La guerra di Piero...
Il tribunale di Roma ha dovuto rigettare il ricorso di Piergiorgio Welby per colpa di un ''vuoto della politica''
Una vita agli sgoccioli, ed ogni goccia di questa un'insopportabile pena.
Il coraggio e l'impegno di un uomo. La tenacia, la dedizione e l'amore di una donna.
La comprensione e la solidarietà di molti.
E poi la crudeltà cieca della burocrazia legislativa, l'assurda insensibilità dei ''vuoti politici'', l'insensato richiamo ad una moralità sorda e che non riconosce il rispetto per gli altri...
L'altro ieri il tribunale di Roma ha emesso la propria sentenza sul ricorso presentato da Piergiorgio Welby, dichiarando inammissibile l'interruzione del trattamento terapeutico al quale è sottoposto.
All'arrivo della notizia, gli occhi Piergiorgio Welby sono rimasti immobili, non ha provato nemmeno a soffiare mezza parola nell'orecchio di sua moglie Mina. È la prima volta da quando ha cominciato la sua guerra, a fine settembre, che Welby non reagisce. ''È molto deluso'', ha detto la moglie Mina, e ha poi spiegato: ''Piero ci aveva creduto in questa sentenza del giudice. Ci aveva sperato molto. Il parere positivo della procura gli aveva fatto credere che sì, alla fine tutta questa sua sofferenza non sarebbe stata vana''.
E invece, il giudice Angela Salvio ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso. Le motivazioni sono indicate in un provvedimento di 15 pagine [L'ordinanza del tribunale di Roma (www.lucacoscioni.it)].
Welby ha diritto di chiedere l'interruzione della respirazione assistita ma la legge non consente di staccare la spina. Per il giudice il diritto a chiedere l'interruzione non è ''concretamente tutelato'', c'è un ''vuoto legislativo'', un vuoto che la politica dovrebbe colmare. Ma i tempi del Parlamento ''sono così lunghi che non potranno mai essere quelli di Piergiorgio'', ha sottolineato con amarezza Marco Cappato, presidente dell'Associazioni Coscioni.
E a chi, come il ministro della Famiglia Rosy Bindi ricorda che in Italia l'eutanasia non c'è, e non ci potrà essere, Cappato risponde: ''Qui non si tratta di 'staccare la spina' o di fare qualsiasi altro atto truce. Il nostro impegno è quello di aiutare Welby a realizzare il suo diritto a interrompere il trattamento medico. Un diritto per cui esistono già leggi in grado di riconoscerlo''.
La battaglia però non è ancora finita. Welby ha ora la possibilità di impugnare la decisione del magistrato. Ma sulla possibilità di un ricorso il legale di famiglia, Vittorio Angiolini, non si è pronunciato: ''Vedremo, devo parlare con la famiglia, deciderà lui''. Per l'avvocato, comunque, la sentenza ''è condivisibile sulla disamina del consenso informato, ma è inaccettabile quando si parla di incoercibilità del medico ad interrompere il trattamento sanitario''.
Una battaglia che continueranno a combattere accanto a Piergiorgio Welby anche i membri dell'Associazione Luca Coscioni: ''La sentenza aumenta la nostra determinazione ad andare avanti per aiutare Piergiorgio a sottrarsi alla tortura a cui è sottoposto''.
Il rigetto del ricorso di Welby ha puntato i riflettori sulle veglie organizzate dall'Associazione Coscioni in tutta Italia e in alcune città europee. Da Londra a Palermo, da Bruxelles a Napoli, centinaia di persone hanno partecipato alle manifestazioni per sostenere quella che è una vera e propria ''grande battaglia di civiltà''. Migliaia le firme raccolte per la petizione in cui si chiede al Parlamento una indagine conoscitiva sull'eutanasia clandestina, e circa 170 i parlamentari italiani ed europei di tutti gli schieramenti che hanno aderito: ''Sosteniamo la mobilitazione civile - si legge nella loro adesione - volta a rendere omaggio ad un cittadino che, a prezzo di una sua incommensurabile sofferenza, porta un contributo fondamentale per un alto e necessario dibattito, sin qui rimosso, nel nostro Paese''.
Un dibattito che per i giornali e per le televisioni è cominciato a fine settembre, con la lettera al capo dello Stato: Piergiorgio Welby, sessant'anni, malato di distrofia muscolare progressiva dall'età di sedici, invoca la ''grazia'' di poter morire. E nel nostro Paese esplode il dibattito sull'eutanasia. Nel mondo virtuale, però, il dibattito era già cominciato quattro anni fa, quando Piero si era attaccato all'unico mezzo che può manovrare senza aiuto: il computer. E da lì ha aperto il suo sito e diffuso la sua battaglia per il diritto di una morte dignitosa.
- ''Convenzione di Oviedo e ddl per riempire il vuoto legislativo'' (Repubblica.it)