Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

La Giustizia ha finalmente chiuso il capitolo riguardante l'omicidio di Leonardo Vitale, il ''primo pentito di mafia''

16 febbraio 2008

Aveva parlato delle cosche mafiose in tempi in cui pronunciare la stessa parola 'mafia' era difficile, tanto che Leonardo Vitale venne rinchiuso in manicomio negli anni '70. Ma Cosa Nostra sapeva che aveva detto la verità e non mancò di vendicarsi, molti anni dopo, quando Vitale uscì dall'ospedale psichiatrico, uccidendolo nel 1984 davanti casa.
La Cassazione (sentenza n.7330) ha finalmente chiuso il capitolo dell'omicidio del 'primo pentito di mafia', confermando la sentenza di condanna a 30 anni per uno dei killer di Vitale, Domenico Ganci.

La Corte d'appello aveva a sua volta confermato la condanna del Tribunale di Palermo per Domenico Ganci, colpevole in concorso con Calogero Ganci (quest'ultimo pentitosi e giudicato separatamente), Raffaele Ganci e Domenico Guglielmini per omicidio premeditato.
Era stato lo stesso ex boss del quartiere Noce, Calogero Ganci, fratello di Domenico, che molti anni dopo, come collaboratore di giustizia aveva spiegato il perchè dell'omicidio di Leonardo Vitale: "Quella di Vitale era una lezione. Come dire, anche fra 10, 20 anni, noi ti cercheremo sempre", aveva detto ai magistrati. Dunque, un'azione dimostrativa contro tutti i pentiti, come Buscetta e Contorno, che avevano osato sfidare l'omertà di Cosa nostra.

Negli anni successivi altri collaboratori avevano poi confermato chi fossereo gli esecutori e i mandanti dell'omicidio Vitale. Calogero Ganci aveva partecipato, assieme a Raffaele Ganci e Salvatore Cancemi, all'omicidio di Vitale, mentre Domenico Ganci e Domenico Guglielmini erano stati gli esecutori materiali, attendendolo davanti casa in vespa e uccidendolo a colpi di pistola.
Domenico Ganci aveva fatto ricorso in Cassazione contro la condanna adducendo tra i motivi "dichiarazioni contrastanti dei collaboratori di giustizia e dei testimoni oculari".
La I sezione penale della Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso, confermando la condanna e dando ragione ai giudici di merito che avevano ritenuto "precise e reciprocamente convergenti le dichiarazioni rese dai collaboratori (uno dei quali aveva spontaneamente confessato il gravissimo reato), ponendo in luce i gravi e molteplici riscontri sia oggettivi sia individualizzanti emersi nel corso del giudizio e ritenendo minime e quindi ininfluenti le divergenze emerse nelle diverse testimonianze". [La Sicilia]

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

16 febbraio 2008
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia