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La legge ''salva-Previti''? Incostituzionale! Il Quirinale valuta il rinvio alle Camere

Bocciatura netta dal Consiglio superiore della magistratura. Castelli: ''Il Csm è diventato un organo politico''

25 febbraio 2005

La legge Cirielli, meglio nota come ''legge salva-Previti'', per il Quirinale e per  tutti gli addetti ai lavori (costituzionalisti e penalisti, magistrati e processual-penalisti) è una legge che presenta "manifesta incostituzionalità".
Si allunga la lista delle leggi rimandate al mittente dalla presidenza della Repubblica, il decreto legge sulla prescrizione breve, infatti, non può essere accettata così com'è e se il Senato deciderà d'approvarla il presidente Carlo Azeglio Ciampi potrebbe esercitare ancora una volta le prerogative concesse dagli articoli 74 e 87 della Costituzione, ossia il rinvio alle Camere.

Chiamato a pronunciarsi sulla critica legge "salva-Previti" il plenum del Consiglio superiore della magistratura (Csm), una risoluzione non richiesta dal Guardasigilli Roberto Castelli, ma che tuttavia i vertici di Palazzo dei Marescialli, in pieno accordo con il Capo dello Stato, hanno voluto pronunciare, a conferma della "criticità" della questione.
Il Consiglio superiore della magistratura ha bocciato a larghissima maggioranza la legge, definendo "devastanti" gli effetti che il provvedimento avrebbe sulla giustizia e spiegando nel dettaglio tutte le conseguenze che si avrebbero sui processi.
Secondo l'organo di autogoverno dei giudici la ex Cirielli avrà "effetti devastanti" sull'amministrazione della giustizia, farà quadruplicare i reati prescritti e "rischia di determinare un ulteriore effetto di ritardo nella definizione dei processi, con grave violazione del principio della ragionevole durata".
"L'applicazione del nuovo regime ai processi in corso - si legge nel documento del Csm - comporterà un vero e proprio cataclisma organizzativo all'interno di un sistema di giustizia penale che già oggi riesce con assoluta difficoltà a fronteggiare il numero elevatissimo di procedimenti". E provocherà "la vanificazione di gran parte del lavoro svolto dall'intero sistema giudiziario nel corso di alcuni anni".
I consiglieri di Palazzo dei Marescialli hanno inoltre indicato con precisione i processi destinati ad essere spazzati via: "Quasi tutti i processi per reati puniti con la pena della reclusione compresa nel massimo tra i cinque e i sei anni e la grande maggioranza di quelli per reati puniti con la pena della reclusione massima di otto anni sono destinati a sicura prescrizione". Si tratta di un'ampia gamma di reati che va dalla corruzione alla violenza o minaccia al pubblico ufficiale, dalla truffa e dall'usura alla rivelazione di segreto di Stato, dal furto in abitazione all'omicidio colposo. E ancora i reati per  calunnia, circonvenzione d'incapace, il falso in atto pubblico, il millantato credito, la frode nelle pubbliche forniture, il favoreggiamento, il vilipendio di cadavere e lo sfruttamento della prostituzione.
Il decreto legge, inoltre finirebbe per estendersi anche a quasi tutti i reati societari, compreso l'aggiotaggio. Sarebbero a rischio addirittura processi come quello sulla bancarotta Parmalat.

Questa previsione è fondata su un'analisi compiuta dalla corte di appello di Bologna che "ha stimato che per tale fascia di delitti sul totale dei processi iniziati davanti al giudice la quota destinata a prescriversi dall'attuale livello del 9,6 per cento passerebbe a circa il 47%, il che, in termini assoluti, equivarrebbe ad una grandezza dell'ordine di 4.500 processi".
Ma non solo: i consiglieri hanno fatto riferimento anche a una ricognizione compiuta dalla Corte di Cassazione che ha individuato in nove anni il tempo medio di durata dei processi per reati puniti con una pena compresa tra cinque e otto anni che giungono al vaglio della stessa Corte. Ne consegue che "per la massima parte dei processi il termine prescrizionali maturerebbe prima della sentenza definitiva, ma dopo la decisione di appello, e cioè in un contesto che comporta per il sistema giustizia il massimo spreco di energie".

E non finisce qua: i processi diventeranno ingovernabili, avverte Palazzo dei Marescialli. Il nuovo regime "impedirà al giudice di controllare lo sviluppo dell'istruttoria dibattimentale e di gestire i tempi di lavoro", visto che la nuova disciplina renderà "del tutto naturale per i difensori fare ricorso agli istituti che comportano la sospensione del processo, non tanto per ottenere una pronuncia del giudice, ma anche solo al fine di far maturare il limite di prescrizione".

Dura la replica del ministro della Giustizia Roberto Castelli: ''Purtroppo ormai il Csm è diventato un organismo politico che ragiona come il Parlamento, cioè in funzione dell'orientamento dichiara che i fatti sono bianchi o neri''. ''Hanno fornito dei numeri che non sappiamo da dove vengono. Non ce li abbiamo neanche noi - ha aggiunto Castelli - e poi, la cosa curiosa è che c'è stata una relazione di maggioranza e una di minoranza. Mentre su dei numeri, su dei dati incontrovertibili, non si possono avere opinioni diverse''.

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25 febbraio 2005
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