La politica nell'era del gossip
Rosario Crocetta e l'intercettazione fantasma: indagati due cronisti de L'Espresso
"Adesso che la verità è venuta fuori, basta con i gossip - i siciliani non ne possono più - parliamo delle cose concrete da fare, partendo dalle cose fatte, dalle difficoltà che abbiamo e dalle cose necessarie per dare slancio all'economia siciliana e aiutare i poveri. Continuare a discutere di nulla, sarebbe il peggiore delitto nei confronti del popolo siciliano. Nei prossimi giorni, dopo averne parlato con le forze di coalizione, illustrerò i punti in una sorta di manifesto democratico e riformista, un piano di azioni concrete basate sostanzialmente su tre elementi: Le riforme da fare in Sicilia, inclusa la programmazione europea; il rapporto con lo Stato e l'Europa; la necessità di quel riconoscimento degli articoli 36 e 37 dello Statuto, in materia di entrate fiscali, che dal 1946 in poi lo Stato non ha mai riconosciuto e che potrebbe far divenire l'Isola una delle regioni più ricche d'Europa.
Chi vuole deviare il dibattito su pettegolezzi inesistenti, non mi avrà sodale compagno. Voglio parlare solo della Sicilia e dei problemi del popolo siciliano, perché è venuto il momento di agire e non delle inutili chiacchiere".
Queste le parole del presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta in una nota di sabato scorso.
Parole che rappresentano un governatore deciso a tranciare di netto con tutte le vicende piombategli addosso solo qualche giorno prima che, però, continuano ad avere una loro evoluzione parallela. Infatti, a meno di due settimane dal presunto giallo dell'intercettazione tra Crocetta e il chirurgo plastico Matteo Tutino, sembra che una svolta sia arrivata dalle indagini. La Procura di Palermo, che dopo la pubblicazione su L'Espresso della notizia della conversazione shock tra il politico e il suo medico di fiducia, ha più volte smentito l'esistenza della telefonata in cui Tutino avrebbe augurato all'ex assessore alla Salute Lucia Borsellino di essere fatta fuori come il padre, ha iscritto nel registro degli indagati gli autori del pezzo: i giornalisti palermitani Piero Messina e Maurizio Zoppi.
Entrambi hanno ricevuto un avviso di garanzia in cui si ipotizza il reato di diffusione di notizia falsa. Per Messina c'è anche la contestazione più grave di calunnia. Avrebbe indicato la fonte della rivelazione in un investigatore che, però, avrebbe smentito tutto.
I due cronisti, al cui fianco si è schierato il settimanale che, nonostante le dichiarazioni del capo dei pm Francesco Lo Voi, ha ribadito l'esistenza dell'intercettazione, sono stati interrogati in Procura. Nel pomeriggio di ieri si sono presentati, insieme all'avvocato Fabio Bognanni, al palazzo di giustizia. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, davanti al procuratore e all'aggiunto Leonardo Agueci.
Dall’isola di Vulcano, intanto, dove sta trascorrendo le vacanze, Crocetta ha ribadito l'inesistenza della telefonata: "Non hanno nessuna registrazione. - ha detto - Quello che hanno fatto a me è terribile". Dichiarazioni più sobrie di quelle rilasciate a caldo, dopo la pubblicazione della notizia: allora il governatore aveva confessato di avere pensato al suicidio e di avere desistito solo dopo avere saputo della smentita della Procura.
Dopo giorni di esternazioni accorate e di accuse di tentativo di golpe a mezzo stampa, Crocetta ha anche pensato a un'azione legale contro L'Espresso. In una conferenza stampa, il suo avvocato, Vincenzo Lo re, ha annunciato una richiesta di risarcimento danno di 10 milioni di euro contro il settimanale.
Per giorni la notizia dell'intercettazione ha scatenato roventi reazioni politiche e gli echi della presunta telefonata sono risuonati anche alla cerimonia di commemorazione della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino. Dal palco, il figlio del magistrato ucciso, Manfredi, che si è lanciato in una accorata difesa della sorella "lasciata sola" dalle istituzioni regionali, ha fatto cenno alla telefonata chiedendo che sul caso i magistrati andassero a fondo. Una sollecitazione venuta anche dai fratelli del giudice assassinato.
A smentire l'esistenza della conversazione non è stata solo la Procura di Palermo dopo avere rivisto tutto il materiale di indagine a sua disposizione, ma anche, a ruota, i magistrati di Caltanissetta e Messina che, indirettamente tirati in ballo dal ministro dell'Interno Alfano, il quale aveva ipotizzato che altri uffici inquirenti potessero esserne in possesso, hanno seccamente negato.
I due giornalisti indagati dovranno rispondere ora anche all'Ordine siciliano che, in una nota, ha annunciato di averli convocati per avere chiarimenti.
[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it]
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