La nostra vita
Daniele Luchetti torna a parlare di famiglia in un film pieno di energia che spinge a vivere la vita fino in fondo
Noi vi segnaliamo...
LA NOSTRA VITA
di Daniele Luchetti
Claudio è un operaio edile di trent’anni che lavora in uno dei tanti cantieri della periferia romana. E’ sposato, ha due figli, ed è in attesa del terzo. Il rapporto con sua moglie Elena è fatto di grande complicità, vitalità, sensualità. All’improvviso, però, questa esistenza felice viene sconvolta: Elena muore e Claudio non è preparato a vivere da solo. Rimuove il dolore e sposta il suo lutto nella direzione sbagliata: pensa solo a sfidare il destino, e a dare ai figli e a se stesso quello che non hanno avuto finora: il benessere, i soldi, i capricci, le vacanze, in una parola le "cose". Per risarcire la sua famiglia, si caccia in un affare più grosso di lui e quando capisce che da solo non può farcela, si vede costretto a rivolgersi agli unici di cui si fida: la sorella troppo materna, il fratello timido e imbranato, il pusher vicino di casa.
Anno 2010
Nazione Italia
Produzione Riccardo Tozzi, Giovanni Stabilini, Marco Chimez per Cattleya, Babe Films, in collaborazione con Rai Cinema
Distribuzione 01 Distribution
Durata 100'
Regia Daniele Luchetti
Soggetto e Sceneggiatura Sandro Petraglia, Stefano Rulli, Daniele Luchetti
Con Elio Germano, Raoul Bova, Isabella Ragonese, Luca Zingaretti, Stefania Montorsi
Genere Drammatico
In collaborazione con Filmtrailer.com
La critica
"Come due anni fa con 'Gomorra' e 'Il Divo', l'Italia a Cannes non è un Bel Paese: se 'Draquila' di Sabina Guzzanti ha messo la camera nella distruzione post terremoto, 'La nostra vita' di Daniele Luchetti certifica la transizione, anzi la transazione, dal vecchio ordine morale allo stivale piccino ma insaziabile. E lo fa con una macchina da presa periferica, piazzata tra i palazzoni in costruzione attorno a Roma. (...) Ma non aspettatevi di provare indignazione, disappunto, sorpresa, perché, sostiene Luchetti, 'le scorciatoie e le furbizie di Claudio sono quelle di un paese intero', che ha perso il modello matriarcale e insieme l'orizzonte etico. (...) E nemmeno ascoltarsi, perché la monetizzazione lo consegna alla bulimia del fare e all'anoressia della coscienza: nel nome del padrone che vuole essere, sacrifica vita privata, rapporti, tutto. Il grigiore è autentico, l'anello morale che non tiene una fede rimasta sull'anulare: non a ricordare quel che si era, ma a travisare quel che si è diventati, ovvero il mostro del cantiere accanto."
Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano'
"In concorso a Cannes, l'unico film italiano in campo per la Palma d'oro. E' 'La nostra vita' di Daniele Luchetti, titolo altamente simbolico, che spiega molto se non tutto. (...) Con questo bel viatico, 'La nostra vita' debutta sulla Croisette dopo l'applaudita anteprima stampa. E sarebbe bello che il pubblico italiano rispondesse all'appello di Luchetti: perché il film, prodotto da Cattleya insieme a Raicinema, è intenso, toccante, magari un po' urlato, ma di sicuro non convenzionale o prevedibile."
Michele Anselmi, 'Il Riformista'
"Parabola moralistica per un bel film caldo, affettuoso, di un realismo di grande naturalezza. La giovane famiglia di un operaio edile romano viene travolta dal dolore per la morte di parto della moglie ragazza; come per vendicarsi della sfortuna e della pena, lui si concentra sui soldi e sulle cose, si vuole piccolo imprenditore, non riesce; si indebita, fallisce, mentre le sue disavventure esemplificano rapporti e illegalità del settore; rinuncia e ritrova una serenità. Nulla di straordinario, ma tutto il film (l'unico a rappresentare l'Italia in concorso al Festival di Cannes) ha una vitalità e una schiettezza rare, commoventi. Vediamo il pusher, figura immancabile nella periferia quanto nel centro di Roma. È Luca Zingaretti, con i capelli lunghi sulle spalle: in lui nulla di torbido né di oscuro, è un buon uomo e un buon amico, sa badare a un neonato, cucinare, prestare soldi. La banalità è bandita dal personaggio, così come è bandita dalla giovane coppia coniugale protagonista amorosa, vivace, sensuale, complice, o dai rapporti sinceri del padre con i figli bambini. Non sono banali i parenti né gli amici: la sorella troppo materna, il fratello Raoul Bova vigile urbano cauto e solidale, la grande nigeriana convivente del pusher, la straniera che sbuffa "sempre soldi soldi soldi, voi italiani non pensate ad altro", le domeniche a tavola nella casetta al mare, l'interesse e l'aiuto reciproco. Anche se la sceneggiatura di Rulli e Petraglia è solida, ben costruita (appena moralistica, si è detto), i pregi del film appartengono soprattutto al regista, al suo amore comprensivo per i personaggi, alla sua ricerca di verità non stereotipate, alla sua attenzione per ambienti popolari niente affatto ovvii. Gli interpreti ben scelti e ben diretti, oltre al protagonista perfetto Elio Germano, sono bravi; bisogna ricordare la grazia energica di Isabella Ragonese, giovane moglie troppo poco presente."
Lietta Tornabuoni, 'L'espresso'
"E' un film notevole, vale i soldi del biglietto. (...) Luchetti, Rulli e Petraglia partono da dove Pasolini si era suo malgrado fermato: la trasformazione del proletariato in piccola borghesia. Si è felici solo se la domenica si hanno soldi a sufficienza per svaligiare centri commerciali. (...) La regia ricorda certi classici della New Hollywood (...) Film maturo, con cui Luchetti fa un grande salto di qualità."
Alberto Crespi, 'l'Unità'
"Interpretato da un attore straordinario (Elio Germano), è un film modesto ma sincero (...)"
Jean-Luc Douin, 'Le Monde'
Indubbiamente ha dei meriti: è grintoso, ed è un'attenta osservazione del proletariato romano. Da segnalare, l'interpretazione di Elio Germano (a volte però è sopra le righe) (...) Per tema e ambientazione sembra un Ken Loach italiano. Solo che Loach è bravo con le storie; mentre Luchetti e suoi co-sceneggiatori sono talmente innamorati dei loro personaggi da dimenticarsi di costruire intorno a loro una storia. (...) Sembra l'episodio di un'ottima fiction tv (...)"
Lee Marshall, 'Screen Daily'
Premio come miglior attore a Elio Germano (ex-aequo con Javier Bardem per 'Biutiful' di Alejandro Gonzàlez Iñárritu) al 63mo Festival di Cannes (2010)