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La prova del cuoco

Lo chef Natale Giunta, minacciato dal racket, fa arrestare i suoi estorsori

27 febbraio 2013

I carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Palermo hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere per estorsione, emesse dal Gip su richiesta della Dda, nei confronti di presunti esponenti di Cosa Nostra.
Le indagini sono state avviate dopo la denuncia del ristoratore Natale Giunta, diventato noto per la partecipazione al programma di Rai Uno "La prova del cuoco", titolare a Palermo di una società di ristorazione e catering. La vittima ha raccontato di essere stato contattato nel marzo scorso dagli esattori del racket i quali gli avrebbero contestato di aver intrapreso l'attività commerciale senza aver chiesto l'autorizzazione a cosa nostra, ovvero di non essersi "messo a posto".

I quattro, ai quali viene contestato il reato di tentata estorsione aggravata dalle finalità mafiose, avrebbero preteso il versamento di 2 mila euro, da pagare sia a Pasqua che a Natale, per il sostentamento delle famiglie dei detenuti.
I quattro presunti estorsori sono del quartiere di Borgo Vecchio e che sono stati arrestati dai carabinieri. Si tratta di Antonino Ciresi, 70 anni, di Monreale; dei palermitani Maurizio Lucchese, 50; Alfredo Calogero Attilio Perricone, 42; Giuseppe Battaglia, 41.
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci, assieme ai sostituti della Dda di Palermo, Francesco Mazzocco e Caterina Malagoli, sono scattate dopo la denuncia di Giunta. Quest'ultimo, nel marzo 2012, è stato avvicinato dagli arrestati che gli hanno intimato di "mettersi a posto": sarebbe bastato pagare 2 mila euro, a Pasqua e a Natale, la somma che serviva per 'sostenere' le famiglie dei detenuti. I quattro con il ristoratore avevano usato il classico linguaggio degli estorsori. "A posto", infatti, significa che, fin quando non avrebbe pagato, nel suo locale non si sarebbe più recato nessun cliente, "perché praticamente siamo d'accordo tutti. Due a Pasqua, più due a Natale. Ma significa la pace però… la pace significa la pace assoluta … e ti levi questo pensiero …"

Che non fosse uno scherzo, i quattro lo hanno fatto capire in tutti i modi al ristoratore impegnato anche nel settore del catering. Infatti, dopo le parole sono passati ai fatti, utilizzando anche i ben noti messaggi per convincere i commercianti: colla nei lucchetti o danneggiamento dei locali. Per prendere tempo, più volte lo chef ha ribadito che non era in grado di pagare, perché in difficoltà economiche. Dopo qualche settimana dalla richiesta, a Giunta è arrivato un biglietto anonimo con delle minacce ("mettiti a puostu, un fare ù sbirru, picchì ti finisci mali"). Poi, tre intimidazioni: due danneggiamenti all'interno del locale, infine il ritrovamento di una tanica di benzina all'esterno del ristorante.
Accanto a Giunta si sono schierate Confindustria Palermo e l'associazione antiracket Libero Futuro. Lo hanno spinto e accompagnato nell'unica e vera scelta di libertà: la denuncia. All'alba sono scattate le manette.

[Informazioni tratte da ANSA, Adnkronos/Ign, GdS.it, LiveSicilia.it]

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27 febbraio 2013
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