La migliore scuola del nord dell'Afghanistan è l'Istituto femminile ''Maria Grazia Cutuli''
Sotto i talebani l'istruzione femminile era proibita. Oggi, pur con molte difficoltà, sperare è possibile
Maria Grazia Cutuli aveva una grande passione per l'Afghanistan. In quella Terra cercava le verità per raccontarle, perché raccontare le verità avrebbe ridato dignità a chi quella Terra la abitava.
In quella Terra a Maria Grazia Cutuli hanno tolto la vita, e nella stessa Terra hanno a lei dedicato una scuola, che è come averle dedicato la speranza nel futuro dell'intero Paese...
«Scuola Cutuli», dove le bimbe tornano a sperare
di Andrea Nicastro (Corriere.it)
''Dokhtar'', ''dokhtar'' le gridano dei ragazzacci prima di nascondersi dietro un muretto di fango. Lei è senza burqa. Unica in tutta Maimana. ''Mi chiamano dokhtar, (zitella), per offendermi - spiega Gulalay -. Ma è vero. Quindi perché dovrei prendermela? Sono la prima di dieci figli. Non avevo scelta''. Zitella e orgogliosa di esserlo, una rarità in Afghanistan, Gulalay, 62 anni, è la preside dell'Istituto femminile di Maimana Est. Chiuso come ogni altra scuola femminile durante l'Emirato talebano del mullah Omar, tre anni fa è stato ristrutturato e ampliato dall'italiana Intersos con i denari di Hdp, Rcs, Fondazione Bnc e intitolato a ''Maria Grazia Cutuli'', la giornalista catanese del Corriere uccisa durante la liberazione del Paese il 19 novembre 2001.
C'è un cartello dipinto a mano in inglese e farsi all'ingresso della scuola che ricorda la donazione e la ragazza italiana. ''Pochi qui conoscono la storia della vostra giornalista - ammette Gulalay -, ma tante donne le sono vicine perché siamo state tutte vittime dei talebani. Come lei''.
Per gli standard afghani, l'Istituto ''Cutuli'' è un gigante con 4 mila allieve tra i 6 e i 19 anni e 117 insegnanti di cui solo 4 uomini (per l'«ora di religione»). Da quando è stata ristrutturata, con i banchi quasi ovunque, i vetri alle finestre, il tetto che non perde acqua e un sussidio extra budget di una moneta locale per ogni bimba (in totale circa 70 euro al mese), la ''Cutuli'' è diventata la miglior scuola della zona, quella dove tutti vogliono andare. Ora si insegna dalle 6 del mattino alle 18 di sera. ''Se oggi la Cutuli intervistasse il presidente Karzai - ipotizza Gulalay - gli dovrebbe porre due domande. Perché non aiuta la scuola che è il fondamento del futuro. E perché non protegge la gente, soprattutto noi donne, dai signori della guerra che ancora spadroneggiano sull'Afghanistan. Io sono vecchia, ma le mie colleghe e anche le allieve appena cresciute indossano il burqa come ai tempi dei talebani. Non è più un obbligo, ma ancora una protezione''.
Maimana è ''provincia profonda'', capoluogo del Faryab, cittadina di fango, senza fognature, senza elettricità, com'è la regola in Afghanistan. Ma è nel nord uzbeko, quadrante relativamente tranquillo. Non ci sono bombardamenti americani né incursioni talebane. Da qui si controlla parte del flusso di eroina che viaggia verso l'Europa ed è chiaro chi comanda: il generale Rashid Dostum. Su 8 candidati eletti a settembre al nuovo parlamento, almeno 5 sono suoi simpatizzanti.
La preside cammina veloce tra una classe e l'altra. Ecco Sarishta, una ragazzina che ha incrociato senza saperlo la sua vita con quella di Maria Grazia anche prima di entrare a scuola. ''Quando i talebani conquistarono Maimana - racconta la bimba - avevo 8 anni. Ricordo che saccheggiavano i beni di noi uzbeki e cercavano maschi da arruolare''. Di quella conquista Maria Grazia, che di anni allora ne aveva 36, scriveva sul Corriere: ''si è combattuto strada per strada... quartieri interi sono in fiamme, decine di case distrutte''. Non conosceva Sarishta, ma stava raccontando anche della sua casa. ''I Taleb - dice la ragazzina - trovarono un mio fratello quindicenne anche se si era travestito da donna. Per punirci, distrussero la casa e lo arrestarono. Mio padre caricò il nostro asino e fuggimmo nella steppa. Facemmo la fame. Non avrei mai immaginato di poter tornare a scuola''.
Khasiat, 49 anni, è insegnante alla ''Cutuli''. ''Non ci sono libri di testo - spiega -. Quaderni, penne e matite sono a carico delle famiglie. Ma quel che conta è che imparino''.
Il bianco e nero di molti disegni delle bimbe non è una scelta di stile, ma una necessità. ''Nessuna delle bimbe riesce neppure ad immaginare di diventare una giornalista come la Cutuli - dice Francesca Ballarin, psicologa di Intersos -. Al massimo pensano di fare le dottoresse. Con il permesso di papà. Ci vorrà tempo e uno sviluppo diverso per certe ambizioni. Ma intanto studiano''.