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La parabola del burocrate d'oro

Dalle stelle alle stalle, economicamente parlando. Alla Regione succede anche questo

08 luglio 2014

A Crosta pensione da zero euro
LA PARABOLA DEL BUROCRATE D'ORO
di
Emanuele Lauria (Repubblica/Palermo, 5 Luglio 2014)

Succede che l'ex superpensionato d'oro si ritrovi con un assegno da zero euro. E che l'ex potente sovrintendente ai Beni culturali chieda la liquidazione da 350 mila euro ma gli venga risposto che no, toccherebbe a lui pagare la Regione.
Succede tutto questo, negli uffici dell'amministrazione, nelle stanze del Fondo pensioni investito da due incombenze non da poco: applicare il tetto dei 160 mila euro a una cinquantina di dirigenti a riposo e far valere le sempre più frequenti sentenze della Corte dei conti che condannano i burocrati al risarcimento del danno erariale.

Il primo caso, quello di Felice Crosta, è decisamente il più rumoroso. Perché si tratta della paradossale, conclusione della parabola dell’ex capo dell’agenzia per i rifiuti che, in virtù di una leggina compiacente varata dall’Ars ai tempi del governo Cuffaro, era arrivato a guadagnare quasi 500 mila euro l’anno, 41 mila euro al mese, più o meno 1.400 euro al giorno. Quella "conquista" che aveva riempito le pagine dei giornali, per Crosta è stato l’inizio di un inesorabile declino economico. La Corte dei conti, che in primo grado si era orientata in senso contrario, in appello gli ha dimezzato la somma. E a nulla poi è valso un ricorso in Cassazione. Crosta, nell’ottobre del 2012, ha stretto un accordo con la Regione che prevede la restituzione della somma indebitamente percepita per qualche anno (oltre un milione di euro) attraverso una maxitrattenuta da 17 mila euro al mese. La giunta Crocetta, e la stessa Ars che lo aveva favorito, hanno adesso dato l’ultimo netto colpo di forbice all’indennità del burocrate: con il tetto da 160 mila euro agli stipendi e alle pensioni dei regionali, introdotto da una legge entrata in vigore a giugno, Crosta finirà per guadagnare meno di quanto deve rimborsare alla Regione. Ovvero zero euro. E non basterà l’azzeramento dell’assegno di pensione ad estinguere il debito. L’amministrazione è pronta a chiedere un ulteriore contributo all’ex direttore. Almeno fino a quando Crosta non troverà un’altra modalità di restituzione della quota.

Un altro caso emblematico è quello di Gesualdo Campo, burocrate di punta dell’amministrazione Lombardo, già sovrintendente a Catania e dirigente generale dei beni culturali. In pensione dal maggio 2013, Campo ha chiesto la liquidazione, che ammonterebbe a circa 350 mila euro. La risposta dell’amministrazione è stata negativa: niente buonuscita, perché Campo - ha sentenziato la magistratura contabile - deve rimborsare oltre 700 mila euro per la condanna nell’ambito del processo sulla formazione professionale.
Ma i burocrati non ci stanno. E dirigenti che hanno fatto la storia della Regione, di un’altra Regione (da Crosta ad Aleo, da Busalacchi a Scaravilli), sono pronti a fare ricorso contro l’amministrazione. Le prime diffide sono già arrivate.

E negli stessi ambienti di governo, in effetti, non mancano i dubbi sulla legittimità costituzionale delle norme approvate dall’Ars: sia per una possibile violazione del criterio di proporzionalità (è stato imposto lo stesso sacrificio a tutti) sia anche per la mancata estensione delle penalizzazioni ad altri dirigenti del settore pubblico. A partire da quelli dell’Ars. Perché, se Crosta è diventato in questi anni un simbolo della casta, bisogna dire che il parlamento siciliano eroga pensioni ben più alte di quelle concesse dalla Regione. E a Palazzo dei Normanni siede oggi il colletto bianco più pagato di Sicilia: il segretario generale Sebastiano Di Bella, che non ha mai voluto dichiarare il proprio reddito. Ma nei giorni scorsi, il deputato questore Paolo Ruggirello ha svelato l’arcano: "Di Bella? Guadagna 530 mila euro l’anno". Che non sono i 600 mila euro di cui ha parlato Crocetta ma che rappresentano, nel panorama siciliano (e non solo) una cifra comunque astronomica.

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08 luglio 2014
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