La fame nel mondo
La Banca Mondiale chiede ai governi un intervento immediato per evitare che scoppi la ''guerra per il pane''
Troppo presa a seguire l'aumento dei prezzi del greggio, l'economia internazionale ha forse perso di vista la mostruosa crescita globale dell'inflazione sui prezzi dei beni di prima necessità? Cosa aspettavano l'economia internazionale, i poteri forti, il mercato globale prima di dare un significato a quanto sta succedendo in Egitto, Thailandia, Tunisia, Haiti, Camerun, dove esiste sempre più pressante la minaccia di rivolte popolari nel nome del pane?
Fortunatamente nell'ultima riunione primaverile della Banca Mondiale (tenuta ieri a Washington) la parola che è stata pronunciata più delle altre è stata quella di "allarme crisi alimentare". Pronunciamento tanto insistito che ha portato la Banca Mondiale a chiedere un intervento immediato dei governi per evitare che la crisi accesa dalla corsa dei prezzi dei beni di prima necessità si trasformi in emergenza.
Il balzo dei prezzi dei beni alimentari sta creando infatti serie difficoltà soprattutto ai paesi in via di sviluppo e, stando a quanto ha detto oggi lo stesso presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, "più di un miliardo di persone al mondo vivono con meno di un dollaro al giorno". Nei prossimi sette anni - ha ricordato ancora Zoellick - sarà necessario "recuperare il terreno perso". Il 2015 è infatti la data fissata per dimezzare il numero delle persone considerate "estremamente povere". Solo in Africa 20 Paesi "registrano un continuo aumento della povertà estrema", mentre in altri 18 del Continente nero la crescita è molto lenta rispetto alla media mondiale.
Un quadro preoccupante, dunque, che ha portato Zoellick ad auspicare un "New Deal", ovvero un "nuovo accordo" sulla politica di gestione della crisi alimentare: accordo volto ad aiutare i più poveri alle prese con la fame, e che - ed è questa la buona notizia - ha ricevuto il sostegno del Development Committee, la Commissione congiunta dei board dell'Fondo monetario internazionale e della Banca Mondiale, come si legge nel comunicato.
"L'impatto dei prezzi più elevati delle materie prime è diverso tra i diversi paesi, a seconda che si tratti di importatori netti o esportatori - si legge nel documento -All'interno dei paesi, sono molte le persone povere che sono gravemente influenzate dai prezzi energetici e alimentari nell'area dei paesi in via di sviluppo". Dunque, la commissione "chiede alla Banca Mondiale e all'Fmi di rispondere alle richieste dei paesi in via di sviluppo che hanno per oggetto suggerimenti sulla gestione del fatturato che proviene dalle risorse naturali". Si chiede anche ai due istituti di essere pronti ad adottare una pronta politica e ad erogare sostegni finanziari "verso i paesi vulnerabili, che stanno facendo fronte a shock negativi quali i prezzi dei beni energetici e alimentari". E ancora, "accogliamo con favore l'appello del presidente della Banca Mondiale volto a combattere la fame e la malnutrizione attraverso un nuovo accordo per una politica globale, che gestisca la crisi alimentare".
Il problema del balzo dei prezzi dei beni alimentari è stato sollevato anche dal governatore di Bankitalia Mario Draghi che, in comunicato in cui ha parlato della missione della Banca Mondiale, ha affermato che, allo stato attuale delle cose, ovvero a metà strada nel raggiungimento degli obiettivi fissati dal Millennium Development Goals, sono stati compiuti "molti passi in avanti, ma il ritmo è stato sbilanciato tra le regioni e i diversi paesi".
"La lotta alla povertà globale deve diventare una priorità globale" ha affermato Draghi preoccupato per l'impennata delle quotazioni petrolifere e il boom dei carburanti. "Alti e più volatili prezzi delle materie prime mettono sotto ulteriore tensione il processo di sviluppo e hanno un drammatico impatto sulla riduzione della povertà". E nonostante l'Italia non navighi nell'oro, al Development Committee della Banca Mondiale, Draghi ha garantito il contributo italiano nel raggiungimento degli obiettivi fissati a livello internazionale, perché l'aumento del prezzo del cibo, e quindi della fame, non è solo un problema sollevato da "terzomondisti", ma anche - come si è rilevato nelle ultime settimane - un problema di sicurezza e di peacekeeping.
Il governatore di Bankitalia ha dunque offerto la sua ''cura'' per un male così insidioso e pericoloso per tutti, invitando "Banca Mondiale e Fmi a lavorare insieme, per alleggerire gli effetti degli choc dei prezzi sui poveri, orientando meglio i programmi di assistenza ed esplorando appropriate forme di sostegno finanziario". Una catena che non è possibile disgiungere. Draghi ha spiegato la relazione tra caro-commodity e corsa degli alimentari: "Elevati prezzi dell'energia fanno crescere i costi dei trasporti, mettendo addizionale pressione sui prezzi alimentari". Se non si tiene conto di ciò, il rischio è l'aumento del gap tra i livelli di vita nel mondo. Ancora più accentuato, dunque, il dislivello tra ricchi e poveri. "Mentre i recenti aumenti delle commodity offrono ai Paesi esportatori l'opportunità unica di accelerare il processo di riforme diversificando l'economia e rafforzando la sostenibilità finanziari, i Paesi più poveri, in particolare quelli dell'Africa sub-Sahariana, rischiano di vedere la loro crescita ridotta dall'aumento dei prezzi dell'energia e degli alimentari, che rappresentano più del 70% del paniere consumi dei poveri".
Dunque, "sosteniamo l'appello di Zoellick a fare della lotta contro la fame e la malnutrizione una priorità globale", scrive Draghi nel comunicato. In tal senso, "incoraggiamo la Banca a promuovere la produttività globale, lavorando insieme alla FAO e all'International Fund for Agricultural Developmente, ovvero fondo internazionale per lo sviluppo dell'agricoltura".
Via libera a Zoellick, insomma, e al suo "New Deal" che, tra le altre cose, propone che i fondi sovrani investano 30 miliardi di dollari in Africa. "L'allocazione di anche l'1% degli asset dei fondi sovrani in investimenti in Africa potrebbe fornire 30 miliardi alla crescita, allo sviluppo e alle opportunità", ha detto, stando a quanto riporta il comunicato. "Sono soddisfatto del fatto che abbiamo ricevuto un feedback positivo su questa idea e continuiamo a discutere con i fondi sovrani".
Intanto i paesi ricchi si sono impegnati a raccogliere 500 milioni di dollari entro maggio per finanziare i bisogni più urgenti identificati dal World food program delle Nazioni unite e coprire le spese determinate dall'inflazione.
[Informazioni tratte da La Stampa, Formiche.net, TgFIN.it]
- C'è il rischio che scoppi la guerra degli affamati... (Guidasicilia.it, 12/04/08)