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La famiglia Alfano e Rita Borsellino contro la Rai: ''Una par condicio sulla mafia è un'assurdità''

La lotta alla mafia non deve avere colore politico!

26 gennaio 2005

Nella puntata di ieri sera di ''Ballarò'', programma su Raitre condotto da Giovanni Floris, a parlare di mafia, in collegamento da Palermo c'era Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe Alfano, ucciso dalla mafia l'8 gennaio del 1993.
Una figlia che ha parlato, con grande chiarezza e fierezza, del proprio padre, giornalista indefesso e coraggioso, lasciato solo dai suoi amici, dal suo partito e dalle istituzioni, proprio nel momento in cui le sue inchieste iniziavano a denunciare facendo nomi e cognomi.  
Di Beppe Alfano in televisione se ne è parlato in un altro programma, ''Blu notte'', il programma dello scrittore Carlo Lucarelli, che nella scorsa stagione ha dedicato un'intera puntata al caso, ancora non del tutto risolto, dell'omicidio Alfano.
 
Della mafia se ne deve parlare e chi per denunciarla è stato ammazzato non si deve dimenticare.
Ha ricordato questo Sonia Alfano ieri sera a Ballarò, perché è il silenzio, l'omertà che da forza alla mafia.
La famiglia Alfano però non vuole che del martirio del proprio congiunto se ne parli in maniera strumentale e quindi ha detto ''No all'utilizzo del racconto del martirio di Beppe Alfano in contrapposizione all'inchiesta condotta apprezzabilmente da 'Report' sull'attualità del controllo mafioso di importanti settori della Sicilia''.
La precisazione della famiglia Alfano (la moglie Mimma Barbaro e i figli Sonia, Francesco e Fulvio Alfano) è stata affidata a una lettera inviata dallo studio legale Repici agli organi di informazione e alla commissione di Vigilanza sulla Rai, lettera che vale anche come ''diffida preventiva dal trattare il delitto Alfano in modo anche solo parzialmente discordante con la verità''.

«Dal Corriere della Sera di oggi (di lunedì 24 gennaio, ndr) - scrive il legale degli Alfano - si apprende che la trasmissione 'Punto e a capo' di giovedì prossimo su Raidue si occuperà dell'assassinio del giornalista Beppe Alfano, verificatosi l'8 gennaio 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Espressamente si legge: "Con l'intento di ribaltare l'ottica offerta dal programma di Milena Gabanelli, il programma mostrerà 'luci e ombre' del Mezzogiorno oppresso dalle cosche. Laddove le luci sono le storie di militanti di destra uccisi per il loro impegno contro la mafia". Ed ancora: "Si parlerà poi dei martiri della destra nella lotta alla criminalità organizzata, rievocando la storia di Giuseppe Alfano"».
«Non si può che esprimere sconcerto, sempre che le cose siano nei termini preannunciati dal quotidiano milanese, per l'utilizzo del racconto del martirio di Beppe Alfano in contrapposizione all'inchiesta condotta apprezzabilmente da 'Report' sull'attualità del controllo mafioso di importanti settori della Sicilia», si legge ancora.
«Si tratterebbe soltanto di bassa strumentalizzazione. E perciò questo comunicato vale anche come diffida preventiva dal trattare il delitto Alfano in modo anche solo parzialmente discordante con la verità, com'è già facile temere sia alla luce dell'impostazione generale preannunciata sia dall'etichettatura (fatta dallo stesso articolo indicato in premessa) infondata di Alfano come giornalista del Secolo d'Italia».

Queste le precisazioni della famiglia: «Beppe Alfano è sempre stato politicamente schierato a destra. Ancor più, soprattutto da quando intraprese l'attività giornalistica, è sempre stato schierato nella denuncia di ogni illegalità e di quel sistema mafioso che avvolgeva, e ancora oggi avvolge, Barcellona. Non era giornalista del Secolo d'Italia, bensì di un quotidiano siciliano. Nelle sue inchieste e nelle sue denunce Alfano non ha mai manifestato parzialità politica. Ed anche questo comportò negli ultimi anni della sua vita un rapporto molto contrastato con i dirigenti locali del suo partito (che sono oggi personaggi ben in vista del potere nazionale), il Movimento sociale italiano, dal quale venne anche sospeso. Se la sua uccisione fu possibile si deve anche all'isolamento nel quale Alfano venne lasciato dal suo partito». Non a caso, continua la lettera, «per la formulazione di un'interrogazione parlamentare su delicatissimi temi di una sua inchiesta-denuncia, Alfano, appena un mese prima della sua uccisione, dovette rivolgersi all'on. Tano Grasso, allora deputato del Pds. Per l'omicidio di Beppe Alfano, finora si è arrivati alla condanna definitiva solo per chi, al servizio di mandanti superiori ancora processualmente non individuati, ha organizzato il delitto: il capomafia barcellonese Giuseppe Gullotti. Visti i tempi, pare doveroso ricordare che Gullotti, alle elezioni comunali del 1985 a Barcellona, venne candidato proprio dal Movimento sociale italiano, allora dominato in loco dalla stessa dirigenza di Alleanza nazionale di oggi». 

A proposito poi del coinvolgimento, nella puntata di riparazione della trasmissione Report sulla mafia, della figura di Paolo Borsellino in quanto vittima ''di destra'' della mafia, Rita Borsellino, sorella del magistrato, in una intervista a Radio Popolare ha dichiarato: ''Una par condicio sulla mafia è un'assurdità. Le idee di mio fratello erano solo sue, nella sua professione di magistrato non c'entravano nulla, lui si è sempre vantato dicendo che nessuno si poteva arrogare il diritto di dire quali fossero le sue idee politiche''.  ''Sfruttare le idee di mio fratello - ha concluso Rita Borsellino - dopo la sua morte per tirarlo da una parte o dall'altra è immorale, la lotta alla mafia non dovrebbe avere alcun colore politico''.

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26 gennaio 2005
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