La scure di Moody's sulla Sicilia
Il rating passa da Baa2 a Baa3. Il ragioniere generale Bossone: "Effetto della campagna mediatica"
Moody's, insieme a Standard & Poor's l'agenzia di rating più influente al mondo, ha tagliato il rating della Regione Sicilia da Baa2 a Baa3. Lo ha comunicato la stessa agenzia in una nota, spiegando che la decisione riflette le difficoltà di bilancio della Regione, il cui rating inoltre è stato posto sotto osservazione per un possibile ulteriore downgrade.
"Il giudizio di Moody's di rivedere il rating appare essere stato formulato a seguito della campagna mediatica che nei giorni scorsi ha preso a oggetto il merito di credito della Sicilia - sostiene il ragioniere generale della Regione siciliana, Biagio Bossone -. Ciò è sorprendente, tenuto conto che l'attribuzione del giudizio di rating normalmente scaturisce da un'approfondita analisi della situazione economico-finanziaria dell'ente valutato e non da considerazioni basate su notizie mediatiche".
Bossone aggiunge che "al riguardo la decisione di declassamento è stata assunta da Moody's in assenza di contraddittorio con gli uffici tecnici della Regione, senza attendere l'incontro con il management dell'agenzia - inizialmente concordato per il mese di settembre e anticipato al 2 agosto espressamente su richiesta della stessa Moody's - nel corso del quale e successivamente al quale sarebbe stata fornita tutta la documentazione e l'informazione necessaria per formulare un giudizio di rating compiuto".
Intanto, l'impatto finanziario dell'emendamento sulla spending review, presentato dal governo di Raffaele Lombardo e fermo in commissione Bilancio dell'Assemblea regionale siciliana, peserà subito 150 milioni di tagli alla spesa, mentre a partire dal 2013 la forbiciata sarà di circa 300 milioni all'anno. E tra le misure previste c'é la riduzione dei dirigenti (400 su 1.600) e del personale (1.600 su 16mila) della Regione.
L'Ars da parte sua, taglia la pianta organica riducendola di 35 posti (da 293 a 258). L'intervento maggiore riguarda la qualifica di assistente parlamentare, quella più bassa che passa da 126 a 106 posti. Seguono i tecnici amministrativi con la riduzione di sei posti (da 17 a 11), la figura dello stenografo (da 15 a 11), del consigliere parlamentare (da 50 a 47) e del coadiutore (da 58 a 56). Non vengono toccate invece le figure apicali, quelle che costano di più, come quello del segretario parlamentare (sono 27 e tali rimarranno).
Allo stesso tempo, però, si prepara ad assumere 15 persone, 12 coadiutori e 3 consiglieri informatici, con concorsi pubblici banditi nel 2008 e nel 2010 e in fase di chiusura. A conti fatti, la spesa del personale aumenterà di circa 1,5 milioni.
La delibera, definita dal Consiglio di presidenza, è stata approvata dall'Ars sebbene alcuni deputati, in maniera trasversale, abbiano sollevato dubbi sulla manovra. "Di fatto - ha detto il capogruppo di Fli, Livio Marrocco - non vi è alcuna riduzione della spesa".
Prima di mettere ai voti la delibera, il presidente dell'Ars, Francesco Cascio, ha ricordato che almeno per i prossimi quattro anni non ci potranno essere nuove assunzioni "per il blocco del turnover". Eventuali carenze, dunque, secondo alcuni sindacati contrari al provvedimento appena approvato potrebbero essere coperte con concorsi interni.
E i comuni siciliani si avvicinano al crac - Il Consiglio regionale dell'Anci Sicilia, riunitosi ieri mattina a Palermo, a Villa Niscemi, si è occupato della grave situazione finanziaria dei Comuni e dell'attuazione del federalismo fiscale in Sicilia. Durante i lavori - ha informato l'Anci Sicilia - sono emersi i dati più allarmanti che riguardano i Comuni e che delineano, secondo l'Anci, un reale pericolo di crac finanziario per molte amministrazioni. Per questo motivo l'assemblea ha approvato un ordine del giorno in cui si chiede un incontro al presidente dell'Ars e ai capigruppo per rappresentare le difficoltà finanziarie in cui versano gli enti locali.
Durante la seduta del consiglio è emerso che negli ultimi 2 anni i tagli del governo nazionale hanno ridotto le entrate per gli enti locali del 40%. A questi vanno sommate le consistenti decurtazioni avviate dal governo regionale. Il decreto sulla spending review avrà non pochi effetti sull'economia dei Comuni che saranno costretti a dire addio a 500 milioni di euro per l'anno in corso e a 2 miliardi di euro per il 2013.
Le restrizioni del patto di stabilità e le difficoltà legate all'applicazione dell'Imu, una tassa varata dal governo nazionale che richiede un considerevole sforzo economico ai cittadini senza che le casse dei comuni possano beneficiare di tali risorse. Infine, la mancata applicazione del federalismo fiscale: l'attuazione in Sicilia della Legge n. 42 del 2009 ha trovato notevoli difficoltà e, ancora oggi, non ha prodotto alcun effetto concreto per i comuni siciliani i quali, invece, appaiono come quelli maggiormente penalizzati dal processo di devoluzione.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, GdS.it]