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La rivoluzione di Ingroia...

Dopo la bruciante sconfitta alle elezioni, per Antonio Ingroia si aprono tutta una serie di problematiche non indifferenti

28 febbraio 2013

Mentre ancora la sconfitta elettorale brucia, ha garantito che sia lui che Rivoluzione civile restano in campo per i prossimi appuntamenti elettorali, a cominciare dalle comunali a Roma. Ma se Antonio Ingroia, candidato premier del movimento in cui sono confluiti Idv, Verdi, Comunisti italiani e Rifondazione comunista, vorrà continuare il suo impegno politico, dovrà necessariamente lasciare la magistratura, altrimenti per lui scatteranno sanzioni disciplinari.

Non sembrano facili perciò le scelte che aspettano l'ex pm di Palermo, che ha imbastito l'inchiesta sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia. Con la proclamazione degli eletti al Parlamento, finirà l'aspettativa che gli ha concesso il Csm per ragioni elettorali. E alla scadenza, salvo sue decisioni diverse, dovrà tornare in Guatemala, dove è approdato solo qualche mese fa con un incarico dell'Onu; o in alternativa rimettere indosso la toga, non da pm perché la legge glielo impedisce ma da giudice e in luoghi diversi da quelli in cui si è candidato. Ma in entrambi i casi non potrà contemporaneamente fare politica.
Dal 2006 la riforma dell'ordinamento giudiziario ha reso un illecito disciplinare per i magistrati l'iscrizione o la partecipazione a partiti, come pure il "coinvolgimento nelle attività di centri politici" che possono "condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato". A sanzionare questi comportamenti è l'articolo 3 del decreto legislativo 109 del 2006, che, a chiusura di una serie di divieti, punisce pure "ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la terzietà e l'imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza".

Una strettoia da cui Ingroia non potrà liberarsi nemmeno se alla fine decidesse di tornarsene in Guatemala, rimanendo in aspettativa. Due anni fa la Consulta ha affrontato la questione e, confermando la costituzionalità del divieto, ha stabilito che riguarda anche le toghe fuori ruolo perchè il dovere di imparzialità "coinvolge il magistrato anche nel suo operare da semplice cittadino". Il caso che aveva dato origine alla pronuncia riguardava l'ex senatore di An Luigi Bobbio, che dal Csm venne sanzionato per aver assunto, alla scadenza del mandato parlamentare, mentre era ancora fuori ruolo dalla magistratura, l'incarico di presidente della federazione di Napoli di An.

Intanto, la procura generale della Corte di Cassazione ha aperto nei confronti di Ingroia, un provvedimento per illecito disciplinare, per "aver vilipeso la Corte costituzionale e leso il prestigio e la reputazione dei suoi componenti". Nell'atto di incolpazione, firmato dal pg Gianfranco Ciani, giunto l’altro ieri al Consiglio superiore della magistratura, si leggono i motivi del procedimento: "L'aver gravemente mancato ai propri doveri di correttezza, riserbo ed equilibrio ponendo in essere comportamenti idonei a integrare violazione di specifici precetti penali, tali da ledere l'immagine del magistrato".
Quali? Le interviste. Proprio così. Ad Ingroia, protagonista di un duro scontro giuridico con il Quirinale finito di fronte alla Corte costituzionale, sulla richiesta di distruggere le telefonate del presidente Giorgio Napolitano con l'ex ministro dell'Interno, Nicola Mancino (allora indagato e poi rinviato a giudizio), il pg della Cassazione rimprovera i commenti sulla decisione della Consulta: l'aver ritenuto le intercettazioni illegittime e averne disposto la distruzione, accogliendo il ricorso del Presidente per il conflitto di attribuzioni. Commenti fatti il 5 dicembre 2012, quando non era più procuratore aggiunto di Palermo, ma ricopriva un incarico in Guatemala per conto dell'Onu, ed era in attesa di aspettativa dal Csm per motivi elettorali (LEGGI).

Il diretto interessato, in merito al provvedimento disciplinare del Pg della Cassazione nei suoi confronti ha dichiarato all'Ansa: "Ho appreso solo dai giornali di questa presunta iniziativa. Sono sereno e tranquillo perché so di non aver commesso alcun illecito, ma di avere espresso solo un'opinione. Mi auguro che il diritto di critica in Italia sia ancora consentito, anche ai magistrati".

[Informazioni tratte da ANSA, GdS.it, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno]

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28 febbraio 2013
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