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La ''sbirritudine'' di Binnu Provenzano

Antonino ''Manuzza'' Giuffrè ha raccontato ai giudici di Palermo più di 20 anni di storia di Cosa nostra

08 ottobre 2009

E' ripreso ieri nell’aula bunker di Rebibbia, a Roma, il processo a carico del generale Mario Mori (ex comandante del Ros ed ex direttore del Sisde) e del colonnello Mauro Obinu (ex comandante di Reparto del Ros) per la mancata cattura, nel 1995 a Mezzojuso (PA), del boss Bernardo Provenzano.
La trasferta romana dei giudici palermitani, Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, si è resa necessaria per assistere all’audizione del collaboratore di giustizia Antonino Giuffré, l’ultimo dei pentiti più importanti ad aver avuto accesso a Provenzano dopo la cattura di Riina. Sentito dai pubblici ministeri, Giuffré ha ripercorso gli esordi della sua carriera fino al cambio di strategia di Cosa Nostra, dall'"attacco frontale" allo Stato fino alla "sommersione". Vale a dire dal cambio di direzione dell’organizzazione da Riina a Provenzano.
Ed è una storia veramente articolata quella raccontata da "Nino manuzza" nella quale si dipanano strategie da attuare e nuovi rapporti da costruire con la politica, all'indomani della "liquefazione" post tangentopoli, della Dc, e del Psi. Ma anche le presunte "sbirritudini", ovvero i sospetti di doppio gioco con le forze dell'ordine, che avrebbero caratterizzato l'ex primula rossa di Cosa Nostra Bernardo Provenzano.

"Sospettavamo della sbirritudine di Bernardo Provenzano". Questo uno dei passaggi dell'audizione di Giuffrè che ha ricostruito più di 20 anni di Cosa nostra. Rispondendo alle domande dei giudici, ha focalizzato l'attenzione sulla sua frequentazione con Provenzano ("Era il mio punto di riferimento principale, anche se a capo di Cosa nostra c'era Totò Riina", ha detto), finendo per parlare anche degli opposti schieramenti all'interno dell'organizzazione nonché delle strategie. Punto nodale è stato quando Giuffrè ha detto di aver sentito "discorsi relativi a rapporti tra Provenzano e i carabinieri. Era una voce insistente. Il discorso della 'sbirritudine' di Provenzano nel tempo diventava sempre più attuale, prendeva sempre più piede. Certo, quando poi ci fu il periodo dei grandi arresti e solo Provenzano rimase fuori, ho sospettato anche io di lui".
Giuffrè ha comunque detto di non avere mai sentito fare "discorsi di 'sbirritudine' su Bagarella. "Che Riina fosse confidente no, anzi ho sentito parlare che lui aveva persone nelle forze dell'ordine che gli passavano notizie". Dopo l'arresto di Riina "la diversità di vedute all'interno di Cosa nostra - ha detto Giuffrè - si manifestava in una diversa strategia: da una mafia molto appariscente così come aveva voluto Riina, a una mafia silenziosa sommersa che era la politica principale di Provenzano, quella senza rumore".

Grande interesse i pm Di Matteo e Ingroia hanno manifestato anche per le vicende "politiche" raccontate dall'ex boss di Caccamo (PA). Dopo l'arresto di Vito Ciancimino "la Dc e il Psi - ha detto Giuffré - si avviarono al tramonto e in Cosa Nostra si decise che un nuovo soggetto politico andava appoggiato: era Forza Italia. Sui politici di riferimento, per come ho appreso da Provenzano, Greco e Aglieri, si parlava di Marcello Dell'Utri". Lo scopo dell'interessamento politico della mafia, a detta di Giuffrè, era "la continuazione di una trattativa con lo Stato, oggetto di una missione che era stata data tempo prima a Vito Ciancimino. Lui era nelle mani di Provenzano; lo possiamo includere tra coloro che hanno consigliato Provenzano per quanto riguarda la politica, ma anche coautore della metamorfosi di Cosa nostra con l'abbandono della strategia stragista".
Quale la 'missione' di Ciancimino?: "Trattare con le istituzioni per risolvere i nostri problemi, che erano, tra l'altro, i sequestri dei beni, i collaboratori di giustizia, il carcere duro, gli ergastoli. Provenzano disse che in 10 anni i problemi di Cosa nostra si sarebbero appianati".

A conclusione della giornata, i pm hanno chiesto ai giudici di citare come testimoni per la prossima udienza Luciano Violante e Giovanni Ciancimino, l’altro figlio di Vito Ciancimino che ha iniziato a rilasciare dichiarazioni solo di recente. Il primo per riferire, tra l'altro, sui rapporti Mori-Vito Ciancimino; il secondo, tra l'altro, per riferire quanto a sua conoscenza sui rapporti tra il padre ed esponenti delle istituzioni dopo la strage di Capaci. Il tribunale si è riservato di decidere sulle richieste dei Pm.
Nino Giuffré è tornato anche oggi in aula per il controesame dei difensori di Mori e Obinu, gli avvocati Piero Milio ed Enzo Musco.

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Ansa.it, AntimafiaDuemila.com]

- Il pentito Giuffrè: "Provenzano sbirro, fece arrestare Riina" di G. Bianconi (Corriere.it)

 

 

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08 ottobre 2009
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