La mafia fa schifo ma è più forte dello Stato
Nei risultati di un report del Centro Pio La Torre la sfiducia e il disincanto dei giovani verso una possibile sconfitta del fenomeno mafioso
D'accordo sul fatto che la mafia "fa schifo" ma, purtroppo, è più forte dello Stato, che "deve essere più presente". Il giudizio dei giovani sulla mafia è assolutamente negativo, ma è accompagnato da un'ampia sfiducia sulla possibilità di liberarsene a breve fino a considerarla più forte dello Stato, e la sintesi migliore sta proprio in questa frase: "La mafia fa schifo e deve essere sconfitta, ma lo Stato sia più presente tra la gente". Purtroppo - lo diciamo ancora una volta -, oggi sono meno i siciliani che pensano possa essere sconfitta rispetto, ad esempio, al 2008 (il 27% rispetto al 44%). Lo pensa quasi il 55% degli studenti delle scuole superiori italiane, secondo un'indagine (su un campione non statistico composto da alunni di classi dove vengono trattati temi come antimafia e legalità) sulla percezione del fenomeno mafioso realizzata dal Centro Pio La Torre presentata a Palermo.
Dal report si evince che i giovani sono sempre più lontani dalla politica di partito tradizionale ma si impegnano nel sociale, nella politica attiva sul territorio e pensano comunque che la mafia sia un male assoluto. "Qualche anno fa il risultato su questo ultimo elemento era meno netto, ma ancora il 25% dei siciliani e laziali si rivolgerebbero a un mafioso per trovare lavoro", ha puntualizzato il presidente del Centro, Vito Lo Monaco.
I dati della ricerca, contenuti anche in un numero speciale del settimanale on-line "ASud'Europa", saranno illustrati durante la manifestazione di commemorazione dell'anniversario dell'uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo che si terrà venerdì 30 aprile al Teatro Golden.
"Il questionario è stato distribuito tra gli studenti delle 82 scuole superiori (circa 3.200 questionari) che hanno partecipato al progetto educativo e alle videoconferenze tematiche quest'anno", ha spiegato Lo Monaco. Il campione, pur non essendo statisticamente rappresentativo (la maggior parte dei questionari sono stati distribuiti in Sicilia e solo 600 al nord), consente un confronto con le precedenti indagini e permette di trarre alcune indicazioni e riflessioni sulla percezione del mondo studentesco.
In generale, gli studenti percepiscono la mafia, storicamente nata in Sicilia, ancora come fenomeno prevalentemente legato alla realtà meridionale, ma mostrano di conoscerne chiaramente la pericolosità sociale e il suo peso negativo sullo sviluppo economico. Si registra una diversa percezione delle attività criminali. Infatti, nel Nord i reati socialmente più pericolosi e attribuiti alla mafia sono il traffico della droga, il lavoro nero, la prostituzione, mentre nel Sud i giovani al primo posto mettono il racket e subito dopo lo spaccio di droga, sicuramente per la maggiore evidenza mediatica dei fatti estortivi nelle città meridionali.
Il rapporto fra mafia e politica viene ritenuto molto o abbastanza forte dal 95% del campione, questa volta senza significative differenze a livello territoriale. Una quota alta e una diffusione della sfiducia vasta a livello territoriale. Forse è anche per questo che gli studenti intervistati non sono affatto ottimisti sull'esito della lotta alla mafia. Anche se è curioso osservare che tale convinzione è inversamente proporzionale alla percezione di influenza della mafia sull'economia regionale, infatti risponde in tal senso il 64% circa degli studenti laziali e Centro settentrionali, il 56% di quelli residenti in Calabria e Basilicata ed il 51% dei siciliani.
Sconfortante è, infine, il dato sulle possibilità di liberarsi da questa piaga: solo il 26% del campione ritiene che la mafia potrà essere definitivamente sconfitta.
Particolarmente sfiduciati sembrano i ragazzi del Lazio (solo il 18%) e quelli del Centro Nord (il 25%); ci contano di più i calabresi e i lucani (30%) ed i siciliani (28%). Per questi ultimi, però, la fiducia è in costante caduta: lo scorso anno infatti la percentuale di coloro che ritenevano possibile la sconfitta della mafia si attestava al 37%. Si sarebbe registrata, dunque, una caduta della fiducia di oltre dieci punti percentuali. La fiducia nei magistrati e nelle forze dell'ordine appare ben più alta in Sicilia e tra i calabrolucani che in Lazio. Nel Centro-Nord il dato di fiducia verso i magistrati è più basso che al Sud, mentre vi è maggiore fiducia verso le forze dell'ordine rispetto al Lazio.
Il 36% degli studenti ritiene che la mafia possa rappresentare un forte ostacolo per la costruzione del proprio futuro, sono gli studenti del Mezzogiorno a nutrire i maggiori timori: il 59% dei calabresi e dei Lucani, il 42% dei siciliani contro il 29% dei Laziali ed 24% dei centro settentrionali. La piena consapevolezza dell'influenza della mafia sul mondo del lavoro da parte dei giovani viene confermata dalle risposte fornite alla domanda circa i fattori che permettono alla mafia di continuare ad esistere. Infatti, mentre gli studenti delle regioni sud e insulari pongono al terzo posto la mafia come causa delle scarse opportunità di lavoro presenti nei loro territori, gli studenti del centro e del nord, collocano tale fattore al quarto posto per importanza, su un totale di otto fattori. Da rilevare, al proposito, che la corruzione della classe dirigente viene indicato come primo fattore dalla maggioranza degli intervistati ed in tre delle aree territoriali considerate (Sicilia, Lazio e Settentrione). Fanno eccezione la Calabria e la Basilicata dove il primo fattore è la bassa fiducia nelle istituzioni. Ma, a fronte della piena e diffusa consapevolezza delle capacità della mafia di condizionare il mercato del lavoro locale, i giovani sembrano determinati a non scendere a patti con i mafiosi; in questo addirittura i giovani del Sud sembrano mostrare, in proporzione, una maggiore determinazione rispetto ai coetanei del Centro e del Nord: ricorrerebbero ad un mafioso per avere un posto di lavoro solo il 15% dei calabresi e dei Lucani, il 24% dei siciliani, il 23% dei laziali ed il 20% dei centro settentrionali.
Per quanto riguarda l'informazione sul fenomeno, secondo i siciliani "parlano adeguatamente" della mafia i giornali nel 51% dei casi, la Tv nel 52%, i libri nel 33,6%. Per i calabro/lucani i giornali nel 64,1% dei casi, la Tv nel 69,2%, i libri nel 30,8%. Nel Centro-Nord, invece, i libri stanno al 50,9%, i giornali al 35,1%, la Tv al 37,8%. Nel Lazio i libri sono al 38,8%, i giornali al 43,9%, la Tv al 47,5%. Tali numeri dicono, in effetti, che per molti la Tv, più che un mezzo adeguato, è l'unico mezzo di informazione, e che nel Centro-Nord si leggono più libri che al Sud. In tutte le regioni circa il 40% discute del tema anche con i propri familiari.
Rimane altissima la sfiducia dei giovani verso i politici e la classe dirigente, ritenuti responsabili dei processi corruttivi nella vita pubblica. Il 95% del campione ritiene che ci sia un legame tra politica e mafia. Analogo giudizio riguarda i dipendenti pubblici. Invece quasi tutti i giovani ammirano chi dedica la propria vita alla lotta contro la mafia e apprezzano il lavoro educativo antimafia dei loro docenti, mentre credono inadeguato l'impegno antimafia della Chiesa.
"Se la classe dirigente del Paese sapesse ascoltare quanto proviene da questi studenti dovrebbe cambiare la propria politica. Sarebbero più difficili le pratiche devianti, sarebbe più forte il rispetto dell'etica della responsabilità, si rafforzerebbero senso civico e difesa del bene comune", ha concluso il presidente del Centro Pio La Torre.
[Informazioni tratte da Ansa, La Siciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it]