Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

La mafia è una montagna di merda!

Trent'anni fa non moriva soltanto Aldo Moro, moriva anche Peppino Impastato, ucciso dalla mafia

09 maggio 2008

Trent'anni fa, il 9 maggio del 1978, a Roma, dentro il portabagagli di una Renault 4 rossa posteggiata in via Caetani, veniva ritrovato il corpo di Aldo Moro, rapito due mesi prima dalle Brigate Rosse e infine da queste ucciso. Le BR avevano "colpito il cuore dello Stato" e segnato il corso della Storia italiana. Un omicidio che tracciò una netta linea di demarcazione tra il prima e il dopo.
Quel martedì di tre decenni fa, mentre, ovviamente, l'attenzione dell'opinione pubblica nazionale era catalizzata sul tragico evento, il Tg1 insieme ai tanti servizi sulla morte di Moro diede anche una breve notizia sulla morte di un giovane a Cinisi: un certo Giuseppe Impastato, giovane comunista, era morto dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Forse un attentato terroristico finito male, forse un suicidio "eclatante"...

Se le BR uccidendo Moro avevano colpito il "cuore dello Stato", in Sicilia la mafia uccidendo Peppino Impastato avevano colpito il cuore della "Società Civile", termine che all'epoca non aveva l'accezione che oggi noi tutti conosciamo. Sì, perché Peppino Impastato prima di essere un "giovane comunista" fu un uomo che si era messo in testa di vivere nella legalità e denunciare, ad alta voce, a testa alta, senza paura, armato di dignità e intelligenza, in un Paese come Cinisi, luogo intriso fin nelle radici di potere mafioso.
Lui non aveva paura di Gaetano Badalamenti - che nella sua trasmissione radiofonica, "Onda pazza", chiamava "Tano seduto", dispotico capo tribù di Mafiopoli-Cinisi -, perché sapeva perfettamente che la paura era il punto sul quale il potere mafioso faceva leva.
Una persona che dedicato il periodo più bello della vita, la Gioventù, alla cultura, alla condivisione, alle idee, al senso di responsabilità e di Giustzia, non può... non deve avere paura di un potere fatto di ignoranza, prevaricazione e prepotenza.
Peppino Impastato non voleva - e non poteva - chinare la testa in segno di riverenza e dire "sabbedica don Tano" a quell'uomo che abitava esattamente a "cento passi" dalla sua casa e che teneva soggiogata un intera comunità, perché, come diceva lui, "la mafia è una montagna di merda!" e non ci si leva il cappello davanti agli escrementi. Non poteva e non voleva tenersi "u parra picca" calpestando la propria dignità e inseguendo la "vita tranquilla" sotto l'egidia della mafia. Non poteva e non voleva vedere i giovani del proprio Paese, i suoi compagni, trasformarsi in pecore senza cervello e senza cuore...
Peppino Impastato parlava e parlava senza paura... Peppino allora fu ammazzato dalla mafia. E la mafia tentò anche di infagare il suo nome per sempre. L'esplosione ai bordi dei binari fu infatti una simulazione. Peppino doveva morire ed essere ricordato come un "bastardo terrorista comunista". 

Ci sono voluti più di ventanni prima che la verità sulla morte di Peppino Impastato venisse a galla. L'11 aprile del 2002 la Corte d'assise di Palermo finalmente condannò Gaetano Badalamenti alla pena dell'ergastolo come mandante dell'assassinio di Peppino Impastato.

Oggi, per ricordare quell'uomo libero e coraggioso, da Terrasini (PA), esattamente dalla sede che un tempo ospitava Radio Aut, radio fondata da Peppino Impastato e da dove spargeva il suo messaggio di denuncia e dignità, partirà un corteo che si snoderà lungo tutta la stessa strada che Peppino Impastato percorse, a bordo della sua 'Fiat 850', la notte in cui i killer lo sequestrarono, lo portarono in un casolare di campagna, in contrada Feudo dove lo uccisero colpendolo alla nuca con una pietra. Poi i sicari, ad oggi rimasti impuniti, gettarono il suo corpo sulla linea ferrata facendo esplodere un ordigno per simularne la morte nel tentativo di compiere un attentato.
Il corteo si concluderà in Corso Umberto, a Cinisi, davanti l'abitazione della famiglia Impastato, oggi una "Casa della Memoria".
Il corteo organizzato dal Forum Sociale Antimafia è soltanto uno degli appuntamenti previsti in Sicilia per ricordare Peppino Impastato. Ricordo che si ravviverà non soltanto nell'Isola ma anche a Bologna, in provincia di Novara, in Toscana, dove è passata ad aprile la carovana antimafia via mare organizzata dal Centro Impastato. La "carovana" è una specie di "Goletta Verde" antimafia: un quindicimetri che ha navigato e naviga per il mar Tirreno facendo tappa per raccontare e testimoniare quello che era l'obiettivo di Peppino e della madre Felicia: sradicare la mafia non solo dalla Sicilia ma da tutta l'Italia. Dopo aver toccato Savona, Genova, La Spezia, Livorno, Anzio, Napoli, Tropea, Messina finirà proprio il 9 maggio nel porto di Terrasini. Tanti i dibattiti, i concerti, i cortei e le manifestazioni.

E sempre in occasione del trentesimo anniversario dell'uccisione di Peppino Impastato l'emittente radiofonica Primaradio (www.primaradio.net) di Partinico ha deciso di trasformarsi per un giorno in Radio Aut e mandare in onda nuovamente la sprezzante e impietosa ironia di Peppino Impastato nei confronti di Cosa nostra e di "Tano seduto".
Oggi, dunque, Primaradio cambierà la sua identità in Radio Aut e dedicherà i programmi dell'intera giornata alla memoria di Impastato: andranno in onda le registrazioni originali di "Onda pazza", interverranno i protagonisti dell'epoca di Radio Aut e la musica sarà rigorosamente anni Settanta, nello stile dei giovani che trasmettevano da quella pioneristica emittente di Cinisi.
Inoltre, Primaradio e il blog Libera Mente lanciano una proposta al ministero della Comunicazioni affinché si possa riaccendere, almeno per un giorno all'anno, in occasione del 9 maggio, data il cui Impastato fu ucciso dalla mafia, nel '78, la storica frequenza di Radio Aut di Cinisi, ancora libera.

Peppino Impastato, un'idea della politica
di Pino Finocchiaro (www.pinofinocchiaro.it)

Prima di essere ucciso, trent'anni fa, Peppino Impastato tracciò un'idea della politica libera, pulita, affrancata dai poteri forti e dalle insidie sanguinarie delle mafie d'ogni tipo. Quell'idea era destinata ad ottenere un piccolo ma convinto consenso tra gli elettori del comune mafioso di Cinisi, che lo avrebbero eletto consigliere comunale. Nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, mentre a Roma si allestiva l'assassinio politico di Aldo Moro, e a Cinisi la campagna elettorale ferveva, i mafiosi al servizio del sistema politico locale decisero che Peppino Impastato in quell'aula consiliare non sarebbe entrato mai.
In quell'aula avrebbe portato le denuncie lanciate da Radio Aut contro la finta opposizione di certi comunisti. Le ansie dei contadini privati dei campi per ampliare l'area dell'aeroporto di Punta Raisi. Le violazioni urbanistiche. Insomma, avrebbe lottato contro le "mani sulla città". Avrebbe indicato nomi e cognomi di chi allungava quelle mani rubando futuro, prospettive, libertà ai giovani siciliani.

Spiega una nota del centro di documentazione Peppino Impastato, dalla quale traspare la penna di quell'intellettuale raffinato ed incazzato che è Umberto Santino: "Peppino ha attraversato il suo percorso politico in quelle formazioni della 'sinistra rivoluzionaria' nate prima e dopo la contestazione del '68. Dai gruppi marxisti-leninisti alla campagna elettorale per il Manifesto, a Lotta continua, alla candidatura alle elezioni comunali come Democrazia Proletaria".
Insomma, Peppino Impastato nella "sua scelta del comunismo rifuggiva dalle dittature burocratiche del socialismo reale e si fondava sull'eguaglianza, il soddisfacimento collettivo dei bisogni, la partecipazione dal basso". Da qui "la polemica con il Pci nella stagione del compromesso storico, l'impegno a fianco dei contadini espropriati per l'ampliamento dell'aeroporto, degli edili disoccupati, con l'obiettivo di coniugare lotte sociali e impegno culturale e politico fuori e all'interno delle istituzioni".
Insomma, al di là dell'iconografia mediatica il politico Peppino Impastato non solo non è meno rilevante del giornalista Peppino Impastato ma ne è in qualche modo diretta conseguenza.

Diceva Enzo Biagi, "Denunciare è del giornalismo... proporre soluzioni è già politica". Peppino era stufo di denunciare. Voleva sedere in consiglio, essere la voce degli operai sfruttati, dei contadini defraudati, dei giovani affamati di futuro e opportunità rubate dal consociativismo e dalle collusioni tra poteri indicibili. Ma che Peppino chiamava per nome e cognome.
Quella notte tra l'8 e il 9 maggio di trent'anni fa Peppino fu intercettato dai "bravi" del sistema lungo quei cento passi che dividevano la sua scelta di legalità dalle origini mafiose della propria famiglia. I servi della borghesia mafiosa inscenarono il suicidio tecnico di un terrorista. Chi lo conosceva rigettò con sdegno l'ultima calunnia.
La campagna elettorale era ancora in corso. La rivolta delle coscienze avviata con l'esempio di una vita fu raccolta come una sfida da quei cittadini che indicarono ugualmente il nome Impastato sulla scheda elettorale. Nel segreto dell'urna Peppino Impastato, la sua idea di politica al servizio degli ultimi, degli invisibili, aveva trionfato.

Le idee di Peppino in questi trent'anni hanno fatto un lungo cammino. Si son mosse sulle gambe della madre Felicia Bartolotta che ha denunciato il sistema mafioso sino all'ultimo respiro. Si son mosse sulle gambe di Giovanni, il fratello strattonato lungo quei cento passi descritti nel film che ha rivelato al mondo la storia degli Impastato. Si son mosse con la meticolosa opera storiografica ed epistemologica di Umberto Santino che è il più profondo conoscitore dell'opera giornalistica e dell'impegno politico di Peppino Impastato.
Son passati trent'anni da quella notte, a Cinisi giungono da tutta Italia per celebrare il forum sociale dell'antimafia dedicato alla memoria di Felicia e Peppino Impastato.
Niente lacrime ragazzi. Solo politica. Buona politica. E non parole in libertà ma libertà di esprimere pensieri ben ponderati in tutta libertà.
Tanta strada c'è da fare. A Palermo è nata Addio Pizzo, vi hanno aderito quattrocento commercianti… su diecimila. La borghesia mafiosa è ancora preponderante. Ma un uomo può fare la differenza, nel giornalismo, come in politica. Un uomo.

- Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato" 

 

 

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

09 maggio 2008
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia