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La guerra infinita

Stati Uniti, Iraq, Iran: guerre preventive, nuovi attacchi, minacce, strategie diplomatiche. Quando la pace?

17 marzo 2006

Il 19 marzo del 2003 gli Stati Uniti d'America davano inizio al secondo conflitto con l'Iraq. Intento della guerra: defenestrare Saddam Hussein dal governo iracheno, scoprire e smantellare le sue armi di distruzione di massa, portare nello stato mediorientale la democrazia e la pace.
Dopo tre anni nel bilancio degli Stati Uniti si conta la defenestrazione e l'arrestato dell'ex Rais, ma non è stata trovata nessuna arma di distruzione di massa né prove dell'esistenza precedente di queste, né tanto meno è attecchita la democrazia e la pace che hanno portato in Iraq, se mai ne è stata portata. Nessuno ha vinto questa guerra, e questa guerra non è ancora finita.

Ieri, a tre giorni dal terzo anniversario dell'inizio della guerra in Iraq, gli Stati Uniti hanno lanciato la maggiore offensiva aerea dalla fine dei principali combattimenti nell'aprile 2003.
L'offensiva, nome in codice ''Operation Swarmer'', è cominciata ieri ''e dovrebbe andare avanti per diversi giorni'', si legge in un comunicato del comando Usa a Baghdad. Un attacco tramite una serie di raid aerei nella zona di Samarra, un centinaio di km a nord della capitale, dove si ritiene che siano attestati nuclei di guerriglieri. Lo scorso 22 febbraio a Samarra fu distrutta la Cupola d'Oro di una delle moschee più venerate dagli sciiti, un attacco che ha scatenato una lunga scia di ritorsioni che hanno portato l'Iraq sull'orlo della guerra civile.
Nell'attacco sono impiegati più di 50 aerei, 1.500 militari statunitensi e iracheni, 200 veicoli. All'operazione partecipano soldati della Prima brigata dell'esercito iracheno, della Quarta divisione, della 101esima divisione aviotrasportata, della Terza brigata da combattimento e della 101esima brigata aerea da combattimento.
Questi perlustreranno la zona di Hamreen, un'area collinare a nordest di Samarra. L'attacco congiunto da terra e dal cielo servirà ''a isolare l'obbiettivo''.

L'offensiva americana ha coinciso con l'insediamento dell'assemblea legislativa uscita dalle elezioni di dicembre, il primo parlamento eletto dalla caduta di Saddam Hussein. Una sessione durata soltanto 20 minuti, il tempo per il giuramento collettivo e un breve discorso del presidente facente funzioni Adnan Pachachi.
Per tutta la mattinata Bagdad ha avuto un aspetto surreale: traffico ridotto, strade quasi deserte, negozi chiusi. E poco dopo la conclusione della seduta nella Zona Verde è caduto un colpo di mortaio.
Mentre gli elicotteri si alzavano in volo per andare a radere al suolo le zone circostanti Samarra, scontri, violenze e morte si sono susseguiti come ogni giorno in varie aree dell'Iraq.

Ma la complicata situazione in Medioriente non è dettata solo dall'Iraq. I rapporti tra Usa e Iran, infatti, continuano a correre sempre di più sul filo del rasoio, e una domanda si fa sempre più pressante: Washington attaccherà l'Iran per dimostrare a tutti noi che, nonostante i problemi con l'Iraq, gli Usa sono in grado di combattere e vincere simultaneamente più guerre?
In poco tempo sono arrivate due risposte a questa domanda, due risposte diametralmente opposte: la minaccia americana di possibili attacchi preventivi in Iran, e subito dopo l'annuncio di una disponibilità diplomatica statunitense per discutere con il governo iraniano della situazione irachena. Uno spiraglio, quest'ultimo, forse decisivo nei rapporti tra Usa e Iran.

Infatti, dalla Casa Bianca hanno fatto sapere che l'ambasciatore americano in Iraq, Zalmay Khalilzad, è stato autorizzato a parlare con i leader in Iran, ''ma per ripetere ed esprimere le nostre preoccupazioni sul loro coinvolgimento in Iraq'' è stati scritto nella comunicazione ufficiale arriva ieri sera.
Non si tratta ufficialmente di un ''dialogo'' quindi, bensì di una precisa richiesta di cessare l'ingerenza in Iraq che secondo la Casa Bianca non avrà alcun effetto sulla questione del nucleare.
La risposta iraniana non si è fatta attendere. Il segretario del Consiglio supremo della sicurezza nazionale iraniano Ali Larijani ha infatti dichiarato ieri stesso che il suo Paese ''accetta di negoziare con gli americani'' per risolvere i problemi in Iraq. ''Siamo pronti a negoziare con gli americani'', ha detto Larijani alla stampa dopo un intervento in Parlamento.
''L'Iran accetta la richiesta del nostro fratello (il capo del principale partito sciita iracheno Abdul Aziz) Hakim per risolvere i problemi e le questioni irachene allo scopo di creare un governo indipendente'', ha detto Larijani, che è anche il capo negoziatore iraniano per il nucleare.
L'esponente iraniano ha poi detto che Teheran ''dirà successivamente chi sarà incaricato di questi negoziati'' e ha sottolineato che verteranno ''unicamente sull'Iraq''.

Condoleeza RicePrima di questa svolta i toni erano ben altri, con l'allarme lanciato dalla Casa Bianca, che in un documento sulla sicurezza ha annunciato la possibilità di attaccare l'Iran a scopo preventivo.
''Se necessario non escludiamo l'uso della forza prima che un attacco nemico possa avvenire, anche se ci fosse incertezza sulla data e il luogo dell'attacco'', vi è scritto nel documento che spiega la posizione ufficiale degli Stati Uniti sulla crisi nucleare iraniana.
Il documento della Casa Bianca sulla strategia per la sicurezza nazionale afferma che l'Iran è la nazione al momento che pone la maggiore sfida. La posizione americana è stata sottolineata dal segretario di Stato Condoleezza Rice, in visita in Australia. ''L'Iran è la banca centrale del terrorismo. Deve ascoltare gli appelli della comunità internazionale e sospendere il suo programma nucleare'', ha detto Rice.
Proprio ''per evitare uno scontro'' con l'Iran, il documento americano esorta uno sforzo diplomatico internazionale per dissuadere Teheran dalle sue ambizioni nucleari. Il documento di 49 pagine riafferma la dottrina dell'amministrazione Bush che contempla possibili attacchi preventivi contro terroristi e ''Paesi ostili''. Quindi, anche quando la Casa Bianca si sarà seduta ad un tavolo insieme all'Iran, questo continuerà a far parte degli ''Stati Canaglia'', e ad essere posizionata ancora lungo quell'Asse del Male tracciato da Washington.

- ''Da Bagdad a Teheran, tutti i pericoli della dottrina Bush'' di Vittorio Zucconi

-
''La prossima guerra'' di John Pilger 

[Foto Ansa e Afp tratte dal Corriere.it]

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17 marzo 2006
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