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La paura di Sacconi

Il ministro del Lavoro teme "una stagione di violenza politica", ma difende il nodo dei "licenziamenti facili"

31 ottobre 2011

"Ho paura, ma non per me perché sono protetto. Ho paura per persone che potrebbero non essere protette e proprio per questo diventare bersaglio della violenza politica" una violenza "che nel nostro paese non si è del tutto estinta". A lanciare l'allarme terrorismo è il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, intervistato da Maria Latella su Sky Tg24.
"L'Italia - ha proseguito Sacconi - ha conosciuto l'anomalia di circa 40 anni di terrorismo. Oggi vedo una conseguenza, dalla violenza verbale a quella spontanea e organizzata che mi auguro non arrivi ancora anche all'omicidio come è già accaduto, l'ultima volta dieci anni fa con il povero Marco Biagi, nel contesto di una discussione simile a quella di oggi".
Una tensione che può acuirsi attorno al nodo dei licenziamenti. E proprio entrando nel merito della discussione sui licenziamenti facili, previsti dalle misure presentate dal Governo a Bruxelles, Sacconi ribadisce che "il termine 'licenziamenti facili è falso". Piuttosto il Governo "sta lavorando alle protezioni dei lavoratori", sperando che "anche le imprese facciano la loro parte. Anche collettivamente". "L'Europa ha fiducia" nell'Italia e negli impegni anticrisi promessi nella lettera di intenti recapitata al Consiglio Europeo, ha sottolineato il titolare del dicastero del Lavoro.

Il ministro ha poi fatto una riflessione sulla proposta del senatore del Pd e giuslavorista Pietro Ichino, di rivedere insieme l'articolo 18 in modo da stabilire regole di flessibilità in uscita dal posto di lavoro e tutele che viene licenziato. "La proposta è interessante", ha detto il ministro. Il giuslavorista in una lettera pubblicata su Libero ha parlato di una "grande riforma bipartisan, di quelle di cui il nostro Paese ha enorme bisogno". Ma per Ichino serve un provvedimento che coniughi "la massima possibile flessibilità delle strutture produttive con la massima possibile sicurezza per i lavoratori nel mercato del lavoro". In pratica, sintetizza, devono esistere per tutti i lavoratori le garanzie essenziali ma "nessuno è inamovibile".
Una proposta che, secondo Sacconi, racchiude "idee molto simili alle nostre". "La proposta di Ichino è molto interessante - ha detto il ministro -. Noi abbiamo le stesse idee". "Proseguiamo su questa strada e non su quella dello scontro imboccata dai sindacati" ha aggiunto.

Sulle parole di Sacconi puntuale la replica di Susanna Camusso, leader della Cgil: "Spero che Sacconi parli perché ha elementi per parlare e non per inquinare un clima che è già difficile". "Credo che il Paese debba difendere tutte le opinioni e tutte le persone - ha proseguito la Camusso, intervistata da Lucia Annunziata a 'In mezz'ora', su Raitre -. E se ci sono elementi è utile che si dotino le forze dell'ordine delle risorse per proteggere le persone. Pensiamo che questi argomenti vadano sempre trattati con grande cautela, altrimenti si rischia di invocare certe cose. Se ci sono elementi concreti si proceda, altrimenti si fa un uso politico di questi temi". La Camusso ha assicurato che "la temperatura nelle fabbriche non sta salendo". Poi nel merito del tema dei licenziamenti avverte che il sindacato non intende trattare: "Sul licenziamento non ci sediamo a nessun tavolo con il Governo". "Con questo Governo - ha spiegato - non ci sono le condizioni per discutere nemmeno della modifica del contratto di lavoro, ma dobbiamo parlare con Cisl e Uil". "Le forme di contratto sono 46 ed il Governo le ha tutte rafforzate. Se si azzerassero queste forme sarei disposta a discutere" ha detto ancora Camusso sottolineando che "solo se si partisse dal lavoro precario potremmo aprire la discussione".

Dal canto suo il leader del Pd Pier Luigi Bersani invita il governo a "spegnere la miccia che ha acceso e mettersi a ragionare seriamente". Il segretario dei democratici ribadisce anche il suo "no" a "diversivi e alzate di ingegno che aggravano la situazione invece di risolverla".
"Purtroppo il rischio c'è ma Sacconi farebbe bene a non evocare il terrorismo e a non creare spaccature che ha già creato nel mondo del lavoro con questa sua fissazione sui licenziamenti" è opinione del deputato Pd Olga D'Antona, mentre l'Idv con Maurizio Zipponi accusa Sacconi di aver "innescato la bomba" e di "gridare ora aiuto aiuto". [Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Corriere.it]

"NESSUNA RIPRESA DELLA PROPAGANDA ARMATA"
di Carlo Bonini (Repubblica.it, 31 ottobre 2011)

Davvero il Paese è alla vigilia di una nuova stagione della lotta armata? Girate agli apparati della nostra sicurezza nazionale, le parole del ministro del Welfare raccolgono imbarazzati distinguo e qualche significativa informazione che aiuta, forse, a valutarne la sostanza. A cominciare dall'Aisi, la nostra intelligence domestica, dove una fonte di primo livello non usa perifrasi. "Se la domanda è: esistono informazioni specifiche su singoli o sigle che segnalano la ripresa della propaganda armata, allora, la risposta è un rotondo "no". Queste informazioni non esistono. O, quantomeno, l'Aisi non ne ha trasmesse all'autorità politica. Se invece la domanda è se esistono, in questo momento, condizioni sociali e di piazza capaci di creare un terreno fertile alla propaganda armata, allora la risposta è "sì". Ma in questo caso siamo non solo nel campo del buon senso, ma direi pure dell'ovvio. E' la differenza che passa tra una notizia di intelligence, che al momento non c'è, e un'analisi della fase politica del Paese, che come tale ognuno è libero di valutare".

La musica non cambia se si bussa a porte diverse. Il lavoro più recente del Ros dei Carabinieri, come quello dell'Ucigos (la Polizia di prevenzione), documentano certamente "un incremento significativo" dell'aggressività dell'area cosiddetta anarco-insurrezionalista, ma nulla che accrediti la possibilità, in tempi brevi, che questa possa diventare bacino di facile reclutamento di organizzazioni clandestine armate. "Quando si parla di precursori della lotta armata - ragiona un alto ufficiale dell'Arma - si fa indubbiamente riferimento a condizioni che oggi possono anche essere rintracciate nel quadro difficilissimo che sta attraversando il Paese. Ma quando dall'analisi si scende nella concretezza di ció che puó accadere di qui ai prossimi mesi, gli indicatori, sotto il profilo della prevenzione e dell'indagine sono altri. Faccio qualche esempio: la produzione ideologica, la scoperta di rapine di autofinanziamento, la rivendicazione di atti di violenza politica non di piazza, ma che alla piazza devono parlare. Ecco, questo quadro oggi è assente. E questo fa prevedere con ragionevole certezza che non siamo in una situazione in cui un'area di disagio sociale è pronta a passare armi e bagagli alla clandestinità armata. Quantomeno in tempi brevi".

La cronaca giudiziaria testimonia che l'ultimo capitolo della lotta armata data il 2009. Quando le indagini della Digos e della Procura di Roma smantellarono "Per il Comunismo - Brigate Rosse", struttura numericamente modesta e anagraficamente avanti con gli anni (gli arrestati furono Luigi Fallico, Bruno Bellomonte, Gianfranco Zoja, Riccardo Porcile, Bernardino Vincenzi, Manolo Morlacchi, Costantino Virgilio), che aveva deciso di rivendicare a sé l'eredità brigatista, firmando, il 20 settembre 2006, un attentato a colpi di mortaio artigianale alla caserma "Vannucchi" di Livorno, la casa dei paracadutisti della Folgore. A quella sigla e ai suoi militanti (Zoja e Porcile sono accusati di essere gli autori materiali dell'attentato di Livorno) si sta celebrando a Roma il processo di primo grado. Ma già in quell'esperienza "terminale" della follia armata - come le indagini prima e il dibattimento poi hanno documentato - era scritto l'isolamento politico degli epigoni brigatisti. Nelle risoluzioni strategiche di "Per il Comunismo - Brigate Rosse" si vagheggiava di una "avanguardia armata" di soli "generali", che prescinde "dall'organizzazione delle masse sul terreno". "Una condizione - chiosa una fonte qualificata della Polizia di prevenzione (che per altro continua a condurre indagini su ció che potrebbe ancora essere rimasto in piedi di "Per il comunismo - Brigate Rosse" - che in qualche modo non ci risulta si sia modificata". E che dunque vedrebbe ancora oggi gli ultimi teorici della lotta armata sostanzialmente privi di esercito.

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31 ottobre 2011
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