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La fiaccola olimpica va verso l'Argentina dopo la tappa a San Francisco senza scontri ma in versione ridotta

10 aprile 2008

La fiaccola olimpica prosegue il suo viaggio verso Buenos Aires, dove sfilerà domani, dopo aver concluso la tappa americana senza incidenti ma con un significativo cambiamento di programma.
Le autorità di San Francisco, che avevano deciso di modificare più volte il percorso della staffetta, hanno comunicato in serata che la prevista cerimonia di chiusura organizzata nella Baia di San Francisco è stata annullata. Ne è stata organizzata un'altra all'aeroporto internazionale, prima della partenza della torcia verso l'Argentina. Il sindaco della città californiana, Gavin Newsom, ha detto che sia la decisione di modificare il percorso della staffetta, sia la decisione di annullare la cerimonia conclusiva sono state prese per motivi di sicurezza, per evitare che potessero scoppiare incidenti tra le migliaia di manifestanti. Verso la fine del percorso, infatti, alcuni manifestanti hanno raggiunto la zona dove i corridori portavano il simbolo dei Giochi di Pechino e ci sono state tensioni con la polizia.
Inoltre tre dei corridori che avrebbero dovuto partecipare alla manifestazione. Ai tedofori che hanno invece deciso di portare in pugno il simbolo olimpico è stata assicurata una tripla protezione: la prima di agenti al fianco dei tedofori, la seconda di poliziotti in bicicletta, e poi una terza di agenti in motocicletta. Poi la fiaccola è stata portata direttamente dal corteo all'aereo, dentro un bus.

Il presidente del Comitato olimpico internazionale (Cio), Jacques Rogge, si è rallegrato dell'esito della staffetta a San Francisco, andata meglio rispetto a Londra e Parigi, ma ha aggiunto "non è stata la gioiosa festa che speravamo di vedere". Rogge ha poi confermato che non è "assolutamente in agenda" l'ipotesi di eliminare tappe dal periplo mondiale della fiaccola olimpica. Al termine di un incontro tra l'Associazione dei comitati olimpici nazionali e il consiglio esecutivo del Cio, Rogge ha ammesso che le Olimpiadi sono "in crisi", ma ha invitato i dirigenti sportivi a rassicurare gli atleti sul successo delle prossime Olimpiadi. "Dite loro - è stato l'appello di Rogge, - che, a dispetto di quanto hanno visto e sentito, i Giochi saranno bene organizzati. Dite loro di non perdere la fiducia, ci riprenderemo da questa crisi".
Rogge, ha inoltre ricordato che il governo cinese, quando chiese di poter ospitare le Olimpiadi, assicurò che avrebbe "migliorato la situazione sociale, compresi i diritti umani". "Direi che si tratta di un impegno morale più che giuridico" ha precisato, "ma chiediamo davvero alla Cina di rispettare questo suo impegno etico". Impegno che è stato "sostanzialmente rispettato", ha detto Rogge citando come esempio la nuova e relativamente liberale legge sulla stampa straniera varata all'inizio del 2007. Rogge ha aggiunto di "essere al corrente del fatto che oggi la legge non viene applicata e che quattro province cinesi, tra cui il Tibet, sono chiuse alla stampa e a tutti gli osservatori indipendenti. Lo abbiamo fatto presente al governo cinese", ha dichiarato, "che ha risposto che risolverà il problema il più preso possibile".

Secondo Mario Pescante, uno dei due membri italiani del Comitato esecutivo, il Cio deve dire una parola chiara sulla situazione dei diritti umani in Cina. "Non si tratta di boicottaggio, al quale sono contrario ma se ci sono comportamenti non conformi a un evento sportivo della portata delle Olimpiadi il Cio dovrebbe dire qualcosa". L'orientamento del presidente del Cio Jacques Rogge, appare diverso. Nelle riunioni preparatorie, ha sottolineato Pescante, solo i rappresentanti dei Comitati olimpici europei hanno sollevato il problema. "Non possiamo fare molto, possiamo solo dire delle parole, ma le parole hanno un peso. E questo silenzio - ha concluso Pescante - è rumoroso".

Comunque il cammino verso Pechino 2008 resta pieno di incognite sul piano diplomatico. Il premier britannico Gordon Brown non sarà presente alla cerimonia inaugurale del prossimo 8 agosto ma - confermano al numero dieci di Downing Street - non boicotterà i Giochi. A Washington, la portavoce della Casa Bianca Dana Perino ha lasciato tutte le porte aperte: il presidente americano George Bush volerà in Cina - ha dichiarato - ma sosterrà la causa dei diritti umani "prima, durante e dopo le Olimpiadi".

Intanto da Tokyo è arrivato nuovo appello del Dalai Lama. Il leader spirituale tibetano è arrivato oggi in Giappone, per una breve sosta nel suo viaggio alla volta di Seattle, in Usa, dove ha in programma una serie di conferenze sulla spiritualità. "La mia visita negli Usa non ha alcun valore politico" ha detto il Dalai Lama durante la conferenza stampa in un albergo a pochi chilometri da Tokyo. Il Dalai Lama ha detto anche di appoggiare ''comunque'' i Giochi Olimpici, perchè "la Cina è un Paese molto popoloso, una nazione antica. Il popolo cinese davvero li merita". Il leader spirituale tibetano si è poi detto "molto triste" perchè il governo cinese lo ha accusato di aver fomentato le rivolte in Tibet e anche i disordini che stanno accompagnando il periplo della fiaccola olimpica nel mondo. "Sono molto triste perche mi abbiano dato una sorta di colpa a livello governativo. Sono un essere umano e non sono un demonio, non ho certo la corna", ha detto sorridendo, rivolto ai giornalisti. "Non mi interessa tutto ciò che dicono, però mi sento molto triste".
Il Dalai Lama ha inoltre ringraziato i Paesi europei e l'Ue per l'attenzione con cui stanno seguendo le vicende: "Credo che gli europei siano perfettamente consapevoli e apprezzino le libertà individuali. Sono molto contento e molto felice dell'Unione europea e degli interessi di questa area del mondo. Grazie veramente...". Infine, ha ripetuto di desiderare in Tibet "un'autonomia genuina e non lo Stato indipendente". "E' importante che il Tibet conservi la sua eredità culturale: tutti i tibetani sono consapevoli di questo, devono mantenere la loro visione autonoma, e non c'e assolutamente nessun motivo per gli scontri: autonomia significa essere coinvolti e interessati al benessere del proprio Paese".

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10 aprile 2008
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