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La Jihad è vicina a noi

Le convinzioni della ''guerra santa'' islamica sono pericolosamente radicate anche nel tessuto sociale occidentale

13 agosto 2008

"Il terrorismo di matrice islamica è fortemente radicato nei nostri territori e contro di esso bisogna sempre tenere alta la guardia". Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, congratulandosi con il capo della Polizia, Antonio Manganelli, per l'operazione della polizia di Bologna che la scorsa settimana ha portato all'arresto di sei magrebini, accusati di associazione terroristica internazionale, ha voluto ricordare di quanto sia vicina la minaccia terroristica.

I sei, cinque tunisini e un marocchino tutti residenti tra l'Imolese, in provincia di Bologna, e il Ravennate, sono stati accusati di far parte di una cellula costituita in associazione con finalità di terrorismo internazionale, con l'obiettivo di inviare negli scenari di guerra soggetti pronti al martirio. Ma, come hanno confermato gli inquirenti, non avevano in programma attentati in Italia o in Europa. La loro Jihad era solo in Iraq e in Afghanistan.
Il loro presunto capo era Khalil Jarraya, originario di Sfax, 38 anni, disoccupato, non in regola con le norme sul permesso di soggiorno perché la richiesta gli era stata respinta e aveva in corso un'opposizione. L'uomo, un ex mujihaddin che ha combattuto in Bosnia durante la guerra nella ex Jugoslavia, attraverso la moglie bosniaca, aveva ottenuto la cittadinanza, che poi gli era stata revocata proprio per via del suo passato da guerrigliero.
Lui, secondo gli inquirenti, viveva grazie ai soldi (la Zakat, elemosina) che gli passavano i suoi connazionali che frequentavano la moschea di Faenza dove viveva. Due degli arrestati sono inoltre indagati per truffa aggravata con finalità terroristiche per aver percepito somme da un falso incidente e averle indirizzate alla Jihad.
L'indagine della Digos sull'organizzazione terroristica è cominciata nell'agosto del 2005.

I sei ora si difendono dicendo di non c'entrare nulla con la Jihad. "Ma quale Jihad. Noi con il terrorismo non c'entriamo. Abbiamo solo raccolto fondi per la moschea di Imola e per i nostri fratelli bisognosi. Ma non abbiamo commesso reati né fatto opera di proselitismo o reclutamento". Davanti al gip Milena Zavatti, gli islamici arrestati dalla Digos hanno risposto così ai primi interrogatori di garanzia in Procura (presidiata dalle forze dell'ordine) che si sono svolti martedì 12 agosto. Secondo loro, l'accusa di terrorismo non sta in piedi. Hanno ammesso solo la raccolta di denaro, destinato, oltre che alla moschea, al sostegno della famiglia di Jarraya, disoccupato. Invece per il pm Luca Tampieri quei soldi (circa 30mila euro) erano finiti, tramite diversi bonifici, in Bosnia dove vive il fratello della moglie di Jarraya. Denaro poi usato per ben altri fini.

Al di là di questa "storia di casa nostra", se prendiamo in esame quanto risultato da un recentissimo sondaggio condotto nelle università britanniche tra gli studenti musulmani, motivi di inquitudine ce ne sono da nutrire veramente tanti. Un terzo degli studenti britannici di religione musulmana, infatti, ritiene che sia giustificato uccidere in nome dell'Islam.
Il sondaggio di YouGov pubblicato sul "Sunday Times", ha rivelato che due studenti musulmani su cinque sarebbero favorevoli all'inclusione della sharia, la legge islamica, nei codici britannici. "Questi risultati - ha commentato uno degli autori dell'inchiesta - sono profondamente imbarazzanti per quelli che dicono che l'estremismo non è presente nelle università britanniche".
Dallo stesso sondaggio - per il quale sono stati interpellati 1.400 studenti musulmani e non in 20 università di tutto il Paese - è emerso anche che il 40% degli studenti islamici ritiene inaccettabile che uomini e donne stiano insieme liberamente, mentre un terzo ha sostenuto l'idea della creazione di un califfato mondiale, idea alla base del jihad contro l'Occidente lanciato da Osama Bin Laden.

Per Anthony Glees, docente di intelligence e sicurezza alla "Buckingham University", i dati raccolti nell'inchiesta sono allarmanti: "C'è una profonda diversità di vedute fra studenti musulmani e non. La soluzione è smettere di celebrare le diversità e concentrarsi sull'inclusione e l'integrazione".
Un'altro dei discussi esiti del sondaggio riguarda la freddezza degli inglesi nei confronti dell'Islam. Il 55% degli studenti non musulmani, infatti, crede che la religione di Maometto sia "incompatibile con la democrazia".

[Informazioni tratte da Adnkronos e La Stampa.it]

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13 agosto 2008
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