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La latitanza "provocatoria" di Valter Lavitola

Il faccendiere latitante, Valter Lavitola, scrive a Enrico Mentana con l'intenzione di "rettificare" una delle sue panzane

30 settembre 2011

La Procura di Roma ha deciso di trasferire a Bari gli atti dell'indagine per la presunta estorsione al premier Silvio Berlusconi. La decisione è stata presa dal procuratore della Repubblica Giovanni Ferrara e dal procuratore aggiunto Pietro Saviotti dopo che il Tribunale del Riesame di Napoli ha indicato i magistrati pugliesi competenti sul caso.
Gli atti che la procura della Repubblica di Roma ha deciso di inviare ai colleghi di Bari riguardano la posizione di Valter Lavitola in merito all'ipotesi di reato di istigazione a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria. E questo perché sulla base dell'ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Napoli appare chiara la competenza della Procura pugliese.
Ieri mattina il capo della procura di Bari, Antonio Laudati, ha formalizzato l'astensione dall'inchiesta sul caso Tarantini con una lettera al procuratore generale Antonio Pizzi. Ora toccherà al procuratore aggiunto Anna Maria Tosto studiarle e decidere cosa fare. Il primo passo per il pm sarà rinnovare l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Valter Lavitola. Quindi dovrà decidere se iscrivere il premier Silvio Berlusconi nel registro degli indagati con l'accusa di induzione a mentire nei confronti dei magistrati baresi.

Restano invece a disposizione della Procura di Roma gli atti riguardanti l'iniziale accusa di estorsione ipotizzata nel momento in cui fu disposto l'arresto di Gianpaolo Tarantini e di sua moglie Angela Devenuto. Oltre ai coniugi Tarantini il procedimento riguarderà lo stesso Lavitola e due suoi collaboratori. Si tratta di persone i cui nomi non sono mai apparsi nella vicenda e per i quali si ipotizza un ruolo ben preciso: l'incarico di andare a ricevere per conto di Lavitola le somme che Berlusconi avrebbe messo a disposizione del gruppo.
Per quanto riguarda questa indagine romana non è escluso che possa concludersi con la richiesta di archiviazione da parte dell'ufficio del pubblico ministero della Capitale.

Intanto Ieri sera, è tornato a farsi sentire Valter Lavitola in una lettera inviata a Enrico Mentana, direttore de La7. "Ieri (parlando della serata speciale del nuovo programma di Mentana, "Bersaglio mobile", andata in onda martedì 28 settembre, ndr) nella concitazione, non sono stati chiariti tre punti e non credo di essere riuscito a comunicare che il 'sì, voglio fare il latitante' era una semplice provocazione. A chi mai farebbe piacere vivere da latitante?'' ha detto Lavitola. "Non temo le vicende processuali (dalle quali, sono certo, uscirò a testa alta), ma le penne di giornalisti con pochi scrupoli, sì e molto" ha aggiunto l'ex direttore dell'Avanti.
Ma, giusto per informare chi non ha seguito il programma e rinfrescare la memoria a chi lo ha seguito, di seguito riassumiamo l'intervista speciale a Valter Lavitola, faccendiere latitante, "consigliere" del premier.

UN LATITANTE IN TV - "Sono cresciuto nella Gioventù Socialista, e mi sono fatto l'idea che se hai passione politica non puoi fare l'imprenditore nello stesso paese dove fai politica. Quindi faccio l'imprenditore in Centro e Sud America, mentre in Italia facevo il giornalista e l'editore dell'Avanti". Latitante in Sudamerica, ricercato per la vicenda Tarantini, Valter Lavitola è apparso in video, da località ignota, un po' impacciato mentre rispondeva in diretta a Mentana e ai suoi ospiti durante la nuova trasmissione "Bersaglio mobile", approfondimento de La7. "In Centro e Sud America ho un'azienda che si occupa di import-export di pesce, e ho alcuni pescherecci. Ho venduto le barche per l'alto costo del carburante, quindi avevo delle risorse che potevo mettere a disposizione di Tarantini per avviare alcune attività imprenditoriali".
Il tabulato - Lavitola ha esibito dei "tabulati" di una telefonata al premier Silvio Berlusconi che, a detta sua, lo "scagionerebbero". Il faccendiere latitante, coinvolto nell'inchiesta giudiziaria sui rapporti tra Tarantini e il presidente del Consiglio, ha lanciato una sorta di "appello tv alla procura" chiedendo come mai i contenuti della telefonata in questione non siano stati intercettati oppure trascritti nei verbali dell'inchiesta. "Ho chiesto al mio avvocato di presentare istanza alla procura per approfondire e verificare se questo tabulato che ho prodotto è vero o falso e vorrei capire perchè questa telefonata non è stata intercettata o non è stata trascritta", dice Lavitola. Il faccendiere spiega di aver "avuto un'utenza argentina alla quale ho ricevuto una telefonata di Tarantini. Subito dopo, venti minuti dopo, ho chiamato Berlusconi". Dopo tre tentativi, "me l'hanno passato". La telefonata, che nella trasmissione però Lavitola non circostanzia di dettagli su data e ora, "dura nove minuti. Se ci fosse questa intercettazione, non ci sarebbe l'indagine", si è spinto a dire, esibendo un foglio che ha presentato come il "tabulato" della telefonata. In quella conversazione, spiega, "ho detto al premier 'mi ha chiamato Tarantini, lui ha notizia dei 500mila euro, gliel'ha detto l'avvocato Perrone. Lui vuole che gli consegni questa somma: che faccio? Dice che è per un'attività imprenditoriale all'estero, gliela metto a disposizione? Calcola che lui consuma come una Ferrari...". Domande cui il premier avrebbe risposto sottolineando che Tarantini "doveva fare un'attività e la somma è per l'attività".
Poi ha aggiunto: "Non ho fornito al presidente Berlusconi alcuna scheda peruviana, ma una scheda italiana acquistata da un mio collaboratore peruviano". "Ho dato la scheda per timore di essere intercettato non per i contenuti illegali della telefonata ma perché parlavo di considerazioni riservate", ha aggiunto Lavitola.

I Tarantini e il suo rapporto con la massoneria - "I Tarantini sono ragazzi viziati e sperperoni. Lui? Tarantini è uno scapestrato e non un criminale, anche un po' fesso". "Ma i Tarantini - ha aggiunto Lavitola - non sono i mostri che sono stati dipinti, ma ragazzi viziati scapestrati con tre ossessioni: vedere il premier in più occasioni possibili; riuscire ad aiutare un loro amico, l'imprenditore Pino Settani a fare affari con una società vicino all'Eni; avere lavoro e soldi per le loro esigenze...".
Lavitola ha poi risposto ad una domanda di Marco Travaglio sulla sua frequentazione di logge massoniche: "Mi iscrissi alla massoneria all'incirca nel 1984. Fui apprendista per due anni. Ma poi ebbi dei problemi economici familiari e non avevo i soldi per pagare la quota e, così, mi assonnai".

Il suo rapporto col premier - "Non erano questioni ludiche ma politiche" quelle di cui Lavitola parlava con il premier. Lo ha detto il giornalista a Mentana che ha suggerito un rapporto di vicinanza con Berlusconi. E alla domanda a che titolo, se non c'era vicinanza, c'è un passaggio di denaro, Lavitola ha sottolineato: "Non ho mai avuto nessun bonifico da Silvio Berlusconi, su nessun conto estero. Non c'è nessun conto estero". I 500mila euro per Gianpaolo Tarantini sarebbero stati anticipati da Valter Lavitola per conto di Berlusconi. "Le foto che chiedevo a Marinella (la segretaria di Berlusconi. ndr) erano soldi. Erano parte di quel rimborso di 500mila euro che avevo anticipato". Lavitola ammette di aver anticipato i 500mila euro per Tarantini per conto di Berlusconi: "È vero che le foto che chiedevo a Marinella erano in realtà soldi. Erano parte del rimborso che avevo anticipato". Parte di quei soldi Lavitola l'avrebbe ottenuta attraverso la vendita di alcuni pescherecci in Sudamerica. E ha ribadito: "Non ho mai avuto alcun bonifico da Berlusconi su alcun conto estero". Valter Lavitola ha quindi rilanciato con un'altra domanda: "Nessuno ha mai chiesto: Perché volevate affidare a Tarantini un'attività imprenditoriale?". E la risposta è stata: "Non ne potevo più". Dunqque ha soiegato il giro dei 500 mila euro: "Qui non c'è un conto estero dove arrivino bonifici. Per quanto riguarda Berlusconi: Non poteva mettere a disposizione di Tarantini 500 mila euro. Lo vedete: come si fa ad aiutare una persona che vuole fare attività imprenditoriale all'estero? Vedete quello che succede poi".
«Come ho conosciuto Berlusconi? Ero nel Psi e non sono migrato a Forza Italia quando tutti i socialisti lo hanno fatto. Poi ci furono riunioni a Milano e Fiuggi e quella fu la prima volta che incontrai Berlusconi. Successivamente, ho cercato di vederlo e di farmi apprezzare, puntavo a fare il parlamentare ma non ci sono mai riuscito". "Faccio politica da quando avevo 18 anni, non vedo perché essendo un osservatore attento e un giornalista non dovessi avere il diritto di dire la mia al presidente del Consiglio su questioni politiche. Mi sono ritagliato un piccolo ruolo di consigliere, e parlavo con il premier di questioni non certo ludiche", ha infine ribadito per quello che riguarda il suo rapporto con Berlusconi.

"Sono fuggito per paura dei magistrati" - Il direttore dell'Avanti ha poi continuato: "Non voglio assolutamente fare un processo in televisione. Io ho un sacro terrore della magistratura, ho una paura che mi si porta via. Figurarsi se voglio fare irritare i pm. Ho una paura dannata e per questo mi sono reso latitante: ho fatto bene perché Tarantini si è fatto un mese di carcere e la moglie una decina di giorni in cella. E dopo un mese stanno fuori. Io avrei fatto la loro stessa fine".
Lavitola ha tentato poi di rispondere alla domanda posta più volte dal vicedirettore de la Repubblica, Carlo Bonini: "Lei che lavoro fa?". "Sono stato definito uomo nero, spregiudicato, o faccendiere, anche se non ne conosco il significato. Io sono determinato e non soffro di timori reverenziali verso nessuno. Sono inviso a buona parte dei collaboratori del Presidente. Alcuni di loro mi sono cordialmente antipatici [...] Ci sono più episodi - aggiunge Lavitola - per dimostrare che sono un filantropo, ho aiutato Tarantini perché Berlusconi mi aveva manifestato l'esigenza di aiutare lui e la moglie. Lui disse "poveretti" quando gli raccontai la loro storia e alla mia richiesta di aiutarli mi disse di farlo. Così mi sono adoperato. Io sono un imprenditore nel settore ittico, magari è strano ma è il mio lavoro, non c'è nulla di disdicevole. Ho messo a disposizione di Tarantini 500mila euro perchè così poteva svolgere la sua attività all'estero e loro due non mi avrebbero più massacrato...le biglie".
Alla fine Lavitola ha "messo in chiaro" un punto: "Non ho estorto nulla a nessuno e non ho truffato nessuno, né tantomeno a Berlusconi che mi è sempre stato vicino". "Non mi sottraggo alla giustizia. Il Tribunale dimostrerà la mia innocenza, ma ho intenzione di rimanere latitante", ha poi aggiunto, rispondendo a una domanda di Mentana. "Io faccio il pescatore e il pescivendolo, qua di acqua ce n'è tanta, quindi ho ancora un lavoro".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Corriere.it]

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30 settembre 2011
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