La morte di Osama Bin Laden non ha ucciso al Qaeda
Ad un anno dalla morte dello "sceicco del terrore" al-Qaeda ha evoluto la sua minaccia
La morte di Osama Bin Laden non ha ucciso al Qaeda. Anzi proprio in occasione del primo anniversario del blitz, scattato il due maggio scorso, ad Abbottabad in cui è stato ucciso, dopo una caccia durata 10 anni, la primula rossa del terrorismo internazionale, Washington teme possibili attacchi negli Stati Uniti.
Nei giorni scorsi è stato elevato il livello di allarme terroristico, anche se - come ha dichiarato nei giorni scorsi il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney - non si hanno "informazioni credibili del fatto che organizzazioni terroristiche, compresa Al Qaeda, stiano preparando attacchi negli Stati Uniti in coincidenza dell'anniversario della morte di Bin Laden". Preoccupano, hanno spiegato le agenzie di intelligence, una serie di messaggi che circolano sui "forum della rete più estremisti" in cui si esprime una generica volontà di attaccare gli Usa. Ma è interessante notare come, sempre nei giorni scorsi, gli Usa abbiano diffuso un allarme specifico riguardo alla possibilità di un attentato contro sedi governative o alberghi in Kenya. Cosa che conferma come nel dopo Bin Laden al Qaeda - che ricordiamo è un network - abbia evoluto la sua minaccia, creando nuove alleanze, in particolare con gruppi che operano in Africa. "L'organizzazione che ha scatenato l'11 settembre è praticamente sparita, ma il movimento, l'ideologia di una jihad globale, la filosofia di Bin Laden sopravvive in molti posti fuori dal Pakistan", sottolinea una fonte dell'intelligence Usa.
Insomma l'intelligence community americana vive questo primo anniversario dell'uccisione di Bin Laden con sentimenti contrastanti: da una parte prende atto con soddisfazione che il raid dei Navy Sails di un anno fa ha segnato la fine di quella struttura al Qaeda che aveva ferito il cuore dell'America l'11 settembre. Ma dall'altra parte si rende conto che il "franchising", il marchio del network del terrore sopravvive in forme diverse, ma non meno minacciose. Lo stesso Leon Panetta, che lo scorso anno da direttore della Cia è stato l'eroe indiscusso del blitz che - come si sta apprendendo ora - è riuscito a portare a termine nonostante i dubbi e le resistenze dell'allora ministro della Difesa Robert Gates e del vice presidente Joe Biden, ha affermato che "non esiste una formula magica per sconfiggere al Qaeda", pur sottolineando che "non c'è dubbio sul fatto che senza Bin Laden gli Stati Uniti siano più sicuri". Parole ben diverse da quelle pronunciate dal democratico italoamericano la scorsa estate, quando lasciò la Cia per guidare il Pentagono, dicendosi "convinto di avere la sconfitta strategica di al Qaeda a portata di mano". Convinzione rafforzata da un altro raid importantissimo compiuto dagli americani, quello con cui, lo scorso settembre, veniva ucciso nello Yemen Anwar al Awlaki, lo yemenita nato negli Usa, quindi cittadino americano, considerato il leader di al Qaeda nello Yemen. Da allora lo slancio dell'anti-terrorismo americano sembra aver diminuito il passo, e soprattuitto - sottolineano gli esperti - si sono rivelate non esatte le previsioni di chi ritenesse che Ayman al Zawahiri, il medico egiziano successore di Bin Laden, non potesse essere in grado di tenere unito la 'rete' cosi' variegata come aveva fatto il carisma di Bin Laden. "Non credo che sia stato il disastro che la gente si aspettava", afferma senza mezzi termini Bruce Hoffman, esperto di anti-terrorismo della Georgetown University. In questo anno, infatti, non solo al Zawahiri non ha visto contestata la sua leadership, ma anzi è riuscito a far entrare nel network altri gruppi, se si pensa che l'ingresso formale di al Shabab, gruppo islamista somalo, in al Qaeda risale ad appena due mesi fa. [Adnkronos/Ign]