La guerra mediterranea del pesce
I componenti del peschereccio Cartagine stanno bene, ma la situazione è ormai insostenibile
Stanno tutti bene i nove componenti dell'equipaggio (quattro italiani e cinque tunisini) del Cartagine, il motopesca della flotta di Mazara del Vallo sequestrato venerdì sera a 70 miglia dalle coste nordafricane da una motovedetta tunisina e dirottato nel porto di Sfax (LEGGI). Alcuni di loro si sono già messi in contatto con i familiari per rassicurarli.
Questa mattina, l'ambasciatore italiano in Tunisia, Raimondo De Cardona - che si è immediatamente attivato -, ha telefonato al ministro della Pesca tunisino per cercare di trovare una soluzione rapida. L'ultimo motopesca mazarese sequestrato dalle motovedette tunisine, il Pindaro, era stato liberato il 20 agosto scorso dopo essere stato dirottato una settimana prima nel porto di Sfax. Per il rilascio dell'imbarcazione, avvenuto dopo una serrata trattativa diplomatica, l'armatore aveva dovuto pagare un'ammenda di 16 mila euro.
Il sindaco di Mazara del Vallo, Nicola Cristaldi, è arrabbiato. "L'ennesimo sequestro di un peschereccio mazarese da parte di una vedetta tunisina conferma che c'è un clima pesante nel Mediterraneo. Con la Tunisia si riesce in qualche maniera a parlare, a differenza di altri Paesi come la Libia". "Ci vuole un tavolo nel quale i rappresentanti dei governi dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo decidano il da farsi - sostiene il sindaco - Si può fare un'infrazione ma non c'è bisogno di sequestrare un peschereccio. Se c'è da mettere un'ammenda, la si metta, ma perché prendere un peschereccio, portarlo nel porto, compiere un'azione prepotente, mettere ammende molto salate? È una situazione insostenibile. Informerò il governo del disagio che vive la marineria di Mazara del Vallo e reitereremo la nostra richiesta perché tutto si risolva con la diplomazia".
La guerra del pesce nel Canale - Quando va bene se la cavano con una multa da ventimila euro e la perdita del pescato, ma in tanti, tra i pescherecci che sono finiti nella "rete" delle motovedette tunisine o libiche, hanno pagato un prezzo carissimo in quella "guerra del pesce" che in oltre trent'anni non è riuscita mai a trovare alcuna soluzione.
Tre morti (quando negli anni Settanta gli attacchi si facevano sparando colpi di mitra contro le fiancate), 150 motopescherecci sequestrati, l'ultimo il "Cartagine" con nove marittimi a bordo, costretto da tre giorni nel porto di Sfax dopo essere stato incrociato da una motovedetta tunisina a 70 miglia dalla costa africana.
Acque internazionali, il cosiddetto "Mammellone", tratto di mare molto pescoso e conteso dalle marinerie di tutto il Mediterraneo che gli africani considerano unilateralmente casa loro non riconoscendo il limite delle 12 miglia come acque territoriali.
I nove marinai fermati venerdì sera stanno bene, si sono messi in contatto con le famiglie e ora sperano nel felice esito delle pressioni della diplomazia italiane sulle autorità di Tunisi. Ma Nicola Cristaldi, il sindaco di Mazara del Vallo, il centro più colpito dalla guerra del pesce con la sua flotta di 350 motopesca,14.000 occupati del settore, 78 industrie di lavorazione e trasformazione del pesce e 6 cantieri navali, rilancia forte la sua richiesta d'aiuto. "Da tempo denunciamo quelli che si configurano come veri e propri atti di guerra. Queste continue aggressioni alla nostra flotta non creano solo un danno economico, ma il fallimento delle società armatrici e, a catena, dell'intera filiera. E' una catastrofe occupazionale che rischia di mettere definitivamente in ginocchio il settore della pesca".
Per il rilascio dei motopesca sequestrati, infatti, le autorità africane, dopo una sorta di "processo", pretendono dagli armatori il pagamento di ammende che vanno dai 20 ai 60.000 euro ai quali spesso si aggiunge una cauzione per la liberazione dei marinai. E poi il danno alle attività: le cassette di pescato vengono sempre sequestrate, reti e sofisticate attrezzature delle barche d'altura vengono saccheggiate e gli equipaggi sono costretti a lunghi periodi di ferma.
A conti fatti, in trent'anni, si calcola che la guerra del pesce solo a Mazara del Vallo abbia prodotto danni per 90 milioni di euro. [Articolo di Alessandra Ziniti - Repubblica/Palermo]