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La mafia voleva i ''rosanero''

I retroscena dall'inchiesta che ha portato all'arresto del legale dei Lo Piccolo

25 settembre 2008

"Sia io che tutto il mio staff abbiamo sempre operato con la massima trasparenza: sono contento che da quest'inchiesta della magistratura emerga con chiarezza che la Palermo calcio è una società 'pulita', amministrata da persone per bene".
Il sanguigno friulano che ha ridato la speranza ai palermitani, Maurizio Zamparini, presidente del Palermo, ha commentato così gli sviluppi dell'indagine della Guardia di Finanza che ha portato ieri all'arresto dell'avvocato Marcello Trapani e del procuratore di calcio Giovanni Pecoraro, ritenuti vicini ai boss mafiosi Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
I Lo Piccolo, infatti, sarebbero i mandanti di una serie di intimidazioni nei confronti dei dirigenti della società sportiva, per indurla a sottostare alle richieste di Cosa Nostra. "Al di là di quello che è successo a Rino Foschi (l'ex direttore sportivo del Palermo a cui venne recapitata una testa d'agnello mozzata, ndr) e che mi ha provocato grande dispiacere - ha detto ancora Zamparini - non ci sono stati altri tentativi di intimidazione nei confronti della mia persona. Anche perchè mi conoscono e sanno che un minuto dopo sarei andato via da Palermo". Zamparini ha ricordato che la società già un anno fa, quando erano emersi i primi elementi a carico di Pecoraro, aveva provveduto ad allontanare il procuratore.

Anche gli inquirenti hanno voluto sottolineare che Zamparini non si è mai piegato alle intimidazioni e ha, anzi, allontanato alcune persone dalla società sportiva in modo da evitare qualsiasi interferenza da parte dei mafiosi. "Non possiamo parlare di tentativo di infiltrazione nella società Palermo Calcio. Certamente, siccome la società sportiva gestisce appalti importanti, è emerso un interesse da parte di Cosa nostra, come per qualsiasi altra attività economia palermitana", così ha spiegato il pm della Dda del capoluogo siciliano, Domenico Gozzo, che insieme ai colleghi Francesco Del Bene, Annamaria Picozzi, Gaetano Paci e al procuratore aggiunto Alfredo Morvillo, ha coordinato le indagini.

E all'indomani degli arresti eccellenti iniziano a venire a galla svariati retroscena dell'inchiesta, come ad esempio le pressioni dei due arrestati per far acquistare o vendere giovani giocatori di cui erano procuratori sportivi, per poter guadagnare grosse percentuali, e poi i retroscena di alcune cessioni. Dalle intercettazioni si è appreso che per la lunga trattativa che ha portato alla vendita di Amauri alla Juventus, in un'occasione l'allora direttore sportivo Foschi "è venuto alle mani" con il presidente Zamparini. Un particolare che emerge da una conversazione registrata tra Foschi e Pecoraro. Fra le tante vicende che girano attorno alla compravendita di calciatori, emerge anche quella in cui Trapani e Pecoraro avevano cercato di vendere Alberto Cossentino per due milioni di euro ad una squadra straniera, in modo da "intascare un milione di euro" che i due indagati volevano dividere con Foschi. Ma non se ne fece nulla.

Le indagini hanno scoperto anche le "gentilezze" riservate alle famiglie mafiose come, per esempio, le poltrone in tribuna sempre riservate tutte le volte che il Palermo giocava in casa. C'erano almeno 100 tra boss e picciotti ad andare allo stadio e nessuno di loro, ovviamente, pagava. Era questa una forma di tangente che la società calcistica doveva pagare a Cosa nostra per stare tranquilla.
Ma non c'erano solo i biglietti gratis, i boss miravano anche agli appalti relativi all'indotto del Palermo Calcio e, come accennato prima, seguivano il futuro di tanti giovani calciatori.
Tentativi di pressione sull'ex allenatore Stefano Colantuono per far giocare in prima squadra giovani rappresentati dai due procuratori arrestati, sarebbero continuate fino ad alcuni mesi fa.

A rivelare che i boss andavano gratis allo stadio ed in tribuna, sono stati gli ultimi pentiti di mafia del clan Lo Piccolo. "Mi risulta per certo che Foschi - ha raccontato Andrea Bonaccors, uno dei pentiti del clan Lo Piccolo - era in rapporti con Salvatore Milano, uomo d'onore (detto "Tatieddu", della famiglia di Palermo Centro, ndr), e si preoccupava di fare avere i biglietti per le partite del Palermo da distribuire tra le varie famiglie mafiose. Rino Foschi li dava a Milano e lui li divideva. Nell'ultimo periodo sono nati discorsi perché Milano dava pochi biglietti e quindi i Lo Piccolo si sono lamentati e gli hanno detto che tutti i biglietti che davano li doveva dividere per ogni famiglia, perché Milano ne dava soltanto dieci alla famiglia di Resuttana e dieci a quella di San Lorenzo e dopo non ne dava più a nessuno. Dopo i biglietti furono divisi tra le famiglie, cinque per ognuna. I biglietti per lo stadio non erano in omaggio, erano a titolo estorsivo, obbligatoriamente essendo che lo Stadio ricade sul territorio di San Lorenzo e Resuttana".

Lo stesso Bonaccorso ha confessato di aver confezionato la testa di capretto mozzata recapitata all'allora direttore sportivo del Palermo Rino Foschi nel Natale 2006; un chiaro messaggio mafioso che il pentito ha spiegato così: "Avevo preparato questo pacco su incarico di Sandro e Salvatore Lo Piccolo, al fine di indurre il Foschi a mantenere gli impegni assunti con Salvatore Milano per i lavori relativi alla realizzazione di un ipermercato allo Zen da parte dell'imprenditore Zamparini... I Lo Piccolo avevano voluto in questo modo mandare un segnale a Foschi e a Zamparini, affinché venissero coinvolte le persone per le quali erano stati presi recenti accordi". Secondo il pentito "diversi mesi prima gli stessi Lo Piccolo gli avevano fatto fare un'altra intimidazione, ma il Foschi non l'aveva denunciata".

Un'altra conferma dell'interesse dei Lo Piccolo verso il mondo del calcio e attività connesse è arrivata pure da un "pizzino" trovato al momento della cattura del boss, nel novembre 2007. "Volevo aggiornarti per quanto riguarda la vicenda dello stadio - scriveva una persona non ancora identificata all'allora latitante Lo Piccolo -. Un giorno è venuto Pecoraro dicendomi che l'aveva chiamato il Sig. Milano che insieme al Pecoraro voleva andare a parlare al direttore Foschi (Palermo) per la vicenda stadio. Poi dopo giorni il sig. Milano ha chiamato nuovamente il Pecoraro dicendogli che era andato a parlare personalmente con Foschi e che questo si era rifiutato di fare qualsiasi cosa".
Secondo l'accusa l'avvocato Trapani curava gli interessi dei Lo Piccolo anche per quanto riguarda i condizionamenti verso il Palermo Calcio. Sono state intercettate burrascose telefonate tra lui e Foschi, e già nel luglio 2006 l'allora direttore sportivo si sfogava con il legale: "Mi viene la pelle d'oca se ti dico quello che ho fatto per te... Io un mese fa ero licenziato per colpa tua e di Pecoraro... Grazie a delle lettere anonime... incredibili, sono andati da... da Grasso a Borrelli... a mia insaputa, mi hanno preso nel mezzo e fatto un culo come un paiolo...". In una conversazione del giugno scorso Trapani diceva a Pecoraro: "Noialtri... a Foschi, sempre sotto... sotto tiro lo dobbiamo tenere, perché deve andare sempre in soggezione...".

Nuove rivelazioni anche dalla fidanzata di Sandro Lo Piccolo - La donna che ha avuto una storia sentimentale con il boss Sandro Lo Piccolo durante la latitanza del capomafia già condannato all'ergastolo, racconta gli incontri e l'origine della loro relazione. Lo ha fatto inconsapevolmente ai microfoni degli investigatori che intercettavano l'avvocato Marcello Trapani.
La donna, sposata e madre di due ragazzi, la cui storia è già emersa subito dopo l'arresto di Lo Piccolo perché sono state trovate le lettere d'amore fra i pizzini, raccontò a Trapani i primi appuntamenti con il boss, rammaricandosi poi del fatto che Sandro Lo Piccolo non aveva provveduto a bruciare la loro corrispondenza, come invece lei stessa si era preoccupata di fare. Trapani avvisò dunque la donna che sarebbe potuta essere stata sentita dai pm per identificare altri che avevano favorito il latitante. Con riferimento a questa ipotesi l'avvocato cosigliò la donna di depistarli limitando al minimo le proprie dichiarazioni. La donna, in base alle intercettazioni, ha frequentato molto lo studio legale di Trapani, il quale ha manifestato la possibilità di recapitare in carcere alcuni suoi messaggi al boss. 

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Repubblica.it (Articolo di F. Viviano), Corriere.it (Articolo di G. Bianconi)]

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25 settembre 2008
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