La gara nazionale per il Wimax è ormai alle porte ma i gestori partecipanti frenano, attanagliati dal dubbio
Pronta l'asta, ma i gestori frenano
Gara per il Wimax, ipotesi di rete comune
di Massimo Sideri (Corriere.it, 05 agosto 2007)
Detto così può sembrare un gioco di parole. Ma il problema è che il Wimax, la tecnologia a lunga gittata che dovrebbe portare la banda larga di internet anche nei più recessi angoli dell'Italia, è ''nomade'' ma non ''mobile''. Cosa vuol dire? Facile e antipatico. Che muovendosi la linea cade, al contrario di ciò che avviene con le tecnologie concorrenti come l'Hsdpa che ha raggiunto ormai i cellulari di nuova generazione. Ma non finisce qui. Gli operatori e le società che con vari gradi di entusiasmo (alcuni molto basso) stanno pensando di partecipare alla gara del Ministero delle Comunicazioni, Telecom Italia, Vodafone, Fastweb, Tiscali, British Telecom oltre Rai e Sirti, hanno iniziato a fare due conti.
E le licenze che il ministero delle Comunicazioni metterà in gara appena tornati dalle spiagge e dai ''buen retiro'' di montagna potrebbero essere molto più care rispetto alle attese.
Alla fine una frequenza con copertura ''nazionale'' potrebbe costare tra i 60 e gli 80 milioni di euro. Senza contare le spese per costruire le infrastrutture di rete che chiaramente sarebbero poi meno costose per chi ha già una rete di appoggio. Da qui i dubbi di alcuni operatori sulla capacità dell'investimento di avere un ritorno economico. Certo rimane la questione del digital divide: il ministro Gentiloni tiene molto alla gara per il Wimax perché dovrebbe servire a portare l'internet a banda larga a quel 10-12% della popolazione italiana che ancora oggi non ha un accesso. Stiamo parlando del paesino di montagna, della località sperduta in Calabria, delle isole piuttosto che delle coste impervie della Liguria.
Ma agli operatori non sfugge nemmeno che non è per nulla scontato che gli abitanti di queste località siano poi disposti a pagare un abbonamento per poter navigare a velocità ragionevoli. E anche la possibilità di guadagnare offrendo il servizio Wimax nelle grandi città spingendo sulla facoltà di connettersi magari con il cellulare al proprio abbonamento internet, per ''saltare'' l'operatore con i software che permettono le telefonate low cost, tipo Skype, sembra inciampare sul nodo del ''nomadismo''. Senza contare che il ''3.6G'', cioè la nuova tecnologia Hsdpa così veloce da permettere la visione di programmi tv con qualità decente anche sui telefonini, sta dando degli ottimi ritorni agli operatori. E molti avrebbero il 7.2 (ancora più veloce) pronti con una copertura del 50% del territorio italiano.
Di certo sono in pochi ad essersi dimenticati le mirabolanti promesse dell'Umts e le pesanti batoste prese dai bilanci delle società del settore tlc. Tutto con le dovute differenze visto che in quel caso lo Stato incassò addirittura 12 miliardi di euro, mentre qui si parla al massimo di centinaia di milioni, ottenuti sommando le licenze per le diverse aree geografiche a quelle ''nazionali''.
Insomma, il tempo stringe. La gara come ha ripetuto Gentiloni solo 48 ore fa, è ormai alle porte, ma i dubbi ci sono anche se non si trovano società disposte a dire che no, loro non ci saranno quando suoneranno i campanelli del via. E dunque il rischio ''flop'', a meno di colpi di scena, dovrebbe essere scongiurato.
Ma tra alcune società starebbe serpeggiando un piano ''B'' per salvare capra e cavoli: l'opzione, per ora ancora non prevista, di permettere la partecipazione di una cordata aperta. In modo tale da permettere alle società di acquistare le frequenze e poi dividere il costo di costruzione della rete nazionale, un'infrastruttura comune che poi potrebbe essere utilizzata da tutti i partecipanti. E la lotta al digital divide sarebbe salva.