passare - con una forza straordinaria da risultare spesso insostenibile - per l'inferno dell'odio che in modo lapidario in una frase che la stessa Nawal pronuncia durante ai suoi patimenti: 'Voglio insegnare al mio nemico quello che ho imparato dalla vita'."
Roberta Ronconi, 'Liberazione'

"Un film molto duro e bello, ma fin troppo scritto."
Dario Zonta, 'L'Unità'

"La morte può essere un inizio, dice il notaio: infatti è di lì a poco che parte la storia. (...) 'La donna che canta' di Denis Villeneuve è intessuto come un affascinante viaggio avanti e indietro nel tempo e nello spazio, strutturato in capitoli ognuno dei quali svela un sorprendente pezzo del puzzle. Considerato che il racconto si affida alla suggestione dei luoghi, dei paesaggi, dei volti più che alla parole, non viene da pensare, come invece è, che il film si ispira a una pièce teatrale. (...) I temi sono dunque quelli dell'esilio e della guerra, ma ad emergere è il cosmico orrore di una violenza fratricida che ne ingenera altra in un crescendo che incide pesantemente sui destini individuali: con le colpe che ricadono di padre in figlio fino alla catarsi finale, come nella tragedia greca. C'è un senso di sacralità nel film di Villeneuve, per il modo in cui restituisce importanza alta alla responsabilità morale. Un risultato al quale contribuiscono interpreti di grande intensità, da Lubna Azabal a Rema Girard."
Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa'

"L'ammirevole film di Denis Villeneuve, altro nome da segnarsi, evita però le trappole del genere per trascinarci con sguardo fermo in un gorgo di orrori e rivelazioni che lasciano senza fiato personaggi e spettatori. Svelarli sarebbe un delitto; basti dire (...) che la chiave di questa vicenda familiare contorta come una tragedia greca sta nella spirale inarrestabile di odii e rappresaglie che insanguina il Libano (ma il discorso vale per qualsiasi guerra). Villeneuve non ci risparmia nulla ma non calca la mano, non specula su violenza e atrocità, anzi trova sempre la giusta distanza. Insistendo sui segni che il tempo ha lasciato sul paese e sui personaggi. E su una cornice intellettuale - Jeanne è una matematica di talento - che rende ancora più crudele quel caos ingovernabile. Altro che 'trucchi da cinema d'azione' dunque, come ha sentenziato qualche facilone! Siamo su un terreno altissimo, capace di unire sangue e astrazione, il tumulto dei corpi e il lavorio incessante dell'intelligenza e della pietà. Un film da non perdere, oltre che un modello per il cinema di oggi, 'politico' proprio perché capace di trascendere la sua materia."
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero'

"Non fatevi depistare né dal titolo poco eccitante, anche se sarebbe stato più giusto 'La donna che canta da cani', né dalla lentezza della prima parte. (...) Non uscite dunque a metà, perché quando tutti i tasselli del complicato mosaico vanno al loro posto, il film prende quota con un'intensità davvero rara. E tenete a mente la protagonista, Lubna Azabal: magnifica."
Massimo Bertarelli, 'Il Giornale'

"Scordatevi il melenso 'Miral' di Julian Schnabel, dimenticate l'illustrativo 'I fiori di Kirkuk', anche qui il Medio Oriente 'non meglio precisato, si cerca il paradigma' è donna, ma non ci sono carezze poetiche né buffetti estetici: la donna che canta piange pure, la violenza regna, l'orrore trova il formato famiglia. (...) Picchia duro, anche a effetto, 'Incendies', ma brucia davvero."
Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano'

Menzione Speciale alle 'Giornate degli Autori' (Venezia 2010) - Candidato all'Oscar 2011 come miglior film straniero.

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27 gennaio 2011
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