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La pensione di Pier Luigi Vigna e la riforma anti-Caselli. Gli effetti della riforma della Giustizia

Una pensione... forzata

24 agosto 2005

Dall'inizio di agosto, lo aveva già detto ieri, Pier Luigi Vigna non è più il Procuratore nazionale antimafia. Anzi, non è neppure più magistrato.

Compiuti 72 anni, dopo otto passati alla guida della superprocura, compresa la proroga di qualche mese oltre la scadenza naturale concessagli dal Governo per impedire che al suo posto andasse Gian Carlo Caselli, Vigna ha deciso di andare in pensione perché, come spiega lo stesso magistrato in un'intervista al Corriere della Sera, la cosiddetta norma anti-Caselli gli impedisce di assumere nuovi incarichi direttivi e dovrebbe tornare a fare il sostituto procuratore.

L'ormai ex Pna avrebbe potuto continuare a indossare la toga per altri tre anni, fino a compierne 75, ma con la riforma voluta dal guardasigilli Roberto Castelli, che il presidente della Repubblica aveva rinviato alle Camere perché la riteneva incostituzionale, si impedisce ai magistrati con più di 66 anni di assumere nuovi incarichi direttivi.
Pier Luigi Vigna stesso ha detto: ''Dopo questa esperienza sinceramente non me la sento'' ha spiegato ai sostituti dell'Antimafia che l'hanno festeggiato prima delle ferie. E in un'intervista Vigna ha precisato ulteriormente le ragioni dell'addio alla toga: ''la voglia di continuare a fare il magistrato che mi trascino da quasi cinquant'anni mi aveva spinto a presentare domanda per il posto di procuratore a Pistoia, un modo per stare vicino a Firenze. Ma ora che non possono nominarmi altre possibilità non mi interessano. Meglio la pensione e la libertà di dedicarmi ad altro''.

La norma è stata soprannominata anti-Caselli perché chiaramente diretta ad Giancarlo Caselliimpedire che l'attuale procuratore della Repubblica di Torino - distintosi nella lotta antimafia quando era a capo della procura di Palermo - potesse sostituire proprio Vigna alla procura nazionale.
''Che la norma sia contro di me è ufficiale. Il senatore Bobbio l'ha detto più volte. E altri hanno poi aggiunto che si tratta di una specie di punizione per il mio lavoro antimafia'' ha detto Giancarlo Caselli alla stampa. ''Il fatto è che per colpire uno se ne colpiscono dai 600 ai 1500 secondo alcuni calcoli. Dunque si tratta di una norma nefasta in sé e per le conseguenze che produce'', ha  aggiunto il magistrato.

''Siamo di fronte ai primi effetti di norme che rischiano di avere un impatto devastante e ben più grave sull'organizzazione giudiziaria'' ha sottolineato il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Ciro Riviezzo.
L'Anm aveva denunciato da subito, e all'unanimità di tutte le sue componenti, i guasti che sarebbero stati provocati da questa controriforma. Tanto che aveva organizzato ben quattro scioperi dei magistrati italiani, senza riuscire a cambiare la legge.
Sono cose che ''succedono - ha commentato Nello Rossi, vicesegretario dell'Associazione magistrati - quando sulla razionalità legislativa prevalgono livore e intenti particolaristici e punitivi. Dopo le leggi ad personam sperimentiamo, nel campo della giustizia, le leggi contra personam, non meno dannose delle prime''.

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24 agosto 2005
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